Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Quando il Sud Italia era più industrializzato del nord Europa. La verità che non ci hanno detto

Posted by on Giu 12, 2019

Quando il Sud Italia era più industrializzato del nord Europa. La verità che non ci hanno detto

Fra le regioni più industrializzate d’ Italia, prima del 1860, c’erano la Campania, la Calabria e la Puglia: per i livelli di industrializzazione le Due Sicilie si collocavano ai primi posti in Europa. In Calabria erano famose le acciaierie di Mongiana, con due altiforni per la ghisa, due forni Wilkinson per il ferro e sei raffinerie, occupava 2.500 operai. L’industria decentrata della seta occupava oltre 3.000 persone.

La piu’ grande fabbrica metalmeccanica del Regno era quella di Pietrarsa, (fra Napoli e Portici), con oltre 1200 addetti: un record per l’Italia di allora. Dietro Pietrarsa c’era l’Ansaldo di Genova, con 400 operai. Lo stabilimento napoletano produceva macchine a vapore, locomotive, motori navali, precedendo di 44 anni la Breda e la Fiat.

A Castellammare di Stabia, dalla fine del XVIII secolo, operavano i cantieri navali più importanti e tecnologicamente avanzati d’Italia. L In questo cantiere fu allestita la prima nave a vapore, il Real Ferdinando, 4 anni prima della prima nave a vapore inglese. Da Castellammare di uscirono la prima nave a elica d’ Italia e la prima nave in ferro. La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione.

L’ Abruzzo era importante per le cartiere (forti anche quelle del Basso Lazio e della Penisola Amalfitana), la fabbricazione delle lame e le industrie tessili. La Sicilia esportava zolfo, preziosissimo allora, specie nella provincia di Caltanissetta, all’ epoca una delle città più ricche e industrializzate d’ Italia. In Sicilia c’erano porti commerciali da cui partivano navi per tutto il mondo, Stati Uniti ed Americhe specialmente. Importante, infine era l’ industria chimica della Sicilia che produceva tutti i componenti e i materiali sintetici conosciuti allora, acidi, vernici, vetro.

Puglia e Basilicata erano importanti per i lanifici e le industrie tessili, molte delle quali gia’ motorizzate. La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione. Le macchine agricole pugliesi erano considerate fra le migliori d’Europa. La Borsa più importante del regno era, infine, quella di Bari.

Una volta occupate le Due Sicilie, il governo di Torino iniziò lo smantellamento cinico e sistematico del tessuto industriale di quelle che erano divenute le “province meridionali”. Pietrarsa (dove nel 1862 i bersaglieri compirono un sanguinoso eccidio di operai per difendere le pretese del padrone privato cui fu affidata la fabbrica) fu condannata a un inarrestabile declino. Nei cantieri di Castellammare furono licenziati in tronco 400 operai. Le acciaierie di Mongiana furono rapidamente chiuse, mentre la Ferdinandea di Stilo (con ben 5000 ettari di boschi circostanti) fu venduta per pochi soldi a un colonnello garibaldino, giunto in Calabria al seguito dei “liberatori”. (Fonte: Regno delle Due Sicilie – La verità che non ci hanno detto).

fonte https://www.saper-link-news.com/quando-il-sud-italia-era-piu-industrializzato-del-nord-europa-la-verita-che-non-ci-hanno-detto/

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Partito Separatista delle Due Sicilie

Posted by on Apr 25, 2019

Partito Separatista delle Due Sicilie

“La separazione d’Italia è inutile discutere di rinascita del meridione, sono più momenti meno infelici, momenti più infelici, ma la risoluzione del problema di un meridione economicamente, umanamente, culturalmente socialmente libero non c’è, lo vediamo anche dalle Il processo unitario è un atto di brutalità, di malafede, di inganni, di interventi stranieri, di Garibaldi, di Vittorio Emanuele II. Quindi culturalmente anche, non c’è possibilità di riscatto se non si crea una retorica interna al proprio paese, se il proprio paese non si rivaluta agli occhi dei propri cittadini. 

