Alta Terra di Lavoro

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CELLOLE – L’Ariella ‘scopre’ la tela sugli eventi del 1799 e sul prodigio dell’apparizione della Madonna di Costantinopoli

Posted by on Apr 16, 2019

CELLOLE – L’Ariella ‘scopre’ la tela sugli eventi del 1799 e sul prodigio dell’apparizione della Madonna di Costantinopoli

CELLOLE – L’evento organizzato dall’associazione ‘Ariella di musica, cultura e tradizioni’, presieduta da Biagio Palladino ed Elena Sorgente, introdotto da Maria Liguori e che ha visto la partecipazione dell’assessore Di Meo e del consigliere Lauretano, dedicata ai moti del 1799 che hanno interessato anche Terra di Lavoro ed il Ducato di Sessa Aurunca, di cui Cellole faceva parte, ha toccato il cuore di tutti. Lì dove c’è memoria, c’è volontà di preservare le proprie origini e le proprie tradizioni. L’associazione ‘Ariella’ nasce proprio con questo obiettivo: tenere vivo nell’animo dei cellolesi la storia di un popolo sulla quale gettare le basi del futuro. Il sodalizio ha attivato una serie di ricerche legate ai fatti del 1799 per comprendere più chiaramente cosa accadeva a Cellole in quel periodo. “Abbiamo ritenuto doveroso come associazione culturale impegnarci nella ricerca, non soltanto consultando i libri di storia, ma anche i documenti presenti negli archivi- ha precisato Biagio Palladino-. E ci siamo imbattuti nella storia di un prodigio tramandato di generazione in generazione dai nostri avi cellolesi secondo il quale i soldati francesi giunti alle porte di Cellole sarebbero stati bloccati nella loro corsa dall’apparizione della Madonna. I cavalli si sarebbero inginocchiati dinanzi a quella visione spirituale e a quel punto i soldati avrebbero deciso di tornare indietro e non occupare anche il nostro paese”. Tale prodigio viene raffigurato anche in una tela, svelata per l’occasione e custodita gelosamente dai familiari, di Francesco Girone, padre del professore Domenico Girone (membro dell’Ariella), realizzata nel 1946 a testimonianza del fatto che alcune storie, pur non potendo essere comprovate, sono radicate nella cultura cellolese e vanno alimentate. “Noi apparteniamo ad una grande storia: la storia di Cellole. Una storia che in alcune circostanze è stata voluta cancellare, come quella della nostra fede- ha dichiarato Elena Sorgente-. Posso immaginare il desiderio di Francesco Girone che nel 1946 ha sentito l’antico dovere di raffigurare in una tela il prodigio del 1799, perché tutti potessero guardare e capire, anche senza saper leggere. Ci siamo chiesti in questi mesi, infatti, se sia mai possibile che tutti i territori circostanti siano stati devastati dall’avanzata francese e Cellole no? Cellole dov’era? Cellole c’era- continua Sorgente-. Abbiamo trovato un buco nero nelle nostre ricerche sul 1799 a Cellole. Ma tanti, come Vito Cicale e padre Giacomo, hanno attivato prima di noi una ricerca per riempire questo buco nero. Ci sono persino dei libri antichi come quello di Nicola Borrelli dei primi dell’800 in cui si parla di questo prodigio. La Madonna di Costantinopoli, protettrice di Cellole, apparsa ai soldati francesi alle porte della città. La fede non può essere comprovata- ha continuato Elena Sorgente-. Ma speriamo che anche questa parte di storia possa avere il giusto riconoscimento”. Il convegno organizzato dall’Ariella, in collaborazione con Claudio Saltarelli dell’Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro, ha voluto soffermarsi sugli accadimenti del 1799 che interessando tutto il Regno di Napoli inevitabilmente si avvertirono anche nel Ducato di Sessa Aurunca. Gli esperti presenti come Fernando Di Mieri, Storico della Filosofia, e Fernando Riccardi, giornalista storico, hanno concentrato i loro interventi su una rivisitazione e reinterpretazione degli episodi in questione. “Non è nostra intenzione lanciare un messaggio diverso dei fatti riportati dai libri di storia- ha introdotto Biagio Palladino-, ma solo fornire due visioni differenti di quanto accaduto. Sta poi ad ognuno di noi interpretare i fatti come ritiene più opportuno”. Il professore Di Mieri ha voluto fornire una chiave di interpretazione degli eventi prettamente teologica. “Nel 1799 il mondo culturale si divide, non è vero che gli intellettuali stanno da una parte e il popolo dall’altra. Chi vuole fornire un’interpretazione di quei fatti come la divisione, il contrasto tra borghesia e ceti rurali sbaglia, interpreta in termini parziali. La visione è molto più ampia e si può pensare maggiormente ad uno scontro tra culture, i sanfedisti da una parte e i giacobini dall’altra”, afferma Di Mieri. “Il 1799 deve essere visto come l’anno in cui i francesi, reduci della loro rivoluzione, hanno tentato di scristianizzare la tradizione religiosa del nostro popolo. Non a caso il cardinale Ruffo utilizza come simbolo della lotta dell’invasione straniera il simbolo della croce”. E Riccardi si sofferma proprio sulla figura del cardinale Fabrizio Ruffo e su quella dell’abate di Cellole, Mattia de Paoli. “Ruffo viene spesso presentato come una leggenda nera dai libri di storia. Ma lui era lungimirante, innovativo”, afferma Riccardi. “Come l’abate Mattia de Paoli, uomo di grande cultura, personalità carismatica che prese in mano le redini del suo popolo invitando i suoi cittadini cellolesi a combattere e proteggere la loro terra dall’invasore. Memorabile è il proclama violentissimo in cui li invita a prendere le armi sotto la guida di un famoso insorgente, Leone Di Tora di Lauro. Insomma, gli uomini di chiesa divennero in quel periodo dei veri e propri soldati”. “Il 1799 è un periodo di svolta- afferma invece Claudio Saltarelli-, dove si consuma un vero e proprio scontro di civiltà tra la tradizione e il modernismo, l’applicazione del pensiero unico che ci ha portato alla creazione del positivismo, alla prima guerra mondiale e alla seconda guerra mondiale dove alcuni valori sono stati sovvertiti. Il 1799 era l’anno in cui una componente aristocratica e popolare cercava di contrastare questo cambiamento. E’ uno scontro di civiltà attualismo. Ed è un nervo scoperto ancora oggi”. Nel corso del convegno l’associazione Ariella ha intonato alcuni canti popolari e si è potuto assistere anche a due monologhi in lingua laborina dedicati a Fuoco e a fra’ Diavolo ed interpretati da Raimondo Rotondi.

