Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

La verità sui Borgia, al di là della leggenda nera

Posted by on Ago 10, 2019

La verità sui Borgia, al di là della leggenda nera

Tornano i Borgia in televisione, ma è soltanto la riproposizione della leggenda nera, priva di ogni evidenza storica e degli aspetti decisamente positivi del pontificato di Alessandro VI. In onda su La7 la serie è quella creata da Neil Jordan e si concentra su quel che vuole la vulgata: corruzione, minacce, omicidi e veleni. Lo stesso Jordan tuttavia ha riconosciuto che «i Borgia furono vittime di cattiva pubblicità, storia raccontata a posteriori proprio dai seguaci del cardinale della Rovere. Li dipinsero peggiori di quel che furono. Certo non erano santi. Ma uomini e donne della loro epoca». Dunque le falsità trasmesse non sono per ignoranza storica, ma per semplice ideologia anticattolica. Un duro articolo è arrivato da Franco Cardini, ordinario di storia presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (Sum), il quale ha spiegato che fu Elisabetta I, figlia di Enrico VIII (fondatore dell’anglicanesimo) ad «inventare in un sol colpo due ”Leggende nere” destinate a durare nel tempo: quella contro la Spagna cattolica rea di ogni infamia e quella contro il papato eterno nemico di qualunque verità e libertà. I protestanti hanno bruciato molte più streghe dei cattolici ma ancora oggi nelle nostre scuole si continua a insegnare che uniche e responsabili di quei massacri furono la Chiesa e l’Inquisizione». Il prof. Cardini parla di “polpettone televisivo”: «sangue e sesso nel XV-XVI secolo: che volete di più? Con i soliti luoghi comuni, in parte puramente calunniosi, in parte spezzoni di verità cronistica montati alla rinfusa e cuciti insieme per squadernarci davanti una storia vista dal buco della serratura, tutta vizio prepotenza e intrighi, in cui non ci si cura affatto di situare quel che si narra nel contesto degli eventi e nel quadro socio culturale del tempo». Le vicende del papato di Alessandro (Rodrigo Borgia) e della morte di Lucrezia sono state criticate a lungo (giustamente o meno), i protestanti vollero usarli come e­sempio della corruzione di Roma, aggiungendo le fantasie più perverse contro Alessandro VI: incontinenza sessuale, simonia, ince­sto con la figlia Lucrezia, omicidi politici e tor­ture inflitte. Papa Borgia non fu certo un modello di virtù e non fe­ce onore all’altissima di­gnità cui fu chiamato, ma nemmeno fu quello che viene detto di lui. Era incline alla lussuria, ma anche molto devoto alla Madonna, alla preghiera, quando i reali spagnoli decisero il primo pogrom della storia, lui non fece mancare agli esuli ebrei ospitalità. La sua elezione urtò le a­spettative della potente Francia e da subito vennero fatte circolare maldicenze (simonia ecc.), comin­ciando da Francesco Guicciardini, politicamente av­verso al partito catalano del Borgia. Il nepotismo fu presente, ma nel Quattrocento era pratica comune, ci si preferiva circondare di persone fidate. I catalani Borgia, spiega Mario Iannacone recensendo il volume La leggenda nera di Papa Borgia (Fede&Cultura 2009) di Lorenzo Pingiotti, insidiavano le grandi famiglie baronali romane degli Orsini, Colon­na, Savelli e Caetani, e questi contrattaccarono producendo libelli, calunnie, comprendenti omicidi e orge licenziose.Borgia Nessuno storico, in ogni caso, sostiene più le accuse di incesto e ricorso al veleno per risolvere controversie politiche. Alessandro VI fu più principe che pastore e non è certo una novità, tuttavia gli va riconosciuta una lungimiranza teologica e disciplinare. Lo ribadisce il prof. Cardini, citando una bella pubblicazione scientifica dell’Istituto storico italiano per il Medioevo. Eppure, si lamenta, «nel polpettone televisivo scompare qualunque altro aspetto. Papa Borgia fu un uomo del suo tempo ma anche un papa straordinario: avviò la riforma degli ordini religiosi, mostrando di aver compreso i mali della Chiesa del tempo (quelli che avrebbero condotto alla rivolta di Lutero); sistemò la contesa ispano-portoghese dopo la scoperta del Nuovo Mondo, imponendosi per una versione equilibrata del problema». Alessandro VI, ha proseguito Cardini, «fu uno statista accorto che, riordinando l’amministrazione, le finanze e l’istituzione dello Stato della Chiesa e ponendo fine a molti abusi, dette da competente un energico impulso agli studi di diritto canonico, necessario per il riordino della gerarchia; fu paziente perfino dinanzi agli attacchi di Gerolamo Savonarola, che infatti fu vittima degli odii delle fazioni fiorentine più e prima che della sua volontà». Nella fiction non si parla nemmeno della seconda parte della vita di Lucrezia, intensa e ricca spiritualmente, con diverse «prove di generosità e di autentica pietas religiosa che sono state sottolineate da un’altra studiosa, Gabriella Zarri. Infatti Lucrezia morì nella fede, terziaria francescana e amica dei poveri». Qui la descrizione della vera morte di Lucrezia. Nella serie televisiva, conclude Cardini, «tutto viene macinato e sepolto nella valanga di luoghi comuni e calunnie, che per giunta — c’è da giurarci — saranno salutate come oro colato da un branco di teledipendenti. Dal semplice punto di vista storico, la fiction è un colabrodo di errori e di sciocchezze» (l’elenco di errori è presente anche su Wikipedia). Lo storico Mario Dal Bello ha recentemente pubblicato il saggio divulgativo “I Borgia. La leggenda nera“ (Città Nuova 2012), il quale ha spiegato che la leggenda nera nasce perché «i primi a raccontare la vicenda dei Borgia furono essenzialmente i loro denigratori; perché a Lucrezia, colta (parla il latino) bionda e bella piaceva la vita mondana; perché a mettere in giro la peggiore delle maldicenze su di lei fu il suo primo marito, Giovanni Sforza».

