Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

‘O libbro d’ ‘o turco di Ferdinando Russo

Posted by on Dic 1, 2019

‘O libbro d’ ‘o turco di Ferdinando Russo

Nascette dint’ ‘o calice ‘e na rosa
e pe’ cummara tenette na fata:
comm’ a nu giglio janco era addurosa
e comm’ a na palomma aggraziata.
Nfronte teneva doie turchine chiare,
‘e ttrezze d’ oro e ‘a vocca piccerella.

Nascette dint’ ‘o calice ‘e na rosa
e pe’ cummara tenette na fata:
comm’ a nu giglio janco era addurosa
e comm’ a na palomma aggraziata.
Nfronte teneva doie turchine chiare,
‘e ttrezze d’ oro e ‘a vocca piccerella.

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La mostra di Capodimonte/Napoli in una fiaba raccontata tra porcellana e musica. Una metafora della vita

Posted by on Nov 6, 2019

La mostra di Capodimonte/Napoli in una fiaba raccontata tra porcellana e musica. Una metafora della vita

Dicono che la Storia ognuno se la racconta a modo suo. Ma la Storia vera esiste, pure se guardata da diversi punti di vista, ed è quella testimoniata dai fatti e, soprattutto, dagli oggetti, edifici, strade, abiti, musica, manifatture, ecc. dell’epoca sua. Perciò la mostra che oggi, fino al 21 giugno 2020, è nella reggia- museo di Capodimonte “Napoli, Napoli di lava, porcellana e musica”, anche se è una fiaba, se è un sogno, se è una creazione artistica, è una storia vera, perché fatta di cose: di lava, di porcellana e di musica.
E’ la storia di una Napoli per l’ultima volta capitale. Dopo che lo è stata per circa sei secoli. “E’ stata una capitale e questo lo si avverte ancora” dice il direttore del Museo e del Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger, La mostra è un suo sogno, un’idea a cui ha dato realtà. Il sogno di un innamorato di Napoli.
La strategia culturale di questo direttore è quella che ha illustrato all’inizio del suo mandato: riportare Napoli alla ribalta internazionale, darle  il suo giusto posto nel mondo. Ha seguito con determinazione questo suo intento, divenendo  perciò sempre più popolare.
Questo si avverte anche parlando con i napoletani, leggendo la stampa e i commenti su internet e su facebook, dove, per esempio, a proposito della richiesta, inoltrata da migliaia di cittadini, al Sindaco De Magistris, di dare la cittadinanza onoraria di Napoli a Bellenger, si legge, con la firma del consigliere Diego Venanzoni:  «Devo dirgli grazie per aver fatto riscoprire Capodimonte e le sue bellezze…Napoli cresce anche e soprattutto con la cultura. C’è un gran movimento in questa direzione e volentieri mi unirò ai tanti che in  questi mesi stanno creando le condizioni perché Bellenger diventi cittadino onorario di Napoli. Credo che meriti in pieno questa onorificenza».
Sembra che lo stesso sindaco abbia intenzione di far diventare cittadino onorario di Napoli il direttore franco-normanno. Avendo questi un’ampia rete di rapporti internazionali, la  notizia darebbe maggiore notorietà e buona fama a Napoli e al suo sindaco.
La mostra è di una straordinaria bellezza. Ed è accompagnata dalla musica dei grandi musicisti napoletani del Settecento, Pergolesi, Cimarosa,  Pacini, Paisiello e Iommelli, che si ascolta attraverso degli auricolari che fanno si che essa cambi secondo la sala che si visita. All’entrata della mostra, una gigantografia dell’interno del teatro San Carlo ce ne dà il senso:è uno spettacolo. Uno spettacolo brillante con un pizzico di ironia, come ci dice l’enorme busto di cartapesta della regina Maria Carolina.
Ma già la prima sala ci fa entrare nell’anima profonda di Napoli, l’anima religiosa, mentre ci avvolge lo Stabat Mater di Pergolesi che si ascolta in cuffia. Ma la vita è varia e a Napoli era fatta soprattutto di festa e di gioia. Ed ecco la musica profana che ci accompagna nella  sala vicina, dove ammiriamo anche originali strumenti d’epoca.
Poi altre sale. Come quella del Grand Tour, quando il turismo non era ancora inflazionato da affollate comitive e aveva la partecipazioni delle persone più colte d’Europa, attirate dalla scoperte di Ercolano e Pompei e dalla straordinaria produzione musicale e teatrale della città.
Allora Napoli era un centro internazionale, che si interessava della cultura cinese già prima che la scoprissero gli inglesi e della cultura egiziana prima che la scoprissero i francesi napoleonici con Championnet. Ed ecco in mostra una Cina e un Egitto napoletanizzato.

