Posted by altaterradilavoro on Gen 14, 2019
La povertà dei temi e delle idee che la repubblica napoletana, Capecelatro la definì “Repubblica da Operetta” ha prodotto e trasmesso sono racchiuse nel monitore napolitano fondato, durante quei pochi mesi del 1799, da donna Eleonora Pimentel Fonseca diventata un simbolo della città di Napoli da fine 800 fino ai giorni nostri, nonostante non abbiamo lasciato nessuna traccia, nessuna innovazione, nessuna nuova idea se non per la sua irriconoscenza verso la casa Reale che l’aveva tolta dalla miseria, se non per il suo alto tradimento verso il popolo napoletano e verso lo stato, se non per la sua attività di collaborazionista dell’esercito Francese invasore che non pensava che a saccheggiare i tesori del Regno e se non per la creazione del suddetto giornale “Monitore Napolitano” che fu solo uno strumento diffamatorio verso i Borbone, verso la realtà dei fatti che stavano accadendo e verso la cosa più importante che è la verità.
Gli stessi organi di stampa e i dispacci militari francesi erano costretti a smentire molti articoli che venivano pubblicati dal giornale che non ha fatto altro che anticipare la stampa e la tv spazzatura che ogni giorno dobbiamo sopportare.
Ancora oggi esiste il “Monitore Napolitano” organo di informazione storica che i giacobini napoletani continuano ad usare per disinformare e modificare la verità storica isolandosi dal reso del mondo che ormai ha preso coscienza di come la verità storica dal 1799 fino ai giorni nostri sia ben diversa. Di seguito pubblichiamo una storia che il nostro Raimondo Rotondi ha ritrovato che non merita nessun commento ma soltanto esser letto, nemmeno i Soviet sono arrivati a tanto.
Claudio Saltarelli
Tra i vari tipi di brigantaggio che
caratterizzarono il periodo postunitario è importante evidenziare quello della
zona di Sessa Aurunca in quanto, tra coloro che lo combatterono, si distinse il
famoso pittore e patriota sessano Luigi Toro, che tanto aveva sacrificato per
gli ideali di Libertà e Unità della Nazione.
Egli sentì il dovere di ritornare a
combattere e lo fece contro i Briganti del suo territorio, quello aurunco.
Nel 1859 Luigi Toro (Lauro di Sessa
CE – 1835- Pignataro Maggiore CE – 1900) si era arruolato nei Cacciatori delle
Alpi ove aveva conosciuto Pilade Bronzetti di Cuneo, a cui dedicherà uno dei
suoi migliori dipinti per celebrarne il sacrificio nella battaglia del
Volturno.
In seguito si unì ai Mille col grado
di sergente alla compagnia delle “Guide Garibaldine“ preposte alla protezione
del futuro Generale.
Durante la campagna siciliana
dimostrò tutto il suo valore, conquistandosi la fiducia dello stesso Garibaldi
che lo volle accanto a sé in diverse occasioni.
Purtroppo dovette assistere alla
morte del suo grande commilitone piemontese Pilade Bronzetti, al quale dedicò
nel 1885 una tela che riproduce “La morte di Pilade Bronzetti a Castelmorrone”,
oggi presente nei depositi del Museo Napoletano di San Martino.
Luigi Toro fu, dunque, uno dei
protagonisti della Unificazione italiana nei momenti decisivi. Quando il
brigantaggio endemico della zona sessana assunse i connotati della reazione con
Francesco II che finanziava i briganti dell’alto casertano, il pittore e
patriota Luigi Toro pensò che fosse il momento di difendere gli ideali per cui
aveva combattuto, nonostante tutto il suo impegno era tutto dedito alla
passione artistica.
In questa fase Luigi Toro fece parte
della Guardia Nazionale con il grado di Maggiore e Comandante del 2° Battaglione.
La Guardia Nazionale, che era sta
un’istituzione del Governo Borbonico, viene riproposta al fine di svolgere
compiti di sorveglianza del territorio a sostegno delle forze governative.