fonte http://www.cristianicattolici.net/borgia-tra-immoralita-e-verita-storiche.html

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MAURIZIO SARRI E’ UN GIACOBINO

Posted by on Lug 8, 2019

MAURIZIO SARRI E’ UN GIACOBINO

Cantavano i lazzari e i sanfedisti “chi tene pane e vino è nu giacubbino” mentre negli 60 e 70 per le strade di Napoli  c’era chi cantava “caro compagno i fatic e tu magn” queste sono due frasi che mi sono venute in mente nell’approcciare il tema Maurizio Sarri che grazie al Napoli Calcio ha raggiunto il sogno della sua carriera allenare una squadra importante, bastava vedere il suo sorriso raggiante quando è sceso dall’auto che lo accompagnava alla conferenza stampa organizzata dalla Juventus.

Nulla di strano in tutto questo perché credo che chi esercita una professione importante ha delle ambizioni importanti ma tutto filerebbe liscio se la squadra in questione non fosse la Juve acerrima nemica per noi tifosi napoletani e l’odiosa compagine savoiarda per chi come me si sente un napolitano identitario.

L’allenatore l’ho sempre apprezzato perché le sue capacità fuori dal normale sono indubbie e grazie anche al suo lavoro abbiamo vinto il campionato dopo 28 anni, per il sottoscritto lo abbiamo vinto, ma l’uomo non mi ha mai preso perché ho sempre avuto la sensazione che recitava il suo ruolo e che ci stava “strunziando” ogni volta che apriva bocca e infatti non  ho mai ascoltato una sua conferenza stampa o una sua intervista, mi interessava solo la squadra e come giocava.

