Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

1799 IL “VELO DELL’OBLIO” : ERRORE O COLPA DI FERDINANDO IV?

Posted by on Feb 1, 2019

1799 IL “VELO DELL’OBLIO” : ERRORE O COLPA DI FERDINANDO IV?

     Di solito, alla fine di un conflitto, sia esso una battaglia di pochi giorni che una vera e propria guerra di più lunga durata, la storia che viene tramandata ai posteri è quella che reca l’ imprimatur del vincitore.

     Invece, nel caso della parentesi gennaio-giugno 1799, che interessò il Regno di Napoli la regola fece un’ eccezione, che comportò (e comporta tuttora) una lunga serie di diatribe e di accuse, che, a distanza di duecentoventi anni, non riescono ancora né a sopirsi né a trovare una soluzione.

     Avvenne che, sebbene Ferdinando IV avesse riacquistato il Regno ad opera del Ruffo e quindi fosse da considerare a tutti gli effetti il vincitore, diede agio ai vinti di scrivere la storia della loro breve esperienza politica come meglio loro aggradava, permettendogli così di fissare in maniera indelebile quella che sarebbe divenuta “la memoria” del 1799 ; per cui – caso quasi unico nella storia dell’umanità – i traditori della patria vennero elevati al rango di “patrioti” e coloro che erano insorti per difendere la propria patria, i propri beni, , la propria religione, la propria vita vennero considerati nemici della patria e persone non degne di essere ricordate, se non con gli epiteti più offensivi. A riprova di quest’affermazione, la Piazza dei Martiri situata in uno dei quartieri più eleganti della città di Napoli non è dedicata mica ai lazzari, ai sanfedisti o ai realisti, ma ai caduti della Repubblica Napolitana del 1799 (leone morente), ai caduti dei moti carbonari del 1820 (leone ferito dalla spada), ai caduti nei moti del 1848 (leone con lo Statuto del 1848 sotto la zampa), ai caduti dell’epopea garibaldina del 1860 (leone pronto ad attaccare la preda).

     Le motivazioni di fondo che indussero Ferdinando IV a volere che su tutta la vicenda del 1799 venisse steso il “velo dell’oblio” possono essere considerate un errore solo a posteriori. All’epoca dei fatti – come avverrà nel Risorgimento con la damnatio memoriae per le popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie – Ferdinando IV aveva tutte le ragioni per ritenere che, decretando il silenzio assoluto sul triste periodo della Repubblica Napolitana, facendo distruggere finanche i verbali dei processi intentati contro i giacobini, il non parlarne avrebbe favorito pian piano un assopimento degli odi, e i fratelli che pochi giorni prima si erano trovati su posizioni opposte della barricata sarebbero ritornati a convivere pacificamente, come espressamente comandato anche durante i combattimenti sia dallo stesso re che dal suo vicario generale, cardinale Ruffo, che raccomandavano di non usare violenza contro persone notoriamente compromesse a livello politico, purché disarmate e in atteggiamento di dichiarata ed evidente non-ostilità.

     L’iniziativa, invece, fu e viene ancora strumentalizzata dagli epigoni dei repubblicani, che la imputano come colpa a Ferdinando, il quale, in questo modo avrebbe voluto eliminare in via definitiva  prove compromettenti a suo carico, o, comunque, a carico degli organi  della ripristinata monarchia, passando sotto silenzio che, comunque, i repubblicani condannati a morte ebbero un regolare processo  e dimenticando, invece, come furono trattati dai repubblicani i fratelli  Gerardo e Gennaro Baccker, i fratelli Ferdinando e Giovanni La Rossa e Natale D’Angelo, con un “supplizio crudele perché nelle ultime ore del governo, senza utilità di sicurezza ed esempio”, come ammise lo stesso Colletta  dichiaratamente non simpatizzante per i Borbone. [1]

     Nelle ore successive furono fucilate anche altre “undici persone della minuta plebe” e ci sarebbe stata una carneficina se ci fosse stato più tempo. [2]

“… Si era decretato di far morire nella notte il mio caro padre, li restanti fratelli con tutti li compagni carcerati ed sterminare ancora tutte e due le nostre intiere desolate famiglie  fino alli gatti…[3] (Parole della sorella dei Baccher, Angela Rosa, al medico napoletano Domenico Cotugno).