Matilde Crolla

IL VIDEO ESCLUSIVO DEGLI INTERVENTI E DEI CANTI DELL’ARIELLA

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Genovesi e la prima cattedra di Economia al mondo

Posted by on Apr 11, 2019

Genovesi e la prima cattedra di Economia al mondo

Per spiegare come sia nata la prima cattedra di Economia nel mondo a Napoli grazie ad Antonio Genovesi, bisogna raccontare la storia di questo illuminista napoletano e precursore del pensiero moderno.

Antonio Genovesi (il cognome era Genovese e solo dopo fu cambiato in Genovesi) nacque il primo novembre del 1713 a Castiglione, in provincia di Salerno, in quello che era il Principato Citra, da una famiglia dalle umilissimi origini. Genovesi è considerato uno dei padri dell’Illuminismo napoletano: Napoli e Milano erano due capitali dell’Illuminismo, due città che producevano idee rivoluzionarie senza il bisogno di confrontarsi con i preparatissimi francesi ed inglesi. Genovesi nacque nel periodo florido di Carlo III, un contesto storico dove l’istruzione era però a disposizione soltanto degli aristocratici e del clero.

Nella piccola Castiglione l’animo di Genovesi era sofferente ed i genitori, per assecondarne la propensione e l’entusiasmo per gli studi, lo avviarono alla vita ecclesiastica. Qui il giovane Genovesi potè spraticarsi soprattutto con le materie umanistiche, visto che questo “passava in convento”.

Ebbe notevoli successi in maniera rapida. Nel 1737 divenne docente di retorica presso il seminario di Salerno; l’anno successivo venne ordinato sacerdote e, grazie a 600 ducati ricevuti in eredità da uno zio, si trasferì a Napoli. Studiò e lavorò presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e conobbe Gianbattista Vico, di cui fu allievo, e nel 1741 ottenne la cattedra in Metafisica ma a causa di ripetute denunce per i suoi scritti (Elementa Metaphysicae pubblicato nel 1743) gli fu assegnata quella in Etica. Ma durante questi anni l’inquietudine di Genovesi non fece altro che aumentare.

Il pensiero di Antonio Genovesi era semplice: era necessario promuovere in ogni modo la cultura e la civiltà per  favorire il benessere e l’aumento dei consumi, perché tutti i progressi andavano di pari passo con l’autonomia della ragione e con l’affermazione della libertà. Concetti estremamente moderni visto che si parla di più di due secoli fa. Lo stato ideale doveva essere una monarchia assolutistica e illuminata e libera da ogni vincolo religioso.  Genovesi era convinto che bisognava diffondere la cultura anche (e soprattutto) nei ceti più bassi affinché potesse realizzarsi l’ordine e l’economia dapprima nelle famiglie, e poi nella civiltà in generale. A tal scopo esortava gli intellettuali ad approfondire “la cultura delle cose”, evitando di perdersi in vane speculazioni metafisiche, che non potevano risolvere i problemi concreti della società.

