Posted by altaterradilavoro on Giu 8, 2019
Intervista al Palazzo di Vetro dell’ONU con il Presidente dell’Accademia Napoletana, venuto recentemente a New York per salvare il napoletano
“Era arrivato il momento che qualcuno seriamente si occupasse di preservare un patrimonio dell’identità culturale italiana e non solo… A Napoli circa il 70% dei suoi abitanti parla ancora il napoletano come prima lingua… “Gomorra e Ferrante? In quanto storico e studioso della cultura, della lingua, dell’arte io non mi occupo di fictions…. puntare e sensibilizzare i giovani soprattutto, ad una lingua, quale quella napoletana che è quella dell’antifascismo, della democrazia e della resistenza al nazismo…
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Posted by altaterradilavoro on Apr 23, 2019
Chi ci segue sa che da tempo cerchiamo di spiegare che la musica popolare, quella che grazie all’aristocratica scuola Musicale Napoletane è diventata “musica esatta” come ci ha ricordato il M.so Enzo Amato nel suo “La Musica del Sole” ,e che, ballata in tutte le piazze, è diventata un fenomeno universale, non è musica del centro sud italia ma è musica del Regno di Napoli quindi “Napolitana”.
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Posted by altaterradilavoro on Mar 5, 2019
C’ è un momento dell’anno che grandi
e piccini aspettano con gioia e spensieratezza, un periodo in cui ci si può
divertire, un periodo dell’anno in cui ci si può trasformare in chi ci piace e
più desideriamo… parliamo del Carnevale, una delle feste popolari più belle e sentite nella nostra
regione. Carnevale, è gioia e dolore, passa il vecchio e si aspetta il nuovo, la sua
storia è davvero bella e complicata, siete pronti a scoprirla insieme?
La
storia del Carnevale, non ha origini certe, ma dai vari scritti è possibile
tracciare quello che la festa ha rappresentato nel tempo. Le origini del Carnevale
napoletano, come molte feste di tradizione cattolica, traggono
origine dal mondo pagano greco-romano,
e rappresenta un momento di spensieratezza e abbondanza,
in cui ci si sente liberi da ogni obbligo sociale e dove musiche, scherzi,
danze, e maschere diventano elementi distintivi del periodo.
Il termine
“Carnevale” deriva dal latino “Carnum
levare”,
che significa “via la carne”, e indica quel
periodo che sta per seguire in cui si rinuncia alla carne per preparare corpo e
spirito all’avvicinarsi della Pasqua.
La kermesse
è ancora oggi una delle feste più sentite in Campania, ma prima durava circa un
mese, infatti iniziava il 17 gennaio, quando,
in onore di Sant’Antonio Abate, si accendeva “ò cippo” (accumuli
di legno in cui si bruciavano le vecchie cose e che segnava l’inizio del
nuovo), e terminava il martedì grasso
(giorno in cui si possono mangiare le cose più prelibate e dove ci si “abboffa”
di ogni tipo di pietanza) che segnava la fine della settimana grassa, prima di iniziare
la Quaresima.
Il
Carnevale napoletano è l’alternanza tra gioia e dolore, si lascia il vecchio e
si aspetta il nuovo.
Tra i lamenti
funebri napoletani, spicca il finto consulto col medico tenutosi
nei più importanti quartieri di Napoli che
auguravano il ritorno di Carnevale:
«”Comme
si’ muorto, gioia mia! gioia, mo moro! /Ha ditto u miedeco de lu Mercato / Che
Carnevale sta malato. // E gioia! // Ha ditto u miedeco de lu Pennino / Che
Carnevale sta ma lato dint’i stentine. // E gioia! // Ha ditto u miedeco de
vascio Puorto / Che Carnevale sta malato n’cuorpo. // E gioia! // E comme
l’avite vista st’anno / Lu puzzate b’bedè a ca’a cient’anno”» (Anonimo 1882).
«Carn’val’ mij’, sì muort’ … » cosi recita una litania, che
ancora oggi, viene inscenata in alcune zone della Campania e che rappresenta
l’ultimo saluto a carnevale tra pianti e lamenti, tra finte lacrime e urla. Ma
perchè si festeggia il funerale di Carnevale?
In realtà,
la scena rappresenta è un vero corteo funebre, dove il “morto”( un fantoccio o
un pupazzo) viene portato in processione su un carretto addobbato con fiori,
ghirlande, collane di salsicce e salumi, e tra i piagnistei e le urla, si esorcizza in
qualche maniera il passaggio dal vecchio al nuovo anno.
Durante la processione, la famiglia del “morto”, ossia gli organizzatori,
intonano canti funebri, che vengono
tramandati da famiglia a famiglia, mentre gli uomini partecipanti al corteo,
sorseggiano vino. Alla fine del corteo, il fantoccio, viene bruciato nel falò e
ridotto in cenere mentre
si prosegue con il corteo, fra lamenti, risate, baldorie e leccornie.