Viene a Napoli a fare il “compagno” raccontando la sua bellissima storia da figlio dell’Italsider che tifava Napoli perché era giusto così se ci sei nato, veniva a dare lezioni di Filosofia nella città dove nasce l’Agora e la Filosofia ma non a parlare del Vico o del Campanella, i primi che mi son venuti in mente, ma di autori residuati bellici di un mondo morto e sepolto, quello comunista. Ci ha detto che andavamo a prendere il palazzo ignorando qual è la storia di Napoli che non ha mai preso il Palazzo ma quando decideva lo occupava.  Come è accaduto nella rivolta dei panettieri, nella rivolta di Masaniello, ricordo a chi non lo sapesse che Masaniello la guidò in nome del Re e non viceversa, oppure quando volevano mettere i tribunali d’inquisizione civile e quando il popolo napoletano diede prova di grande eroismo, esaltato e osannato dai suoi nemici, nelle “Tre giornate di Napoli” vissute nel Gennaio del 1799 quando si opposero all’invasione giacobina francese mentre i giacobini napoletani sparavano loro alle spalle per agevolare le operazioni dell’esercito napoleonico invasore.

Sarri avrà sicuramente letto le narrazioni di Cervantes su Napoli e sicuramente avrà saputo perchè simbolo della città è il “Corsiero del Sole” ma se lo rileggesse non sarebbe male perché forse gli è sfuggito qualcosa. Per non parlare di alcune esternazioni  volgari come  quando si “arrapava” nel vedere le cose che gli piacevano proprio nella città dove nasce l’osceno di Atellana memoria che abbiamo amato con gli Squallor, con Federico Salvatore o con l’Inferno Napoletano recitato dal grande Angelo Manna e che mai ci sono apparsi volgari; se voleva risultare simpatico poteva usare il termine mi fa “arrizzà” tipicamente Napoletano, a differenza  del termine “arrapare”  che viene usato dai piccoli borghesi che attesta il loro stato di ruminanti, ti proietta sempre  verso l’alto nel raggiungimento di vette erotiche inesplorate.

Come gli piaceva frequentare  i salotti radical chic di sinistra con la presenza di intellettuali, italiani nati a Napoli, che pensano di essere gli eredi della grande cultura Napoletana solo perché hanno scritto qualche romanzo di successo, oppure non aver indossato mai abiti eleganti  e rafforzare il suo, presunto, anticonformismo. A Torino lo abbiamo visto elegantissimo alla prima conferenza stampa e questo punto bisogna dire che è stato in questo caso poco lungimirante infatti nei tre anni vissuti a Napoli poteva approfittarne per farsi un guardaroba  di primo livello visto che nell’ex capitale c’è la miglior sartoria maschile del pianeta.

Ha usato i napoletani, che in lui vedevano  il “comandante”, per denigrare e mettere in cattiva luce De Laurentis trattandolo come una mazza da scopa, veramente inelegante e rozzo averlo definito poco tempo fa “un uomo di mondo”,  continuando a servirsene ancora qualche settimana fa dedicando loro la coppa appena vinta mentre era in trattativa con la Juve.

De Laurentis che per fortuna è antipatico, ti ha scelto per il dopo Benitez prelevandoti dall’Empoli mettendosi contro un’opinione pubblica perplessa e difendendoti da essa quando chiedeva la tua testa dopo le prime prove opache. E’ venuto fino a casa tua per rinnovarti il contratto ed invece di dire a tutti che legittimamente volevi approdare in squadre più ambiziose hai scaricato su Adl le tue responsabilità, ma come si dice “l’irriconoscenza è l’unica cosa più grande della misericordia di Dio”.

Se per il sottoscritto quanto descritto non è stata una sorpresa il comportamento dei giacobini napoletani di six mi ha stupefatto perché sono andati oltre ogni mia più rosea previsione, non pensavo arrivassero fino a tanto. Con una riflessione più attenta però non è una vera sorpresa per quanto accaduto perché i giacobini napoletani fin dal 1799 hanno cercato di distruggere la grande civiltà e la grande cultura napoletana cercando prima farla diventare provinciale con il lavoro di Croce, di Marotta, di Galasso ed ecc.ecc. e visto che hanno fallito questa mediocre classe dirigente ha messo in atto una “iconoclastia culturale”  per cercare di avere partita vinta.

