Era un uomo piuttosto rozzo e impulsivo, coraggioso in battaglia, amava la caccia, le donne, i cavalli, e la vita semplice dei montanari assai più delle cerimonie di corte.Non brillò, è noto, per fedeltà coniugale alla pia e mite Maria Adelaide (morta nel 1855)
Il Savoia regnante al momento dell’unità d’Italia, Vittorio Emanuele II, non apparteneva ai Savoia ma ad un suo ramo cadetto, i Carignano. Vittorio Emanuele diventò re di Sardegna nel 1849 e re d’Italia nel 1861. Nacque nel 1820, morì nel 1878.
Allo scopo di legare alla figura di Garibaldi alcuni dei suoi più fidi gregari, furono iniziati alla Massoneria alcuni suoi sottoposti, tra questi Menotti, Nullo, Missoni, Guerzoni, Guastalla, Nino Bixio… Nigra,stretto collaboratore di Cavour,raggiunse il 33° grado. Vittorio Emanuele si fermò al 30° grado (meno del mediocre Garibaldi) e in punta di morte raccomandò al figlio, Umberto I,di non contrariare la Massoneria, tenersela buona.
“La statua equestre di Vittorio Emanuele
II”.poco regale e di un vergognoso monumento.
Nel 1815 in seguito al Congresso di Vienna finalmente
i piemontesi riescono a mettere le mani sulla nostra città, di fatto comprata
dagli inglesi, i quali a loro volta, l’avevano tolta a Napoleone.
I sabaudi si dimostrano presuntuosi e ostili ma,
soprattutto, secondo i genovesi, completamente inetti alla gestione del porto,
dei commerci e delle questioni marittime.
Così che, quando nel 1849 i Savoia sono costretti
all’armistizio con gli austriaci, stufi dei soprusi subiti, i Genovesi
insorgono e restituiscono la libertà alla Repubblica.
Il re Vittorio Emanuele II ordina
al generale Alfonso La Marmora di sedare
la rivolta: mentre una nave britannica inizia a cannoneggiare la Darsena il
generale, fingendo di trattare con i ribelli, scaglia loro contro
venticinquemila bersaglieri. L’assedio dura sei giorni e, nonostante la
coraggiosa resistenza della Guardia Civica, forte di circa diecimila
effettivi, comandata dal Pareto e dal De Stefanis, Genova
è riconquistata, violentate le sue donne, uccisi i suoi figli, violate le sue
dimore e chiese, nemmeno gli infermi e gli anziani ricoverati in ospedale
vengono risparmiati, in tutto si contano circa novemila morti, la maggior
parte fra la popolazione inerme. Nel testo in francese
di congratulazioni inviato all’alto ufficiale per l’esito della
repressione il re non esita a definire i nostri avi “gente vile, razza
infetta di canaglie” o ancora “i Genovesi son tutti Balilla, non meritano
compassione, dobbiamo ucciderli tutti”. Al generale dei Bersaglieri, per questa
mirabile impresa, viene conferita da un re raggiante la Medaglia d’oro al valor
militare.
Capite bene come il monumento che raffigura il re
in mezzo a Piazza Corvetto sia una vergogna e un insulto alla città. E’ come se
a NY, nei pressi delle Torri Gemelle, venisse eretta una statua dedicata a
Bin Laden trionfante.
Per queste ragioni fino al 1994, anno della
riconciliazione con il Corpo con la tesa rotonda e le piume di gallo, ospite a
Genova in occasione del proprio raduno nazionale, la Superba si
è poi sempre rifiutata di arruolarvi i propri figli.
I Genovesi, “obtorto collo” furono costretti ad
erigere la scultura bronzea in onore del primo re d’Italia incaricando
nel 1886 l’artista milanese F. Barzaghi proprio, ironia della sorte, in
Piazza Corvetto poco distante dal suo acerrimo nemico politico di
sempre, Giuseppe Mazzini.
In
realtà la statua del grande genovese, ritratto in un atteggiamento
pensieroso, era già presente dal 1882 vicina a quella di Maria Drago, l’intrepida madre
sostenitrice.
Il re, rappresentato a cavallo, è immortalato nell’atto
di togliersi il cappello in segno di saluto.
Per alcuni il significato che la scena
sottintende è un bonario segno di scuse, un gesto di riconciliazione.
Per altri, ed io condivido, invece i genovesi in
una sorta di rivincita morale, lo hanno voluto raffigurare in un
gesto di ossequio rivolto al vero padre della patria e alla sua genitrice,
nonché alla Torre Grimaldina, simbolo del potere repubblicano cittadino (in
effetti il sovrano si leva il cappello in quella direzione).
Bisognerebbe chiedere l’opinione delle
novemila vittime sacrificate all’altare delle ambizioni sabaude.
Dal 2008 per volontà della comunità e del Movimento
Indipendentista Ligure sul basamento è stata posta una targa che rammenta
il “vergognoso sacco di Genova”.
La Liguria non ha mai partecipato ad alcun plebiscito di annessione né al Regno di Sardegna né di quello d’Italia quindi, formalmente la gloriosa e mai doma Repubblica, nonostante proprio a Genova siano nati sia il concetto d’Italia che l’unità del Paese, non si è mai sciolta.