I festeggiamenti hanno inizio con il processo, la condanna, la lettura del testamento, la morte e il funerale del fantoccio, che simboleggia il capo espiatorio di tutti i mali. Ma Carnevale si dice sia morto, con l faccia serena, una pipa in bocca, la croce di rape sul petto, il cappello di pulcinella e il pancione pieno. A noi, lascia un testamento fatto di progetti e gioie future. Il lamento funebre, che si intona durante il corteo, simboleggia il ritorno benaugurante di Carnevale negli anni avvenire.
Mariateresa Lombardi
fonte read:https://www.jammway.it/la-morte-carnevale-rituale-napoletano/
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Posted by altaterradilavoro on Gen 23, 2019
Il Festival di Sanremo ha segnato il punto di partenza, ma anche di arrivo, per la
maggior parte dei cantanti e musicisti italiani che volevano fare della musica
il loro pane quotidiano. Dal mitico Lucio Dalla alla giovanissima Mimì Bertè (Mia Martini), sono stati tantissimi i nomi dei cantanti annunciati
al Festival della canzone italiana. Ma siamo sicuri che il Festival di
Sanremo non abbia origini un po’ più meridionali?
Molto probabilmente i nonni
napoletani ricorderanno con orgoglio la locandina del Festival
Napoletano al Casinò Municipale di Sanremo che si svolse dal 24 dicembre 1931 al primo gennaio 1932. Il
Festival Napoletano fu organizzato da un gruppo di poeti e musicisti
provenienti da Napoli, con a capo Ernesto Murolo (padre di Roberto) ed
Ernesto Tagliaferri, con lo scopo di esportare la canzone napoletana oltre i confini campani e del Sud, sperando vivamente di
rilanciare questa musica in tutto il mondo.
Ernesto
Murolo fu il direttore artistico, Ernesto Tagliaferri si occupò di dirigere
l’orchestra ed i commenti musicali; i cantanti in gara erano delle voci già molto
apprezzate. L’orchestra era unica (e non cambiava mai) e le canzoni in gara non
erano inedite come oggi. Nella prima edizione del Festival
Napoletano del 1932 le canzoni presentate erano la
maggior parte una specie di tormentoni dell’epoca, ascoltate svariate volte ai
festival minori ,come ad esempio quello di Piedigrotta, oppure anche dei grandi
classici; chiaramente non mancava qualche pezzo nuovo scritto dal duo Murolo-
Tagliaferri. I cantanti erano soliti danzare su delle coreografie in compagnia
dei figuranti, spesso coreografie di danze popolari come la tarantella o
la tammurriata.
Grazie alle sue importanti amicizie,
Murolo riuscì a formare un nutrito cast di big canori, tra cui spiccavano i
nomi di Nicola Maldacea, re indiscusso della macchietta e del Cafè Chantant;
si racconta che fosse ossessionato dal gioco e che in quell’ occasione perse in
poche ore alla roulette tutto suo il gettone d’ingaggio; Ada
Bruges, una popstar italiana dell’epoca, proveniente da una trionfale tournèe
americana; la ventiquattrenne Milly, una delle prime a fare il proprio
debutto con la celluloide, Giorgio Schottler, famoso, in particolar
modo, per aver duettato con Enrico Caruso;
Ferdinando Rubino, un artista moderno, poiché si alternava tra musica,
cinema e teatro; Vittorio Parisi, futuro insegnante di canto di Sergio Bruni.
Fra i nomi illustri della sezione giovanile, invece, non si possono dimenticare
Carlo Buti e Carmencita.
Oltre all’ottimo gruppo di cantanti,
la direzione artistica si servì dell’intervento di sedici ballerini di
tarantella, nonché del noto attore teatrale Salvatore De Muta, l’ultimo
grande Pulcinella,
che, insieme a sua moglie Rosa, recitarono dei brani di Pulcinella e
Colombina. Napule ca se ne va, per certi versi
un titolo alquanto profetico, chiuse la serata finale del Festival, tra gli
applausi di un pubblico commosso.
L’edizione successiva si svolse a
Lugano per poi tornare direttamente nel 1952 dopo la guerra con il nome di
Festival di Napoli ( modificato in Festival della Canzone Napoletana, per
ragioni televisive) ed andò addirittura in onda sulla Rai fino agli anni ’70.
Un anno prima ci fu il debutto ufficiale del Festival di Sanremo.
Di seguito la lista dei cantanti in
gara alla prima edizione del Festival Napoletano con le loro canzoni:
‘A frangesa
(Costa)
Ada Bruges
‘A pacchianella d’Uttaiano
(Capurro-Giannelli) Carmencita
‘A surrentina
(G.B. & E.