      Non è un mistero che i Borbone fossero più inclini al perdono che alla vendetta. E di prove ne esistono a iosa. Una per tutte il caso di Guglielmo Pepe.[4]  Né sono un mistero le condanne all’ esilio comminate agli esponenti repubblicani e più tardi ai liberali più compromessi al posto della condanna a morte o all’ ergastolo : esilio poi sfruttato dai beneficiati per infangare il nome del benefattore e per continuare a tramare per la sua scomparsa.

Castrese Lucio Schiano


[1] Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli, ed. Napoli, 1970, vol. II, p. 84

[2] Domenico Ambrasi, Don Placido Baccher, Napoli, 1979, p. 37 (l’Ambrasi riporta un’affermazione del Marinelli). 

[3] Domenico Cotugno, Lettere e scritti autografi, Sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli, fondo San Martino, n. 122

[4] Iscritto nella milizia della repubblica, combatté contro i sanfedisti a Portici e a Napoli. Esiliato, riparò in Francia ove entrò nella legione italiana agli ordini di Napoleone. Tornato a Napoli dopo il 1801, congiurò contro i Borbone e fu arrestato per esser poi liberato nel 1806 da Giuseppe Bonaparte. Ristabilitisi sul trono i Borbone, ottenne il comando di una divisione, ma benché spedito per reprimerli, si unì, nel 1820, ai moti carbonari. Dopo il congresso di Lubiana fu sconfitto dagli austriaci a Rieti nel 1821. Nuovo esilio. Ma, nel 1848, Ferdinando II gli affidò il comando dell’esercito spedito nel Veneto contro gli austriaci. Scoppiati a Napoli i moti del 15 maggio, essendo stato invitato dal Re a tornare a Napoli, disobbedì e fu di nuovo sconfitto dagli austriaci. (in Domenico Sacchinelli – Memorie storiche sulla vita del cardinale Fabrizio Ruffo – Edizioni Controcorrente 2004, nota 59 pag. XXXIX dell’Introduzione di Silvio Vitale) ifo

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PRECISAZIONE DI LUCIO CASTRESE SCHIANO

Posted by on Gen 29, 2019

PRECISAZIONE DI LUCIO CASTRESE SCHIANO

UNA DOVEROSA PRECISAZIONE

     In calce all’articolo “Ancora sul 1799” pubblicato sul nostro blog in data 15 gennaio 2019 ho omesso di citare la fonte da cui ho ricavato le notizie tra virgolette relative al modo di intendere la libertà da parte dei repubblicani (sia francesi che napolitani).

     L’omissione è dovuta unicamente al fatto che la citazione della fonte era prevista per l’ intervento successivo che doveva avere per oggetto l’Eguaglianza e la Fraternità.

     Poiché del 1799 si è presentato alla mia attenzione un nuovo aspetto, che mi farà ritardare lo esame dei due restanti elementi della triade repubblicana, provvedo a porre riparo all’omissione.

     Le citazioni sono riportate in : “ 1799 LA GRANDE INSORGENZA Lazzari e sanfedisti contro l’oppressione giacobina”, di Francesco Mario Agnoli – Ed. Controcorrente, 1999 – pag. 193.

Castrese Lucio Schiano

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LICEO CLASSICO DI CASSINO GLI ARTICOLI SUL 1799 (II)

Posted by on Gen 20, 2019

LICEO CLASSICO DI CASSINO GLI ARTICOLI SUL 1799 (II)

Il giorno 18 Dicembre 2018, gli alunni delle classi quarte del Liceo Classico Giosuè Carducci di Cassino hanno partecipato al seminario proposto dall’associazione “Alta Terra di Lavoro”.