Luigi Toro si guadagnò la fama di
leggendario e intrepido combattente nella repressione del brigantaggio e
Giovanni Sopiti, che gli dedicò una breve biografia così si esprime al riguardo
del pittore e patriota sessano:
“Tutti sapevano del suo
meraviglioso coraggio, e come fosse tiratore insuperabile… e dovunque si annunciasse
che egli fosse per giungere, si disperdevano le masnade brigantesche…tale
elevava a sé luminoso prestigio, che ne era conquista eziandio tutta la
efferatezza di quei malfattori, i quali altresì lo ammiravano, ed erano
costretti ad amarlo, per gli umanitari riguardi che egli adoperava verso le
famiglie di quegli che aveanla abbandonata per darsi alla vita del
bandito.”
Allo stesso modo il pittore e
critico d’arte di Frosinone Costantino Abbatecola rivela:
“Toro mostrò molto coraggio
nella lotta contro i Briganti… In quel tempo Toro si esercitava al tiro della
pistola ed era giunto a tale perfezione che metteva cento colpi l’un dopo
l’altro nel medesimo bersaglio. Questa qualità del Toro, accoppiata ad una
grande influenza morale che esercitava sul mandamento di Sessa Aurunca, ben
conosciuta dai Briganti, bastò a salvare il Paese dalle loro oppressioni perché
credettero prudente non affrontare il Toro, come raccontarono parecchi Briganti
venuti poi in potere della giustizia.“
Ed è proprio sul brigantaggio
sessano che lo storico pignatarese Nicola Borrelli, allievo dell’artista e
patriota risorgimentale Luigi Toro, dà un giudizio “tranchant” molto
negativo del fenomeno del Brigantaggio nell’Alto Casertano, definendolo
fanaticamente “reazionario “ in un testo che avrà tanto successo.
Il titolo del testo è Episodi di brigantaggio reazionario
nella campagna sessana con la cui pubblicazione il Borrelli volle
anche rendere omaggio al suo maestro Luigi Toro, che , proprio nel natio
territorio aurunco, dopo essere stato uno degli artefici dell’Unità lasciò la
passione artistica per dedicarsi alla repressione del Brigantaggio e
riaffermare in tal modo gli ideali di libertà e di giustizia, che avevano
caratterizzato la sua carriera quale Patriota.
Nel libro di Borrelli si fa
riferimento al Posto di Guardia in Piedimonte di Sessa, istituito dal Maggiore
Luigi Toro in relazione ad un documento inviato al Comandante della Guardia
Nazionale di Carano in data 8 aprile 1862.
In esso il Comandante Toro informa:
“Conseguentemente alle mie
ispezioni fatte ai diversi Quartieri, ho avuto agio di osservare la posizione
strategica di Piedimonte, la quale richiede un Posto di Guardia a sé; perlocché
Ella sarà compiacente disporre che sia subito aperto il locale e fornito della
corrispondente forza, nella intelligenza che tale servizio dovrà prestarsi dai
militi del Paese nel qual caso essi non presteranno più servizio nel Posto di
Carano”.
Anche in tale momento storico Luigi
Toro dimostra la sua audacia e il suo coraggio misto alla generosità che lo
stesso Borrelli esplicita nella maniera seguente:
“La sua maschia figura di
gentiluomo franco, benefico, generoso, coraggioso fino alla temerarietà gli
ottennero l’illimitato rispetto da parte dei tristi banditi che nei primi anni
postunitari gettavano il terrore nella Provincia, proprio quando il Toro, nella
qualità di Maggiore della Guardia Nazionale, era incaricato della repressione
del Brigantaggio e da questi mostri feroci che egli sfidava ogni giorno non gli
fu torto un capello… anche quando avrebbero potuto impadronirsi di lui,
vendicarsi , finirlo, ma che, per rispetto, non l’avrebbero mai fatto…”
Furono soprattutto le bande dei
fratelli Francesco ed Evangelista Guerra, di Alessandro Pace, di Francesco
Tommassino e di Giacomo Ciccone e Luigi Alonzo detto Chiavone ad imprimere una
direzione politica reazionaria al fenomeno del brigantaggio.
Inoltre vi era quel Domenico Fuoco
che si definiva “ Capitano e ajutante del Re Francesco II”.