Carlo III aiutò a concretizzare il pensiero di Genovesi. Il re partecipò attivamente all’allontanamento dei gesuiti e in questo periodo crebbe in lui Genovesi un senso di ribellione nei confronti dei duri dettami della Chiesa. Fu uno dei primi ad affermare con convinzione che la Chiesa è infallibile solo in materia di fede, un concetto davvero rivoluzionario per l’epoca. Antonio Genovesi vide nell’istruzione popolare un fattore determinante di progresso civile. Una considerazione scontata, si direbbe oggi. Non lo era nel ‘700, dove la cultura era appannaggio esclusivo dell’aristocrazia e del clero.

Nel 1754 ottenne la prima cattedra in Economia (Meccanica e Commercio) al mondo grazie ai fondi privati dal toscano Bartolomeo Intieri, amministratore dei beni dei Corsini e del Medici. Le sue lezioni riscossero molto successo tra i giovani, grazie ai temi inusuali che venivano trattati. La fusione tra filosofia e teologia, economia e vita civile, si delineava nell’opera “Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze, ponendosi a mezza strada fra le posizioni di Broggia e Doria e quelle fisiocratiche di Verri; Genovesi era vicino alle idee mercantiliste di Vincent de Gournay. Genovesi in questo scritto sembra che guardi ai giorni d’oggi: infatti auspica l’introduzione di una cattedra in Agraria grazie alla quale i giovani potranno avvicinarsi al mondo della terra in maniera economica e sostenibile.

Il mitico professor Genovesi morì a Napoli il 22 settembre 1769. Si sa che fu sepolto a cura del suo amico Raimondo di Sangro, Principe di San Severo, nella chiesa del monastero di Sant’Eramo Nuovo (o Sant’Eusebio). Ma non ebbe un sepolcro individuabile: fu semplicemente deposto nella cripta. In seguito a delle ristrutturazioni della chiesa nei primi anni trenta del Novecento, tutte le ossa della cripta, fra cui anche quelle di Genovesi. furono trasferite nella chiesa di Sant’Eframo Vecchio

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http://www.storienapoli.it/2018/08/24/genovesi-e-la-prima-cattedra-di-economia-al-mondo/
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Loredana Terrezza una donna del Regno che ribalta uno stupro di uno “Scauzacane”

Posted by on Apr 2, 2019

Loredana Terrezza una donna del Regno che ribalta uno stupro di uno “Scauzacane”

Sabato 30 marzo in quel di Roccamonfina, grazie all’ Ass. San Michele Arcangelo di Gallo, è stata scritta un’ importante pagina di storia identitaria sul brigantaggio insorgente che va dal 1799 al 1860 grazie allo spettacolo creato ed ideato dall’Ass. Id. Alta Terra di Lavoro che per la sua unicità e per il suo tratto strettamente antropologico può aver dato inizio ad un nuovo modo di raccontare e diffondere la nostra storia.

Quando saranno pronti i video, dopo aver pubblicato le foto di Enzo de Maio, li divulgheremo nel giusto modo dando gli onori a tutti i protagonisti dello spettacolo ma oggi abbiamo deciso di dedicare un’attenzione particolare a Loredana Terrezza per la splendida recitazione, in anteprima assoluta, del monologo in lingua Laborina, “Mariuccia” scritta da Raimondo Rotondi.

Mariuccia è un nome di fantasia ma la storia che la vede protagonista è una delle tante storie drammatiche vissute dalle donne della Terra di Lavoro e delle terre Molisane che hanno combattuto e si sono difese a loro modo dalla barbaria degli “scauzacani” venuti dal nord per portare “pace e giustizia” e che indossavano la divisa dell’esercito Piemontese prima e Italiano dopo. Come ci ricorda spesso il Prof. Scafoglio le Brigantesse postunitarie erano pochissime ma per motivi modaioli sono le donne che più riempiono le pagine dei libri di storia identitaria e che sono le più strumentalizzate da particolari ambienti femminili facendole dei simboli che nulla hanno a che vedere con la nostra storia.

