Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Lo scienziato che osò definirsi “figlio del medioevo”

Posted by on Ago 9, 2019

Lo scienziato che osò definirsi “figlio del medioevo”

La Francia della fine del 1800 è il paese della religione laica svuotata da tutte le tracce del soprannaturale dove Ernest Renan (1823-1892), uno dei principali maitres à penser della Terza Repubblica, tenderà a far abbandonare la volterriana religione dell’Essere Supremo per abbracciare la promessa secondo la quale « la scienza organizzerà Dio». La scienza in questione è la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin che non è ancora stata tanto bene accolta nella Francia lamarckiana.

Ma l’ideologia repubblicana trova un fertile alleato nel materialismo che sottintende le idee darwiniane dell’evoluzione e che prende un posto rilevante nell’insegnamento secondario e superiore sottoponendosi anche al ridicolo da parte di coloro che ancora fanno un retto uso di ragione. Ridicolo messo in evidenza da un’operetta satirica, Au pays des gorillas, di Esteban de Richermoz, illustrata e messa in musica. L’operetta, un pamphlet contro le leggi tese a laicizzare l’insegnamento scolastico (in particolar modo quella del 28 marzo 1882), descrive il viaggio che i membri della Missione Scimmiofila Internazionale fanno in Congo tornando a Parigi con un gruppo di gorilla ai quali illustrano i benefici della nuova legislazione che, non avendo ottenuto successo con i giovani francesi, veniva offerta ai gorilla. Anche qui senza successo tanto che questi preferiscono ritornarsene in Africa.

Caratteristica del pamphlet satirico sono le bellissime illustrazioni che rendono, forse anche più del testo, l’ironia della storia. I quadri sono firmati «Ch. Clerice», pseudonimo di Pierre Duhem (1861-1916), fisico, pioniere della termodinamica dei processi irreversibili, filosofo, storico della scienza. Figlio di genitori profondamente cattolici e legittimisti rischia di mettere a repentaglio la sua carriera accademica a l’École Normale di Parigi dove era riuscito ad entrare nel 1882. Per questo motivo firmerà le sue incisioni con uno pseudonimo consapevole di essere uno scienziato cattolico che si trova a vivere in un clima ostile.

Nato in un modesto quartiere di Parigi suo padre, Pierre-Joseph, di origini fiamminghe, educato dai Gesuiti, lavora nell’industria tessile mantenendo una grande passione per gli studi e in particolare verso gli autori latini. La madre, Marie-Alexandrine Fabre, è discendente da una famiglia di origini borghesi arrivata a Parigi nel diciassettesimo secolo. L’educazione del giovane Pierre inizia a sette anni con lezioni private assieme ad un piccolo gruppo di studenti: grammatica, aritmetica, latino e catechismo, sono le materie di insegnamento che evidenziano le sue abilità letterarie già all’età di nove anni.

Gli anni della sua gioventù sono anni molto turbolenti per la Francia, specialmente con la Comune di Parigi (marzo 1871) che viene a rappresentare l’esempio di anarchia e irreligione; ma non solo travagli politici, un’epidemia di difterite provoca la morte di due suoi fratelli. Pierre continua la sua educazione al Collegio Stanislao di Parigi per i successivi dieci anni, periodo molto formativo specialmente per gli insegnamenti ricevuti di fisica e matematica che lo portano a terminare i suoi studi in matematica e fisica alla prestigiosa École Normale negli anni 1883-1884.

Il suo amore per la fisica teorica lo porta a rifiutare un posto come chimico-batteriologo allaboratorio di Louis Pasteur, ma subito iniziano le difficoltà. Le sue tesi, la prima su potenziale termodinamico e una seconda in matematica applicata, trovano l’ostracismo di un mondo accademico laicista che non vede di buon occhio uno scienziato cattolico e apertamente conservatore per il quale le porte dell’insegnamento a Parigi resteranno sempre chiuse. Famosa la frase di Marcellino Berthelot: «Questo giovane non potrà mai insegnare a Parigi». E così sarà: insegnerà infatti a Lille, Rennes, Bourdeaux, ma mai a Parigi. A nulla servirà la mole enorme di pubblicazioni non solo in campo scientifico con gli importanti contributi in fisica e termodinamica, ma anche in filosofia e storia della scienza. L’ostracismo verso lo scienziato francese farà si che solo nella metà degli anni 1980 le sue opere saranno ripubblicate in Francia.

Una delle componenti molto importanti degli studi e del pensiero di Pierre Duhem è quella che  riguarda la storia della scienza e in particolar modo la storia del periodo medioevale. Parlare di scienza medioevale sembrava, prima di Duhem, un controsenso, un ossimoro, con Duhem si colma una lacuna e si scopre una continuità di pensiero scientifico che va da Giovanni Buridano, Nicola D’Oresme, Alberto di Sassonia fino a Galileo Galilei. Celebre la sua frase: «Se siamo stati obbligati a assegnare una data alla nascita della scienza moderna, avremmo senza dubbio scegliere 1277, quando il vescovo di Parigi solennemente proclamato che una molteplicità di mondi potrebbe esistere, e che il sistema di sfere celesti potrebbe, senza contraddittorio, essere dotato di una linea retta di movimento».

La nascita della scienza moderna si sposta indietro di alcuni secoli e quelli che erano considerati i “secoli bui” splendono agli occhi di una società laicista ed anticlericale che, infatti, non perdona a Duhem queste sue scoperte. Morirà il 14 settembre di cento anni fa, lasciando incompiuta la sua opera principale, Le System du Monde, dodici volumi sulle dottrine cosmologiche completandone solamente nove, ma lasciandoci un’enorme mole di informazioni di astronomia medioevale, di teoria delle maree, di astrologia e geostatica.