Grazie al loro impegno mai Napoli è scesa così in basso nella sua storia, è stata completamente colonizzata infatti basta andare per le strade di Napoli e vedere i cantieri importanti a chi sono stati assegnati, a proposito da quanti anni sono aperti? Oppure i padroni di tutte le testate giornaliste da dove vengono? Il porto che era il primo nel mediterraneo oggi è quarto in Italia e anche la squadra di calcio della città è in mano ad un “torrese” nato a Roma. Povero Scarfoglio che vede a chi appartiene oggi il Mattino e cosa è rimasto della città che aveva il maggior numero di case editrici d’Europa e il maggior numero di  case discografiche d’Italia, badate non sto parlando del periodo Borbonico perché se parlo di quello vi faccio a pezzetti. Ma la cosa più triste e che sprecate le vostre migliori energie nell’essere anti-juventini , fa chic anche questo, ma non avete mosso un dito per evitare che il glorioso Banco di Napoli scomparisse e fosse sbranato dalla Torinese San Paolo Intesa, nemmeno i vostri antenati post-unitari hanno permesso questo. Schifate il passato glorioso di Napoli però vi piace mettere in bella mostra i magnifici monumenti  che ci ha lasciato dimenticando che quello che voi lascerete alla storia sarà il centro direzionale, fatto progettare ad un Giapponese, e le tristi Vele!!!

Pensavate di voler scrivere la vostra storia attraverso Sarri coniando il termine “Sarrismo” e mettere la sua foto al fianco di Donna Eleonora e tutti i suoi compagnucci del 1799? Ma voi siete lungimiranti perché avevate capito che il vostro comandante avrebbe avuto il loro stesso comportamento!!!.  A proposito come mai dal monitore napoletano gestito da Antonella Orefice è scomparsa la parola “Fraternitè”? e cosa vuol dire essere liberali marxisti oppure essere crociani di estrazione gramsciana? Ho cercato di comprenderlo leggendo alcune tesi che sinceramente si capiscono poco e se lo spiegate a parole…”nostre”  potrei imparare qualcosa.

Il vero comandante, unico e inimitabile, lasciò gloria, onori e successo per andare prima in Africa e poi nella giungla sudamericana  a trovare la morte inseguendo i suoi ideali, prestò servizio in un lebbrosaio per nove mesi senza vaccino e quando venne in Europa, a Mosca, ci stette per pochissimo tempo anticipando il rientro mentre a Botteghe Oscure non ci andò proprio, lo stavano aspettando a  braccia aperte, perché aveva capito che sul Comunismo Europeo  Orwell nella sua “fattoria degli animali” aveva perfettamente ragione.

Ma la cosa più importante del “comandante” e che non andò a Londra a prestare servizio presso l’opulenta  e grassa capitale del capitalismo in cambio di milionari ingaggi, quindi chiedete  scusa al “Che” per averlo affiancato al falso comandate e se siete autenticamente pentiti fate quello che fece a Cuba dopo la rivoluzione, zappate la terra e mietete il grano che il peridio è quello giusto!!!

Sarri è Giacobino non perché è venuto a rubare i soldi, anzi da questo punto di vista è un grande lavoratore, e li ha meritati tutti regalandoci una pagina di storia calcistica che mai verrà cancellata, ma perché è venuto a servirsi di una città, di una passione, di un amore e non a servirli. Ha offeso tutti  quelli che hanno creduto in lui e in quello che voleva rappresentare non  giustifico nessuno tranne i ragazzi delle curve perché il loro amore e la loro passioni autentiche e vere li ha confusi facendosi inebriare dalle parole del finto  comandante vedendo in lui il proprio condottiero.

Il personaggio “Sarri” ,quello vero, è venuto fuori quando all’ultima giornata di campionato non ha voluto concedere nemmeno 1 minuto a Cristian Maggio e fargli salutare il suo pubblico che tanto lo ama e rispetta mentre a Buffon invece gli ha fatto fare una partita per fargli raggiungere un record…che differenza. Ha ragione alla fine ha ragione ha ragione Pjanic: “Sarri sarà sempre grato al Napolismo” e come tutti quelli che sono venuti a Napoli, nella millenaria storia, venuti per conquistarla sono rimasti conquistati come di recente è accaduto al direttore del Museo di Capodimonte Sylvain Bellenger.