Nicola Zitara 

LI CHIAMAVANO BRIGANTI …… .. E INVECE ERANO EROI
“Per quei vieni la violenza è un diritto, per tanti vieni la violenza è un delitto .. Voi potete rubare, violentare, uccidere, e nessuno vi condannerà.”.      
Il 1861 è un anno che ogni UOMO al mondo sta pensando, non per la pseudo unità di Italia imposta con la forza, ma perché è il Savoia iniziarono il massacro del Sud. 
Il Brigantaggio è un grande movimento rivoluzionario e di massa, più di un secolo e mezzo, ben 157 anni, in cui bugie, menzogne ​​e verità nascoste, hanno azionato quel subdolo meccanismo di denigrazione della popolazione meridionale, talmente oliato un dovere da aver coinvolto anche alcune persone abitanti del Sud. 
La storia o meglio gli “illustri” storiografi che l’hanno riportato e pubblicato sui libri di scuola, ha sempre raccontato l’unico colpevole dei problemi del Meridione, è stato il Regno Borbonico e il governo dei Borboni, era supportato dal carattere superficiale e indolente dei suoi sudditi Che con la filosofia della vita “bast che ce sta ‘o sol”,
La disoccupazione era praticamente nulla nel Regno delle Due Sicilie quando fu annesso al Regno di Sardegna. Sembra impossibile immaginare il Regno delle Due Sicilie, studiato nelle scuole italiane come luogo naturale dell’oscurantismo, del burocratismo, dell’arretratezza tardo feudale (borbonico sinonimo di lento, fiacco, arretrato), sia stato invece premiato, nel 1856, per sviluppo industriale . 
Le ferrovie napoletane non sono il “balocco del Re” per raggiungere la sua casa di vacanze, bensì di un’oculata politica di marketing e sviluppo industriale. I Borbone non sono stato provato dai locomotori da qualche grande azienda teutonica, come anzi oggi faremmo: le fabbricano … con un indotto industriale che in pochi anni è lavoro per migliaia di giovani meridionali.
Nel meridione si ebbe la prima repubblica socialista del mondo con San Leucio: ottanta ettari di terreno su cui Re Ferdinando fece sorgere la più famosa serie di tutti i tempi. 
Quella che oggi è Terra di Camorra, allora era, davvero, Terra di Lavoro. 
Di tutt’altro segno e spessore i dati inerenti il ​​Regno dei Savoia, negli stessi anni. Nel 1860 il debito pubblico del Piemonte ammontava più di un milione di anni: una montagna di denaro, una voragine spaventosa che 4 milioni di abitanti non sono quotati a cento anni per l’arretratezza della sua economia montanara. 
E allora cosa è successo di così determinante da sovvertire le sorti del Meridione?
Successe che al Piemonte non interessava per niente l’Unità d’Italia. Al Piemonte interessava la conquista delle ricchezze del Sud, delle sue riserve auree, delle sue fabbriche. Dal 1860 al 1870 i nuovi pirati, vieni piemontesi, si quali disponibili in tutti i paesi, quelle dei poveri contadini, quelle delle comunità religiose, dei conventi; saccheggiarono le chiese e le campagne; smontarono i macchinari delle fabbriche per montarli al Nord; rubarono opere d’arte di valore inestimabile, quadri, vassoi, statue. Le miniere di ferro, il laboratorio metallurgico della Mongiana in Calabria; le industrie tessili dell’alta Terra di Lavoro; le manifatture di Terra di Lavoro; i cantieri navali sparsi per tutto il Mezzogiorno; la magnifica fabbrica di Pietrarsa, i monti frumentari,
Cannoni contro città indifese; baionette conficcate nelle carni di giovani, preti, contadini; donne violentate e sgozzate; vecchi e bambini trucidati. Case e chiese saccheggiate, monumenti abbattuti, libri bruciati, scuole chiuse. La fucilazione di massa divenne pratica quotidiana. Dal 1861 al 1871, un milione di contadini furono abbattuti; anche se governi piemontesi su questo massacro non fornivano dati, perché nessuno dovrebbe sapere.
Col termine Briganti, ha detto volontariamente mortificare tutta quella parte di popolo, che è stata ribellata, ancora una volta, all’invasore: “Combattemmo, nella nostra terra, una guerra legittima di liberazione e di resistenza contro una società e un popolo straniero, un palmo a palmo, un caso, terre e famiglie da una rivoluzione che non sono stati uccidemmo e morìmo io e tanti eroi di una contro-rivoluzione che ci aveva già visto combattere e morire in Francia o in Spagna, nel 1799 nel 1820, nel 1848 nel 1860.  