E poi c’è la sala della Materia con gli studi naturalistici di Lord Hamilton, l’ambasciatore inglese a Napoli. E ci sono le eruzioni del Vesuvio dipinte da Volaire, e le vedute della Napoli dell’epoca di un’ampiezza senza confini. Come la veduta della partenza di re Carlo per la Spagna, che è la prima opera napoletana del modenese Antonio Joli. Ed è sicuramente posteriore al 1759, anno della partenza di Carlo.
L’ampiezza della visione, tipica del vedutismo napoletano del Settecento, in quell’anno era già stata definita dai pittori napoletani, quindi, non è creazione di Joli, come si continua a scrivere, sebbene l’errore sia stato corretto da tempo. (cfr. Lo spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana. La scoperta di una prospettiva spazio-tempo di A.  Dragoni).
E vediamo in mostra le porcellane della Real Fabbrica di Capodimonte e la Sala del Gioco e del Destino. E poi c’è la Sala Miseria e Nobiltà, che ci dice di una particolare caratteristica della vita napoletana dell’epoca, quando i ricchi e i poveri vivevano insieme e non faceva differenza il possesso del denaro. Il tutto in una sinfonia di colori. Con tanto bianco, quello delle vesti dei pulcinella.
Se il colore nero assorbe tutti gli altri colori, il bianco li rimanda tutti indietro e lui ne resta privo, privo di vita. Per cui in mostra è rappresentata la morte di Pulcinella ma anche la sua nascita, a significare che lui è eterno, è al di fuori del tempo e della realtà quotidiana.
Infine, nell’ultima sala, potete sdraiarvi su un grande sofà circolare, mentre tutt’intorno girano e cambiano continuamente le immagini di Napoli, visi, panorami, strade. E’ la sconvolgente video-installazione di Stefano Gargiulo: una metafora della vita.
©Riproduzione riservata
La mostra “Napoli Napoli di Lava, Porcellana e Musica” (21/9/2019 – 21/6/ 2020) è a cura di Sylvain Bellenger, con la collaborazione del Teatro San Carlo e degli Amici di Capodimonte e la produzione e organizzazione della Casa Editrice Electa.

LA NOTIZIA/RAI STORIA RACCONTA UNA REGGIA PER L’ARTE
Su una collina che domina il golfo di Napoli si staglia la Reggia di Capodimonte,
voluta nel 1738 dal re di Napoli Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta, regina di Spagna e ultima erede della dinastia farnese. La reggia, destinata fin da subito a essere residenza di corte e prestigiosa sede museale, è stata trasformata definitivamente in museo nazionale nel 1957.
A questa “Reggia per l’arte”, è dedicato il nuovo documentario di Keti Ricciardi, con la regia di Antonio Masiello, per “Italia: viaggio nella bellezza”, il programma prodotto da Rai Cultura in collaborazione con il MiBACT, in prima visione lunedì 4 novembre alle ore 21.10 su Rai Storia.
Ad accompagnare i telespettatori in questo viaggio sono Sylvain Bellenger, direttore del Museo di Capodimonte; Angela Cerasuolo, capo restauratore del Museo di Capodimonte; Renata De Lorenzo, storica; Riccardo Lattuada, storico dell’arte; Patrizia Piscitello, Alessandra Rullo e Antonio Tosini, che lavorano in diversi settori del museo.