In raccordo storico con il Brigantaggio
prodotto dalla reazione “borbonico-pontificia ” del Cardinale Ruffo
che si era servito dei “famigerati” Fra Diavolo e Mammone, i ”
tristissimi ” briganti che furono sovvenzionati dai Borbone, anche in tal
caso la ferocia dei Capibriganti – sostiene Borrelli – era dovuta anche alla
speranza che un probabile ritorno del re Borbone avrebbe apportato benefici
notevoli.
Nell’agro aurunco, secondo lo
storico, i Borbone aveva lasciato tale “scia di ignoranza, di incoscienza
e di abbruttimento” da procurare un forte sentimento di odio contro la
società borghese dell’ agiatezza e, dell’ozio e dello sfruttamento. Precisa
infatti lo storico Nicola Borrelli:
“le barbari leggi che
regolavano le triste accolte, perfezionarono via via la criminalità del
gregario e trasformavano presto in terribili tipi di grassatori o di assassini
i novizi, sovente passati alla banda, come dicemmo, per una leggerezza, un
errore, in un momento di sovreccitazione, sotto l’impulso di un rammarico o
d’uno sdegno talvolta giustissimi”!
Scrive ancora Borrelli: “V’era,
in tal caso – disperata ma vera – una via di salvezza, una via irta di pericoli
e d’incognite, ma ricca di speranza, di promesse, di rivendicazione: la
campagna, la banda” ma alcuni andavano ad ingrossare le file dei Pace dei Guerra,
dei Cedroni, degli Anfrozzi, dei Ciccone, che però non erano altro che
“bieche figure di malvagi, spesso avanzi dell’esercito Borbonico.
La ribellione del brigantaggio nella
zona sessana aveva quindi un’impronta ed un’insidia in quanto collegato al
revanscismo borbonico.
Il Borrelli , appassionato di
pittura e che diventerà un discepolo di Luigi Toro, accogliendolo nella sua
casa di Pignataro Maggiore (CE) negli ultimi anni di vita, rende omaggio alla
sua figura di patriota che fu coerente con i propri ideali di libertà nel
periodo di conquista dell’Unità della Patria, prima combattendo con i Mille per
liberare il Mezzogiorno dai Borbone e poi ritornando in prima linea a difendere
l’Italia dai briganti prezzolati dagli stessi nel periodo postunitario nel
proprio territorio natio di Sessa Aurunca, a confine con lo Stato Pontificio.
Lo storico Borrelli, a proposito di
tale brigantaggio che imperversava nella zona sessana, non ha esitazione a
collocarlo, quindi, in maniera decisa quale tentativo borbonico di suscitare
una guerriglia politica ai fini della restaurazione scrivendo:
“Questo, nella sua semplice trama psicologica, il fenomeno del Brigantaggio così detto politico – reazionario, di cui fu teatro Terra di Lavoro, e particolarmente la contrada di cui trattiamo, negli albori della nostra santa indipendenza.”
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Posted by altaterradilavoro on Mag 18, 2018
Premio Terra Laboris
Edizione 2018
27 maggio alle ore 17
a San Lorenzello (BN)
presso “Palazzo Massone”
Schola Cantorum San Lorenzo Martire
“Nicola Vigliotti”
I VINCITORI DEL PREMIO TERRA LABORIS 2018
“Papa e Cuorenero della Dolceamaro Srl”
opera nel settore dolciario ed è diventata un’ eccellenza mondiale ed orgoglio del Regno. Claudio e Silvano Papa, fondatori dell’azienda, sono anche loro natii della Terra di Lavoro e questo ci fa ancora più piacere. di seguito poche righe prese dal sito ufficiale dell’azienda.
Space4Life composto da Mattia Barbarossa, Dario Pisanti e Altea Nemolato
Con il loro progetto. Radio-Shield, hanno vinto il concorso Lab2Moon, indetto da Team Indus (un gruppo indiano).
Al concorso-competizione, hanno partecipato 3.400 concorrenti di tutto il mondo.
La cerimonia si è svolta a Bangalore, dove sono convenute le prime quindici proposte (sulle 3.400 iniziali) e tra le quali, poi, è risultato vincitore assoluto il trio napoletano.
Presidente
Claudio Saltarelli
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