Concludo ricordando a Sarri che non può continuare a pensare di essere più intelligente degli altri dichiarando che i tifosi napoletani, che eventualmente  lo fischieranno lo fanno perché sono sempre innamorati di lui, perché i Napoletani sapranno cosa fare come la storia ci ha sempre dimostrato e qualunque cosa metteranno in piedi ti faranno star male.

Claudio Saltarelli

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SPAGNA: LA LEGGENDA NERA

Posted by on Lug 5, 2019

SPAGNA: LA LEGGENDA NERA

“La leggenda nera contro la Spagna fa parte di un vasto movimento avviato dai nemici della fede per distruggere la religione cattolica, gettando discredito mediante la costruzione di pregiudizi anticattolici”.

Monsignor Ignacio Barreiro, direttore dell’ufficio italiano di Human Life International ed autore di numerosi interventi sulla stampa cattolica tradizionalista, illustra i motivi ideologici che sono alla base della creazione e della diffusione della “leggenda nera” che dipinge la Spagna de los Reyes Católicos come un paese intollerante e violento, in cui il potere politico era alleato a quello religioso per opprimere chiunque non si assoggettasse al loro dominio.

Isabella di Castiglia e Fernando di Aragona completarono la Riconquista, liberando definitivamente la penisola iberica dal dominio musulmano che vi aveva dominato per sette secoli;

resero possibile l’impresa di Colombo, unendo al mondo e alla cristianità le Americhe;

diedero configurazione a quel regno delle Spagne che diventerà la maggiore potenza europea.

Nella vulgata storica, invece, sono ricordati come i Re della persecuzione contro gli Ebrei, dei feroci conquistadores, della sanguinaria Inquisizione di Torquemada.

Queste accuse sono basate su eventi ingigantiti fuor di misura, mal interpretati o totalmente falsi, spiega Mons. Barreiro.

La demonizzazione della Spagna, strategia subita anche da altri Paesi come l’Irlanda, la Polonia e quello che fu il Regno delle Due Sicilie, mira ad instillare nei popoli cattolici sentimenti di vergogna per il proprio passato, con lo scopo di portarli a dubitare della propria identità e della propria fede.

L’articolo è stato pubblicato su The Latin Mass. The journal of Catholic Culture and Tradition (vol. 14, n. 3 – Summer 2005)

fonte http://www.editorialeilgiglio.it/storia-spagna-la-leggenda-nera/

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Il politically correct riesce dove il marxismo ha fallito

Posted by on Giu 26, 2019

Il politically correct riesce dove il marxismo ha fallito

Da ideologia, il politically correctfa ricorso all’inquisizione diffusa per tacitare i dissenzienti, se non basta ricorre alle manifestazioni di piazza e ai tribunali. Quel che non è riuscito al marxismo sovietico – modificare il pensiero, perché se modifichi le parole modifichi i concetti – è riuscito al politically correct, l’ideologia più totalizzante e pervasiva che il mondo abbia mai conosciuto. 

Negli infelici anni in cui, per sopravvivere, avevo accettato di insegnare nella scuola secondaria, ebbi modo di constatare a che punto fossero i c.d. «giovani» e quale futuro li (ci) attendeva. Qualche esempio (il resto l’ho riversato nel mio libro L’ombra sinistra della scuola, Piemme). Una studentessa difettava parecchio nel profitto, stimai che era per il troppo tempo passato a coltivare il modo di vita dark-punk. Vi lascio immaginare com’era conciata. Pensai di parlarne con i genitori al primo ricevimento-famiglie. Venne la madre e mi morsi la lingua: era conciata peggio di lei. Non so che fine abbia fatto, la figlia.

Un’altra mi presentò la «giustificazione» da lei stessa firmata (aveva diciott’anni): indisposizione. Osservai che l’avevo vista, da lontano, il giorno prima caracollare allegramente sul suo motorino. Mi rispose, stupita, che quelli erano fatti suoi; praticamente non mi dovevo permettere di sindacare quel che lei faceva quando non era a scuola. Neanche di lei so che fine abbia fatto.