De Curtis) Milly – Armando Falconi
Adduormete cu’ mme
(Murolo-Tagliaferri) Carlo Buti
Ammore canta
(Murolo-Tagliaferri)
Vittorio Parisi
E ddoie catene
(Murolo-Tagliaferri)
Carmencita
Funiculì funiculà
(Turco-Denza)
Ferdinando Rubino
Int’a n’ora Dio lavora
(Murolo-Tagliaferri)
Clara Loredano – Pina Gioia – Lola Verbana
Lariulà
(Di Giacomo-Costa) In coro tutto il cast
Marechiaro
(Di
Giacomo-Tosti) Vittorio Parisi
Muntevergine
(Cinquegrana-Valente)
Mario Pasqualillo – Ferdinando Rubino – Alfredo Sivoli
Napule
(Murolo-Tagliaferri) In coro tutto il cast
Napule ca se ne va
(Murolo-Tagliaferri)
Alfredo Sivoli
‘Nbraccio a mme
(Murolo-Tagliaferri)
Ferdinando Rubino
‘O cunto ‘e Mariarosa
(Murolo-Tagliaferri) Ada Bruges
‘O paese d”o
sole
(Bovio-D’Annibale) In coro tutto il cast
‘O sole mio
(Capurro-Di
Capua) Mario Massa
Paraviso e fuoco eterno
(Murolo-Tagliaferri) Mario
Pasqualillo
Serenatella amara
(Bovio-D’Annibale) Giorgio
Schottler
Torna a Surriento
(G.B. & E. De Curtis)
Vittorio Parisi – Ferdinando Rubino
Totonno ‘e Quagliarella
(Capurro)
Arturo Gigliati
Ve chiammate
(Murolo-Valente)
Nicola Maldacea – Milly
Voce ‘e chitarre
(Murolo-Tagliaferri)
Clara Loredano
Disegno di Emanuel D. Picciano
fonte https://www.storienapoli.it/2018/08/04/il-primo-festival-di-sanremo-si-chiamava-festival-napoletano/
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Posted by altaterradilavoro on Dic 21, 2018
Tra sacra rappresentazione e dramma pastorale ecco la Cantata dei Pastori di Carlo Faiello. L’opera nasce dalla contaminazione di elementi colti con altri della Commedia dell’arte per un concerto davvero speciale
Nel giorno del Santo Natale, alla Domus Ars
alle ore 20,30 si rinnova la tradizione della Cantata dei Pastori (in replica
poi anche il 26, 27, 28, 29 e 30 dicembre).
Carlo Faiello propone la tradizionale opera
di Perrucci tra
tradizione e innovazione, scegliendo le composizioni più interessanti e
rappresentative relative al periodo natalizio: dalle pastorali di Sant’Alfonso
Maria de’ Liguori alle più famose melodie di Roberto De Simone; dall’archivio
sonoro di estrazione orale all’Ave Maria di Fabrizio de Andrè, oltre ai brani
composti dallo stesso Faiello.
Protagonista
dello spettacolo è Giovanni Mauriello,
già fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare e custode della celebre
versione della Cantata degli anni ‘70.
Sulla
scena anche le cantanti e attrici Antonella
Morea, Elisabetta D’Acunzo e Marianita Carfora con la partecipazione
del figlio d’arte Matteo Mauriello.
Le scene e i costumi sono a cura di Bruno De Luca. Le parti musicali, elaborate
da Carlo Faiello che cura anche la direzione musicale, sono affidate all’Orchestra
Santa Chiara: Vittorio Cataldi alla fisarmonica e piano; Fulvio Gombos al contrabbasso;
Gianluca Mercurio alle percussioni; Pasquale Nocerino al violino; Edo Puccini
alla chitarra.
“La Domus Ars è un centro di cultura che ha lo scopo di promuovere e
diffondere la cultura campana nel mondo. Da sette anni mettiamo in scena per il
Natale La Cantata, ogni anno, però, è sempre diversa. Il nostro è un
allestimento minimale e essenziale ma, optando per la forma concerto, ho voluto
restituire all’opera una suggestione diversa”, spiega Carlo Faiello.
Notizie sulla Cantata
di Andrea Perrucci:
La storia è quella di Giuseppe e Maria che vagano per le
campagne di Betlemme alla ricerca di un riparo, ostacolati dal perfido Belfagor
e protetti dalla spada divina dell’Arcangelo Gabriele. Nel difficile viaggio vengono
accompagnati da due figure popolari partenopee, Razzullo, scrivano napoletano
assoldato per il censimento, e Sarchiapone, maschera ispirata quasi
direttamente alla tradizione popolare dei Pulcinella.
Pubblicata nel 1698 è
l’opera teatrale più conosciuta del letterato Andrea Perrucci. Rappresentata
per oltre tre secoli a Napoli, il testo fu creato per opposizione agli
spettacoli “pagani e blasfemi!” che distraevano il popolo dai festeggiamenti
del Santo Natale. La Cantata è un lavoro misto di sacra rappresentazione,
cantata e dramma pastorale che vive della contaminazione di elementi colti con
altri propri della commedia dell’arte.
Orario spettacoli: tutte le sere alle ore 20,30 tranne il 26
dicembre (ore 18,30) e il 30 dicembre (ore 19).
Ingresso €15,00 ridotto € 10,00
I giovani fino al 26° anno di età, gli over 60,
possono acquistare i biglietti a prezzo ridotto.
Domus Ars
Via Santa Chiara, 10
Info e prenotazioni: 081.3425603 – 338.8615640 direzione@domusars.it
25, 26, 27, 28, 29, 30 Dicembre 2018
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