Il presidente, Claudio Saltarelli, ha illustrato gli eventi del 1779 e il decennio francese nel meridione d’Italia (1806-1815). Durante il regno del re Ferdinando IV, i francesi capitanati dal generale Championnet scesero in Italia razziando varie città del nord e profanando moltissime chiese. Avvicinandosi al regno pontificio, Ferdinando IV inviò un contingente militare in aiuto del papa ma a causa di alcune negligenze di alti ufficiali, i soldati furono mandati allo sbaraglio, così da permettere ai francesi l’ingresso a Napoli. Il re fu costretto a ritirarsi in Sicilia mentre nel regno i lazzari, devoti a Ferdinando IV, si schierarono a difesa della città. Nonostante la fedeltà mostrata da una parte del popolo, molti cittadini si schierarono dalla parte dei francesi e con uno stratagemma raggiunsero Castel S’Elmo, aprendo la strada alle truppe di Championnet. A Palermo, ricevuto il titolo di comandante generale, il cardinale Ruffo ottenne dal re una nave e sette uomini. Risalendo la penisola alla ricerca di volontari per liberare il regno dall’occupazione, il cardinale organizzò un esercito: l’esercito della Santa Fede. Nell’avvicinarsi sempre più a Napoli, Ruffo aveva ricevuto più volte degli ordini scritti da parte della corte di Palermo in cui lo si diffidava dal concedere patti onorevoli di resa. Ma il cardinale, com’era nel suo stile, decise di avanzare comunque una proposta di pacificazione generale. Ruffo iniziò delle trattative volte a sottoscrivere una capitolazione prima che arrivassero espliciti ordini contrari. Così facendo cercò – nei limiti del possibile – di attenuare le prevedibili sofferenze dei giacobini concedendo loro di optare per la fuga, imbarcandosi o seguendo le guarnigioni francesi, che avevano già abbandonato la città.

Il 24 giugno l’ammiraglio Nelson giunse nel golfo di Napoli e dopo pochi giorni il cardinale Ruffo venne congedato dal comando. Egli, in seguito alla conquista di Napoli, inviò a Roma dei contingenti militari con a capo il generale Gian Battista Rodio. Nel 1805 ritornò a Napoli con l’intenzione di lasciare Roma in seguito all’occupazione napoleonica. Le truppe francesi occuparono anche il regno di Napoli e  il cardinale decide così di recarsi dapprima in Umbria in cerca di protezione e in seguito tornò dal re Ferdinando IV.

Classe IV A

Federico Macrì

Tomassi Chiara

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MARCIA DEI SANFEDISTI DI D.PETROMASI VISTO DA LUCIO CASTRESE SCHIANO

Posted by on Gen 4, 2019

MARCIA DEI SANFEDISTI DI D.PETROMASI VISTO DA LUCIO CASTRESE SCHIANO

    

     Nel campo delle scienze positive sono state avanzate diverse ipotesi aventi per oggetto d’indagine il mondo fisico. Tali ipotesi, verificate nel tempo, hanno portato alla formulazione di leggi e principi, come il così detto effetto farfalla ( che ha studiato l’intima connessione fra tutti i fenomeni di un sistema ) e il principio di Huygens (che ha avuto per oggetto il fenomeno della propagazione delle onde ), i quali hanno dimostrato che una perturbazione prodotta in un qualunque punto dello spazio produce effetti fin nelle sue parti più estreme.

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Insorgenza: vecchie e nuove prospettive

Posted by on Dic 17, 2018

Insorgenza: vecchie e nuove prospettive

1. La questione delle insorgenze


Da qualche tempo – all’incirca una quindicina di anni – il tema delle «insorgenze anti-giacobine» – è questa la terminologia più ricorrente, benché imprecisa (1) – è uscito dalle nebbie di un immeritato oblio ed è riuscito a conquistarsi un po’ di spazio nei canali dell’informazione ed anche, anche se in misura limitata, negli studi.

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