Adriana Dragoni

fonte https://www.ilmondodisuk.com/la-mostra-capodimontenapoli-fiaba-raccontata-porcellana-musica-metafora-della-vita/

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Napoli, Napoli di lava, di porcellana e di musica al Museo di Capodimonte

Posted by on Ott 15, 2019

Napoli, Napoli di lava, di porcellana e di musica al Museo di Capodimonte

Napoli, Napoli di lava, di porcellana e di musica”, in mostra a Capodimonte, ci porta in un viaggio nel tempo: nella Napoli capitale di un Regno. È il 4 novembre 1737, giorno onomastico del re Carlo di Borbone, che appena tre anni prima ha conquistato il trono. E già si inaugura (onore alle maestranze napoletane) il teatro San Carlo, che mette in scena l’opera “Achille in Sciro” musicata dal pugliese Domenico Sarro. L’architetto ne è un ufficiale dell’esercito borbonico: il leccese Antonio Medrano. Il quale è anche l’architetto della reggia di Capodimonte.

Proprio in questa reggia settecentesca, che ha un bel po’ del fascino dell’epoca sua, è alloggiata la mostra, il luogo del nostro viaggio. Spettacolare ne è l’ingresso, tappezzato, tutt’intorno, da una coloratissima gigantografia, tra il rosso e l’oro, del teatro San Carlo. Al centro, troneggia un busto monumentale, ma è di cartapesta, della regina Maria Carolina.

Si erge da una enorme tazza da caffè, che ricorda la fondazione della fabbrica di ceramica di Capodimonte, voluta, nel 1743,  da Carlo di Borbone, che poi la distrugge, quando, nel 1759, deve partire per la Spagna per diventarne il re. Ma rifonda la fabbrica il figlio terzogenito di Carlo, Ferdinando, il marito, appunto, di Maria Carolina. E finissime porcellane sono poste un po’ dovunque nelle diciotto splendide sale della mostra (la cui anteprima è stata presentata da questa agenzia l’11 agosto 2019 ndr), dove ci immergiamo nello splendore della Napoli capitale e ne captiamo emotivamente il senso, affascinati dalla scenografia, dagli oggetti, dai manichini abbigliati con i costumi del San Carlo e dalle musiche d’epoca, che passano attraverso gli auricolari (che ci hanno fornito) e cambiano da una sala all’altra, interpretandone l’atmosfera.

Ogni sala mostra di Napoli un diverso aspetto. C’è la Napoli del Gran Tour, delle scoperte di Ercolano (1738) e di Pompei (1748), visitata dall’élite di tutto il mondo, attratta anche dalle contemporanee eruzioni del Vesuvio. Nella Sala dell’Eruzione, ne vediamo il fuoco, dipinto nelle vedute di Jacques Volaire, e ammiriamo un bellissimo centro-tavola in porcellana di Capodimonte, “Il carro del Sole”, posto sulle scure pietre laviche dell’allestimento, che ne esaltano il biancore.

E ancora materiali naturali vediamo nella Sala della Materia, che narra dell’interesse estetico e scientifico dell’ambasciatore inglese Lord William Hamilton per le singolarità di questa terra flegrea, ricca di acque e di fuoco. Poi vediamo le immagini napoletanizzate della Cina e dell’Egitto, nazioni con le quali Napoli ha, già nel Settecento, precoci relazioni, che, insieme alle più tarde  spedizioni europee, quelle inglesi in Cina e quella militare napoleonica in Egitto, suggeriranno una diffusissima moda.

Poi visitiamo la Napoli profondamente religiosa e quella spregiudicatamente mondana, che ama il gioco e l’azzardo e spudoratamente anche le donne, come dice la mano maschile di un manichino, che indugia, impertinente, coperta dal lembo di una gonna.

E c’è la Napoli dei ricchi e dei poveri, che qui appaiono vestiti in diverso modo  ma con stoffe simili, quasi per illustrare la particolarità di questa società napoletana, in cui i ricchi e i poveri vivono gomito a gomito, in una vicinanza fisica e anche umana, che raramente o mai si è realizzata altrove. Un’armonia sociale che sembra esserci soprattutto con il regno di Ferdinando IV, il napoletanissimo Re Borbone.