Ecco chi erano i BRIGANTI.
Ma le mortificazioni non erano finite: 5212 condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia. Minghetti del 15 agosto 1863 “… per la repressione del brigantaggio nel Meridione

Questi sono concentrati nei depositi di Napoli o nelle carceri, poi trasferiti in veri e propri lager: i prigionieri, appena coperti da cenci di tela, si consumano una sozza brodaglia con un po ‘di pane nero raffermo, sottende dei trattamenti veramente bestiali, ogni tipo di nefandezze fisico e morale. Per oltre dieci anni, sono stati voluti uccisi per fama, stenti.

Erano stretti insieme assassini, sacerdoti, giovanetti, vecchi, miseri popolani e uomini di cultura. Senza pagliericci, senza coperte, senza luce. Vennero smontati i vetri e gli infissi per rieducare con il freddo i segregati. Laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei.
La liberazione avveniva con la morte ed i corpi (non sono ancora in uso i forni crematori) è disciolti nella vita viva collocata in una grande vasca nel retro della chiesa che sorgeva all’ingresso del Forte. Una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti. Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è ancora visibile l’iscrizione: “Ognuno vale in quanto è ma in quanto produce”. (ricorda molto la scritta dei lager nazisti)
E anche in questo caso, chi ha scritto la storia, ha voluto umiliare ancora una volta il popolo del Sud. SCANDALOSO museo di Cesare Lombroso fondato a Torino, dove sono esposti, come fenomeni da baraccone, i corpi e le teste mozzate, sono considerati dei criminali perchè osavano difendere la propria terra. Corpi straziati, mutilati e umiliati, mai restituiti alle famiglie che non hanno potuto dar loro, degna sepoltura. 
Ecco chi erano i BRIGANTI 

La guerra è chiusa nel sud del mondo, a cui si aggiunge oltre il 65% della popolazione. Le lotte per la terra, verso il risultato elettoralistico. Con la fine dei contadini, è finita anche l’alternativa o briganti o emigranti.
In assenza di uno Stato indipendente che affrontasse i problemi connessi a nuove forme di produzione, il processo di superamento della servitù contadina è la forma di emigrazione di massa. Né la prima delle due grandi migrazioni meridionali – quella tra il 1880 e il 1914 – né la seconda – quella tra il 1948 e il 1973 – servirono a fondare uno stato, oa inserire il Sud come componente paritaria dello Stato nazionale. Il mondo contadino sopravvissuto alla prima e sarebbe sopravvissuto anche alla seconda, se l’area padana non fosse vissuta, un racconto importante, avrei bisogno di inarcare l’economia del sud con lo smercio delle sue produzioni. Nei due periodi indicati, la penetrazione delle merci di massa è stata coniata diversa. Al tempo della prima, l’industria padana non era ancora nata, e tranne lo zucchero, il tabacco, il grano importato e poche altre mercanzie, il Nord era ben poco da vendere al Sud. In questo periodo le risorse sono risucchiate attraverso altre vie, principalmente il fisco, l’ufficio italiano cambi, il sistema bancario, che accetta di essere emesso carta, e al solo costo di stampa comprava al sud prodotti veri. Inoltre la produzione meridionale è venduta all’estero. Un risvolto decisivo ai fini del sottosviluppo sudico. È stato preso una truffa, un ordine artefatti, agli industriali cavourristi, che sono serviti per pagare le materie prime, e agli importatori genovesi, che lo abbiamo visto per speculare patriotticamnete sul prezzo del grano. Eppure, non è tanto il drenaggio delle risorse che porta il sud alla completa rovina – malgrado tutto l’agricoltura continua a produrne – quanto l’insipienza, l ‘ estraneità e la malvagità della classe dirigente. Al tempo della seconda guerra, con gli aiuti americani e la partigianeria dello Stato seducente nazionale, l’apparato industriale padano decollò e di conseguenza ebbe un impellente bisogno di clienti. E quale cliente più addomesticato del Sud? L’offerta di merci – si sa – crea i consumatori di merci. Però le merci importate e si pagano con la produzione e l’esportazione di uguale valore (Antonio Serra, economista del 1600). L’assetto coloniale del Sud non è all’esportazione, perché i prezzi sono perduti insistentemente in termini di ragioni di scambio. Incassando ben poco, la coda è una parte del capitale naturale, nel caso gli uomini, i pallidi bilanci dei padroni di casa delle sette o otto province piemontesi e delle nove province lombarde. con gli aiuti americani e la partigianeria dello stato seducente nazionale, l’apparato industriale padano decollò e di conseguenza ebbe un impellente bisogno di clienti. E quale cliente più addomesticato del Sud? L’offerta di merci – si sa – crea i consumatori di merci. Però le merci importate e si pagano con la produzione e l’esportazione di uguale valore (Antonio Serra, economista del 1600). L’assetto coloniale del Sud non è all’esportazione, perché i prezzi sono perduti insistentemente in termini di ragioni di scambio. Incassando ben poco, la coda è una parte del capitale naturale, nel caso gli uomini, i pallidi bilanci dei padroni di casa delle sette o otto province piemontesi e delle nove province lombarde. E quale cliente più addomesticato del Sud? L’offerta di merci – si sa – crea i consumatori di merci. Però le merci importate e si pagano con la produzione e l’esportazione di uguale valore (Antonio Serra, economista del 1600). L’assetto coloniale del Sud non è all’esportazione, perché i prezzi sono perduti insistentemente in termini di ragioni di scambio. Incassando ben poco, la coda è una parte del capitale naturale, nel caso gli uomini, i pallidi bilanci dei padroni di casa delle sette o otto province piemontesi e delle nove province lombarde. perché io sono perduti insistentemente in termini di ragioni di scambio. Incassando ben poco, la coda è una parte del capitale naturale, nel caso gli uomini, i pallidi bilanci dei padroni di casa delle sette o otto province piemontesi e delle nove province lombarde. perché io sono perduti insistentemente in termini di ragioni di scambio. Incassando ben poco, la coda è una parte del capitale naturale, nel caso gli uomini, i pallidi bilanci dei padroni di casa delle sette o otto province piemontesi e delle nove province lombarde.