Duhem, rifiutando il mito della mancanza di una scienza medioevale, fu il «primo studioso a scuotere la polvere dei secoli da una quantità di codici manoscritti che per lunghissimo tempo erano rimasti inesplorati. Ciò che scoprì lo indusse a fare la sorprendente affermazione che la Rivoluzione scientifica, associata ai nomi gloriosi di Niccolò Copernico, Galileo Galilei, Giovanni Keplero, Cartesio e Isaac Newton, era stata soltanto un’estensione e una rielaborazione delle idee fisiche e cosmologiche formulate nel secolo XIV dai maestri parigini dell’Università di Parigi. Duhem considerava i filosofi naturali della scolastica medioevale i precursori di Galileo».

Con queste parole, un altro grande docente di Storia e Filosofia della Scienza, Edward Grant descrive il grande fisico francese che «fece della scienza medioevale un importante campo di ricerca e immise il tardo Medioevo nella corrente generale dello sviluppo scientifico». Grazie a Duhem, scienziato, fisico e credente, personaggi come Buridano e il vescovo Nicola d’Oresme escono dall’oblio e si pongono a fondamento della scienza medioevale.

fonte http://itresentieri.it/lo-scienziato-che-oso-definirsi-figlio-del-medioevo/

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LA RETORICA DEL RISORGIMENTO CHE HA FATTO L’ITALIA

Posted by on Lug 14, 2019

LA RETORICA DEL RISORGIMENTO CHE HA FATTO L’ITALIA

il Felittese Giustino Pecori scrisse da Napoli allo zio Sacerdote don Raffaele Migliaccio in occasione dell’arrivo di Garibaldi a Napoli.

Balza all’occhio uno strano suicidio che si somma ad altri cinque, sarà stato vero suicidio?

A Sua Eccellenza Sig. D. Raffaele Arciprete Migliaccio Postiglione per Felitto

Zio Raffaele rispettabilissimo.

Ieri la sera Nicola mi recò una missiva vostra che mi riempì l’anima di letizia. In essa veggo sempre più il cuore bellissimo ed affettuoso di un Zio che mi ama. Comincio questa mia con una notizia funesta. Il Cattedratico D. Pietrangelo Curzio di Roscigno avantieri si precipitò per ponte della sanità. S’ignora la cagione di questo suicidio. Cinque altri han fatto la stessa lacrimevole fine. Il largo del Mercatello offre un aspetto imponente. Il popolo Napoletano ha voluto festeggiare l’arrivo del Dittatore con una festa affatto popolare; ve la descrivo a grossi tratti. Un piedistallo dorico su ripiano di tre scalini, sormontato da uno attico, sorregge un gruppo di due statue – l’una è turrita, col moggio in testa ed uno scudo nella sinistra mano sul quale è l’effigie del Dittatore, l’altra con una palma in mano – tutte due affettuosamente si abbracciano. E’ l’apoteosi dell’Italia che facendosi scudo di Garibaldi, abbraccia la sua Partenope che festante la riceve nel suo seno. Sulle facce anteriori e posteriori di questo piedistallo sono effigiate l’entrata di Garibaldi in questa Dominante. Sulle facce laterali stan queste iscrizioni:

Il Washington dell’età presente / Il trono della tirannide di tanti secoli / In pochi mesi rovesciando / La indipendenza e l’unità italiana / Col senno e col brando / Compiva / Riponendo sul soglio / Della conquistatrice del mondo / Vittorio Emanuele / Re Galantuomo. / O Salvatore dell’Italia / L’Europa intera / Maravigliata e plaudente / L’uomo di portenti, il messo di Dio / In te ravvisa. La seconda iscrizione dice così: Il Dittatore delle Due Sicilie / Giuseppe Garibaldi / Di Licurgo, di Numa, di Beccaria / Imitatore sublime / Di Dante, di savonarola, di Leopardi / Seguace ardentissimo / Di Leonida, di Coclite, di Scipione / Emulatore Eccelso / Per virtù cittadina / Cincinnato novello / Il Popolo Napolitano / La sua infranta catena / A piè di questo monumento di gloria / Per sempre depositando / Eterna gratitudine solennementa / Manifesta. Sui gradini son due Leoni, che figurano Venezia il cui stemma è il leone di S. Marco. Le illuminazioni, i trofei l’armi, le due orchestre con la banda musicali, immaginatele da costà. Continuano a sbarcare truppe Garibaldine – Continua il Dittatore a mandarle verso Caserta per attaccare Capua – egli vi va solo per studiare la campagna e senza seguito – pare che la paura non trova la entrata in quel petto di bronzo, tanto egli disprezza i pericoli – stamattina vi è stato uno scontro con gli avamposti delle due armate – molti feriti, nessun morto – alcuni prigionieri de’ regi. Finisco perché l’ora è tarda. Vi accludo nel facse (?) (foglio) la predica di Gavazzi di cui vi feci parola nell’ultima mia. E’ stata parola per parola stenografata. Bacio sia voi che Compar cartolaro (?) rispettosamente la mano, ossequio Compar Giovannamgelo e D. Antonio Sanluca ed ossequio distintamente la virtuosa Commare.

Napoli 15 settembre del 1860

Dev. Aff. Nipote e servo

Giustino

testo inviato dal Prof. Donato Di Stasi Di Felitto

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