Ha otto anni quando è lasciato a Napoli, quale erede del trono, dal padre, che è chiamato a ricoprire il ruolo di re di Spagna. Fino ad allora, è stato affidato ad Agnese Rivelli, che gli fa da balia e poi lo alleva insieme a suo figlio Gennaro. È un’infanzia libera e giocosa quella del piccolo Ferdinando, che la passa in compagnia di Gennarino e dei ragazzini del popolo, che così conosce empaticamente e impara a usarne la lingua, i riti e i modi. I benpensanti storcono il naso.

Ma fatto sta che lui comprende e ama questo suo popolo ed è riamato. Re Ferdinando, a una lettera “confidenziale” da Londra dell’ambasciatore Domenico Caracciolo (1715/1789), che gli rivela notizie di piani stranieri contro il Regno e lo esorta a conquistare le terre italiane, risponde di non avere ambizioni e di non volere portare il suo popolo a una guerra. Un lunghissimo regno il suo, interrotto dalla Repubblica Napoletana del 1799, nata a imitazione di quella francese di dieci anni prima, e, dal 1806 al 1815, dal Regno dei napoleonidi Giuseppe Bonaparte e poi Gioacchino Murat

E vi furono guerre, morti e atrocità, che divisero la società napoletana. Ma Sylvain Bellenger, il direttore del Museo e del Real Bosco di Capodimonte, che è il creatore di questa storia napoletana e il curatore di questa splendida mostra, contempla i fatti e non li giudica e genialmente sintetizza il ritorno del Re Borbone nella grande bandiera borbonica che va a ricoprire l’immagine da conquistatore di Napoleone Bonaparte.

Ma il Regno dello stesso Ferdinando, come quello dei suoi successori, di Francesco I, di Ferdinando II e di Francesco II, non ha lo stesso splendore di prima. Ora molte cose cambiano e le vedute napoletane lo testimoniano. Queste, nel Settecento, libere dall’imposizione del tridimensionale spazio canonico, realizzano consapevolmente un mondo guardato nella prospettiva corale di un ampio spazio in movimento, immettendolo in lente curve serene ( cfr. “Lo Spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana. La scoperta di una prospettiva spazio-tempo” di A. Dragoni).

Dopo, le vedute non sono più così consapevoli e via via perdono le loro caratteristiche: vanno stemperando nel colore la loro costruzione, esprimendo il sentimento ideale di un uomo singolo, o si europeizzano, tendendo a perdere la propria identità.

Ma il nostro viaggio nel tempo è ancora una magnifica fiaba colorata, a lungo immaginata dal suo autore, che le dona una sinfonia di colori: quello delle tappezzerie delle sale, delle opere d’arte, dei vestiti e degli arredi d’epoca, assemblati in un unicum suggestivo. C’è tanta vita e gioia di vivere, sempre, in queste sale.  Ma il bianco morbido e luminoso delle vesti dei tanti pulcinella che vi incontriamo, sembra essere il colore di un sottile rimpianto, di un pianto sommesso per il sogno svanito di un amore perduto.

Infine, una sorpresa nella diciottesima e ultima sala della mostra: un grande sofà circolare vi invita a sdraiarvi per ammirare, stupiti,  balconi che si aprono sul verde e poi si chiudono, mentre appaiono strade napoletane, edifici e persone di epoche diverse, volti. Circolarmente e continuamente girano tutt’intorno, senza che abbiano una meta da raggiungere. È una metafora della vita nella fantasmagorica videoinstallazione di Stefano Gargiulo

 P.S.

“Napoli Napoli di lava, di porcellana e di musica” è una mostra-evento nata da un’idea di Sylvain Bellenger, che così ancora una volta esprime il suo amore per Napoli (per il quale è stata richiesta la cittadinanza onoraria). La mostra è realizzata con la collaborazione del Teatro San Carlo, degli Amici di Capodimonte, degli America Friends di Capodimonte e della casa editrice Electa.

Adriana Dragoni

fonte http://www.agenziaradicale.com/index.php/cultura-e-spettacoli/mostre/6004-napoli-napoli-di-lava-di-porcellana-e-di-musica-al-museo-di-capodimonte

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