fonte https://www.partito-separatista-delle-due-sicilie.it/?fbclid=IwAR3YlR2bCzDBy6m_z_j4RIK01jwyvXeSKcZdsEK79LiRSLokqyC8zchAX0M

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SAN GIORGIO A CREMANO: UN BUSTO ED UNA PIAZZA DEDICATI A RE CARLO DI BORBONE

Posted by on Apr 10, 2019

SAN GIORGIO A CREMANO: UN BUSTO ED UNA PIAZZA DEDICATI A RE CARLO DI BORBONE

A San Giorgio a Cremano, importante centro del napoletano,  l’11 novembre scorso, l’amministrazione comunale con in testa il sindaco Giorgio Zinno e l’assessore, Pietro De Martino (Urbanistica e Patrimonio), propose di cambiare l’odonimo della piazza principale della città da Vittorio Emanuele II di Savoia Carignano, a Carlo di Borbone, capostipite della dinastia che regnò su Napoli e Sicilia per 127 anni dal 1734 al 1861.

La decisione venne poi favorevolmente accolta e approvata sia dalla Prefettura di Napoli che dalla Soprintendenza Archeologica e dalla Società Napoletana di Storia Patria, a riprova di quanto ancora oggi la figura di Re Carlo riesca ad essere unificante delle diverse sensibilità storiche.

Un riconoscimento al sovrano illuminato per le innumerevoli opere realizzate, nel Meridione e in particolare a Napoli e nell’area vesuviana“, spiega il Sindaco Zinno. La proposta – prosegue – è dell’assessore alla Toponomastica, Pietro De Martino ed è frutto di un percorso realizzato anche grazie alla Commissione Toponomastica locale e alla Scuola Massaia con il dirigente Enzo De Rosa, che ha compiuto uno studio sull’argomento presentato durante un convegno pubblico su Carlo di Borbone che ricevette il consenso unanime dei partecipanti”.

L’Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie apprezzando non poco la felice scelta ha deciso di offrire un busto raffigurante il sovrano. L’opera, realizzata dall’artista napoletano Guglielmo Muoio, guglielmomuoio.it arsneapolitana.it fornitore della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie, verrà collocata nella sede del Comune di San Giorgio a Cremano ed inaugurato assieme alla piazza  Sabato 13 aprile p.v., con inizio alle ore 10,00.

Accolta dal Sindaco e dalla cittadinanza, sarà proprio SAR la Principessa Béatrice di Borbone delle Due Sicilie, sorella del Capo della Real Casa, il Duca di Castro, e Gran Prefetto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, a scoprire il busto e ad inaugurare la piazza che porterà il nome del Suo grande Avo. 