Questo fenomeno letterario di basso livello, diverso da quello figlio degli storici archivisti e degli accademici, ha trascurato la guerra che le nostre donne sono state costrette a combattere, per difendersi dai suddetti “scauzacani”, per salvare la propria vita e il proprio onore quasi tutti giorni in quegli anni drammatici che seguirono l’unità d’italia e che per la intuizione dello scrivente, per la scrittura di Raimondo Rotondi e per la volontà dell’ Ass. Id. Alta Terra di Lavoro ha permesso a Loredana Terrezza di sfoderare un’interpretazione che non ha bisogno di nessun commento ma solo di essere guardata nel video di seguito girato da Enzo de Maio

Loredana Terrezza in “Mariuccia”

Claudio Saltarelli

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Massimo Felice Abbate il notaio del Re, ringrazia l’Alta Terra di Lavoro

Posted by on Mar 31, 2019

Massimo Felice Abbate il notaio del Re, ringrazia l’Alta Terra di Lavoro

Ancora complimenti per la serata ieri, “me so fatto chiatto”

1) la splendida interpretazione pasoliniana di Cinzia.

2) le canzoni aspre e ruvide di Silvano, assolutamente non necessitanti dei facili consensi Eugeniani.

3) la magica recitazione di Loredana e dell’altra attrice di cui, mea culpa, non ricordo il nome.

4) Raimondo sempre un numero uno

5) ‘o CORE, (E CHE CORE!) dell’ ALTA TERRA DI LAVORO.

Salutamme


Foto scattate da Enzo de Maio

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LE INSORGENZE NEL REGNO DI NAPOLI E IN TERRA DI LAVORO A SANTA MARIA C.V.

Posted by on Mar 27, 2019

LE INSORGENZE NEL REGNO DI NAPOLI E IN TERRA DI LAVORO A SANTA MARIA C.V.

L’ Archeoclub Italia di Santa Maria C.V”. domenica 31 marzo alle ore 10;30 presso il Salone degli Specchi del Teatro Garibaldi di Santa Maria C.V. organizza in collaborazione con l’ “Ass. Id. Alta Terra di Lavoro” e con il patrocinio del Comune di Santa Maria C.V. un importante convegno  “LE INSORGENZE NEL REGNO DI NAPOLI E IN TERRA DI LAVORO NEL 1799”

    Interverranno Antonio Mirra, Sindaco di Santa Maria C.V, Antonio Crisci, Pres. Archeoclub di Santa Maria C.V. Claudio Saltarelli Pres. Ass. Id. Alta Terra di Lavoro, Fernando Riccardi storico, saggista, membro della Società di Storia Patria di Napoli e Terra di Lavoro e Pres. dell’Ist. Di Ricerca delle Due Sicilie, Conte Giulio de Jorio Frisari, Centro Interuniversitario Internazionale Studi sul Viaggio Adriatico.

     Nel convegno verrà presentato un importante testo che l’ Ass. Id. Alta di Lavoro ha di recente ristampato, in copia anastatica, l’opera scritta da Domenico Petromasi risalente al 1801, “Storia della spedizione del Cardinale Ruffo

     E’ la prima volta che nel nostro paese si compie un’impresa del genere: c’era già stata, infatti, in passato, qualche altra edizione della stessa opera, ma mai una ristampa anastatica, riproducente il testo nella sua versione originale.

     Tale libro, che contiene un corposo ed assai circostanziato saggio introduttivo a firma del suddetto storico Fernando Riccardi, ricostruisce, passo dopo passo e in maniera dettagliata, la straordinaria impresa che nel 1799 portò il cardinale calabrese Fabrizio Ruffo a riconquistare il Regno di Napoli, invaso dai giacobini, con la sua “armata reale e cristiana”, composta esclusivamente o quasi di volontari raccolti strada facendo sotto l’emblema della Santa Croce.

     Una vicenda che la vulgata storiografica dominante non ha trattato, nel corso degli anni, con la dovuta obiettività, gettando sulla stessa una densa patina di oblio.

     La preziosa cronaca di Petromasi, invece, restituisce la giusta proporzione a quegli accadimenti, che molto interessarono anche il territorio del Cilento e la stessa Calabria senza mai sconfinare nella partigianeria oppure distorcere gli eventi.

     Considerata l’importanza dell’opera, che costituisce un “unicum” a livello nazionale, considerato che “Michele Arcangelo Pezza alias Fra’ Diavolo” è stato uno dei principali protagonisti di quel tumultuoso semestre e considerato che anche Santa Maria C.V., anche in questa vicenda ha scritto una importante pagina di storia universale è importante che gli abitanti di Santa Maria C.V. e di tutta la Terra di Lavoro si accostino ad una vicenda storica, quella del 1799, che ancora oggi resta assai poco conosciuta.

    Raimondo Rotondi reciterà in lingua Laborina monologhi teatrali

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