Terzo e ultimo esempio. Una volta, di fronte all’ennesimo «impreparato» collettivo, sbottai che se il tempo sprecato nelle futilità (chiacchiere, videogiochi, tivù eccetera) l’avessero dedicato allo studio, che la memoria ce l’avevano, e totale, per le formazioni di calcio o di musica pop, insomma, il tipico sfogo dell’insegnante matusa. Una viperetta saltò su: «Ma noi siamo ragazzi!», abbaiò. Già: la gioventù non serve a costruirsi un avvenire, ma a dissiparsi. Non so che fine abbia fatto anche lei, ma posso immaginare la fine che hanno fatto tutte e tre: in corteo per i «diritti», perché il niente che hai trovato quando la scuola ti ha sputato fuori qualcun altro dovrà riempirlo, e con la forza. La «società», lo Stato.

La lunga strada che dalla libertà-qui-e-ora («Vogliamo il mondo e lo vogliamo adesso»: When the music’s over, 1967, The Doors; la fine che ha fatto il leader Jim Morrison è nota) ha portato all’odierno guai-a-chi-sbaglia-a-parlare è stata dettagliatamente analizzata e descritta nel libro di Eugenio Capozzi, Politicamente corretto. Storia di un’ideologia (Marsilio, pp. 200, €. 17). L’autore, storico accademico, è già stato intervistato da Aurelio Porfiri per la Bussola il 25 marzo u.s.

Infatti, da buona ideologia, il politically correctfa ricorso all’inquisizione diffusa per tacitare i dissenzienti, se non basta ricorre alle manifestazioni di piazza (con, talvolta, legnate) e, infine, ai tribunali, dove sempre più spesso ottiene vittoria. Per giunta, il braccio politico è sempre più pressato ad emanare leggi ad hoc. Che sono liberticide senza se e senza ma, e sarebbero state impensabili, come ben evidenziato da Capozzi, quando la parola d’ordine era «libertà». Il cerchio si chiude, e chi non vuole guai è costretto ad autocensurarsi e perfino a usare le parole della neolingua lanciata dalle università americane (ogni novità viene da lì) e imposta nel resto dell’impero occidentale.

Quel che non è riuscito al marxismo sovietico (modificare il pensiero, perché se modifichi le parole modifichi i concetti) è riuscito al P.C., l’ideologia più totalizzante e pervasiva che il mondo abbia mai conosciuto. Il suo obbiettivo non è tanto il potere, quando ogni essere umano. Di liberazione in liberazione siamo arrivati al libertinismo di massa, già preconizzato da Del Noce. Ma non è il capolinea. E quando qualcuno, defraudato della felicità promessa, dà di fuori da matto, ecco che il P.C. interviene.

Per esempio, convegni vengono tenuti per indurre i giornalisti a non usare termini come «raptus» o «gelosia» in casi in cui lui ammazza lei (non viceversa), ma «femminicidio», possibilmente tenendo la contabilità e invocando leggi draconiane apposite. Ma gli esempi del paradise now! tramutatosi in un inferno in terra sono tanti, basta guardare la cronaca (e mai nessuno che vada a vedere quanti erano, per esempio, gli stupri nel 1960). Il pesce puzza dalla testa, recitava un antico adagio. Infatti, Capozzi ricorda che la fortunata espressione «radical chic» fu coniata nel lontano 1970 dal giornalista americano Tom Wolfe, che descrisse in un suo articolo sul «New York Magazine» il party organizzato dal famoso compositore Leonard Bernstein (Oscar per le musiche del film West Side Story) il 14 gennaio di quell’anno nella sua casa newyorchese al fine di raccogliere fondi a favore delle Black Panthers, l’ala più radicale dei neri d’America. Storia vecchia, cominciata con Filippo Egalité e mai finita.

Rino Cammilleri

fonte http://lanuovabq.it/it/il-politically-correct-riesce-dove-il-marxismo-ha-fallito

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