Ad accompagnare la Principessa, la Marchesa Federica de Gregorio Cattaneo dei Principi di Sant’Elia,Delegato per Napoli e Campania del prestigioso Ordine insieme con alcuni cavalieri. 

Non è nuovo il Comune a queste belle iniziative: grazie anche alla sensibilità dell’arch. Aldo Vella, che ricoprì l’incarico di primo cittadino, San Giorgio,  ha una piazza dedicata all’indimenticabile Massimo Troisi ed una via che ricorda gli operai di Pietrarsa trucidati da i  “fratelli” bersaglieri (quegli stessi “fratelli bersaglieri” che mostrarono uguale amorevole cura agli abitanti di Pontelandolfo e Casalduni).

fonte https://istitutoduesicilie.blogspot.com/2019/04/san-giorgio-cremano-un-busto-ed-una.html


il busto donato dall’Istituto, quasi terminato, ancora nella bottega dell’autore

Gugliemo Muoio al lavoro nel suo negozio in via de’ Tribunali

Piazza Carlo di Borbone, in fondo l’edificio che ospita il Comune e dove verrà collocato il busto
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Quando il Sud Italia era più industrializzato del nord Europa. La verità che non ci hanno detto

Posted by on Apr 9, 2019

Quando il Sud Italia era più industrializzato del nord Europa. La verità che non ci hanno detto

Fra le regioni più industrializzate d’ Italia, prima del 1860, c’erano la Campania, la Calabria e la Puglia: per i livelli di industrializzazione le Due Sicilie si collocavano ai primi posti in Europa. In Calabria erano famose le acciaierie di Mongiana, con due altiforni per la ghisa, due forni Wilkinson per il ferro e sei raffinerie, occupava 2.500 operai. L’industria decentrata della seta occupava oltre 3.000 persone.

La piu’ grande fabbrica metalmeccanica del Regno era quella di Pietrarsa, (fra Napoli e Portici), con oltre 1200 addetti: un record per l’Italia di allora. Dietro Pietrarsa c’era l’Ansaldo di Genova, con 400 operai. Lo stabilimento napoletano produceva macchine a vapore, locomotive, motori navali, precedendo di 44 anni la Breda e la Fiat.

A Castellammare di Stabia, dalla fine del XVIII secolo, operavano i cantieri navali più importanti e tecnologicamente avanzati d’Italia. L In questo cantiere fu allestita la prima nave a vapore, il Real Ferdinando, 4 anni prima della prima nave a vapore inglese. Da Castellammare di uscirono la prima nave a elica d’ Italia e la prima nave in ferro. La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione.

L’ Abruzzo era importante per le cartiere (forti anche quelle del Basso Lazio e della Penisola Amalfitana), la fabbricazione delle lame e le industrie tessili. La Sicilia esportava zolfo, preziosissimo allora, specie nella provincia di Caltanissetta, all’ epoca una delle città più ricche e industrializzate d’ Italia. In Sicilia c’erano porti commerciali da cui partivano navi per tutto il mondo, Stati Uniti ed Americhe specialmente. Importante, infine era l’ industria chimica della Sicilia che produceva tutti i componenti e i materiali sintetici conosciuti allora, acidi, vernici, vetro.

Puglia e Basilicata erano importanti per i lanifici e le industrie tessili, molte delle quali gia’ motorizzate. La tecnologia era entrata anche in agricoltura, dove per la produzione dell’olio in Puglia erano usati impianti meccanici che accrebbero fortemente la produzione. Le macchine agricole pugliesi erano considerate fra le migliori d’Europa. La Borsa più importante del regno era, infine, quella di Bari.

Una volta occupate le Due Sicilie, il governo di Torino iniziò lo smantellamento cinico e sistematico del tessuto industriale di quelle che erano divenute le “province meridionali”. Pietrarsa (dove nel 1862 i bersaglieri compirono un sanguinoso eccidio di operai per difendere le pretese del padrone privato cui fu affidata la fabbrica) fu condannata a un inarrestabile declino. Nei cantieri di Castellammare furono licenziati in tronco 400 operai. Le acciaierie di Mongiana furono rapidamente chiuse, mentre la Ferdinandea di Stilo (con ben 5000 ettari di boschi circostanti) fu venduta per pochi soldi a un colonnello garibaldino, giunto in Calabria al seguito dei “liberatori”. (Fonte: Regno delle Due Sicilie – La verità che non ci hanno detto).

Tratto da: www.cronaca.news

fonte https://www.politicamentescorretto.info

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