Posted by altaterradilavoro on Giu 3, 2019
Oggi, domenica 2 giugno, si celebra la Festa della Repubblica in ricordo del controverso Referendum del 1946 dove per la prima volta poterono votare anche le donne e col quale, formalmente ed ufficialmente, per due milioni di voti in più rispetto alla Monarchia sabauda, vinse la Repubblica. La Repubblica Italiana, un progetto pre-risorgimentale di Giuseppe Mazzini che nel 1831 concorse a legittimare arbitrariamente il disegno di un’Italia unita che si perfezionò con Cavour (che però la consegnò nelle sanguinarie mani della monarchia sabauda).
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Posted by altaterradilavoro on Gen 26, 2019
In 158 anni della storia italiana, lo “stivale” è stato spesso oggetto di particolari attenzioni da parte di altre Nazioni . Da noi, al Sud, si è iniziato durante le campagne con l’invasione tosco – padana, per la cosiddetta unità d’Italia, quando l’interesse della corona britannica era volta alla crisi e allo sconvolgimento violento del Regno delle Due Sicilie, per l’affermazione del loro modello politico di sviluppo e pseudo progresso e per la definizione di una Sicilia inglese a guardia dei traffici commerciali del Mare Mediterraneo, ma soprattutto per il totale dominio egemonico, politico, sull’Europa e il Medio Oriente. Per questo quindi si comprende il loro supporto all’ascesa sabauda nelle Terre del Borbone e, soprattutto per le azioni di un bandito come Garibaldi aiutato, con prove oramai assodate, dalla Massoneria. Il massone Garibaldi venne fortemente supportato dalla Massoneria Inglese per lo sbarco in Sicilia e nell’azione di conquista delle Due Sicilie. Qualche tempo dopo, lo stesso Mussolini risulta uomo degli inglesi, dai quali percepiva 100 sterline alla settimana da Sir Hoare per la propaganda a favore degli interessi inglesi. Lo stesso Churchill ne favorì l’ascesa al potere. Gli interessi inglesi non contemplavano una nostra emancipazione dalla dipendenza energetica e quindi anche politica. Infatti con la chiusura nel 1923 della Dgc (Direzione generale combustibili )si spalancarono le porte alla Gran Bretagna non solo del mercato italiano, ma, attraverso l’Italia, le vie del petrolio dal Medio Oriente verso l’Europa. Nel dopo guerra gli Usa, tramite il Piano Marshall, decisero di cancellare un moto meridionale, alimentando il nord italico a nostro discapito, la Padania era troppo vicina al pericolo Rosso dei paesi dell’est confinanti , quindi si intensificarono le loro industrie, il benessere, l’artigiano e il terziario, aiutando la loro crescita socio economica, riempiendo i paesi settentrionali di “braccia terroniche”, necessarie per la manovalanza operaia, svuotando le campagne del Mezzogiorno, creando così un depauperamento che neanche i Savoia maledetti riuscirono a realizzare, aprendo un buco Nord-Sud che oggi è diventata voragine; stesse valutazioni vanno fatte per la questione che portò alla “caso” Mattei; in seguito altri attacchi alla sovranità italiana e alla sua libertà politica si sono susseguiti e tutti concepiti con la logica della destabilizzazione funzionale all’assalto finale. Il periodo degli anni di Piombo è stato un altro esempio dell’intromissione di Albione e lo Zio Sam nelle faccende italiche, dove l’abilità dei servizi ha confuso le carte e solo ora se ne è capito il ruolo e l’esistenza sul campo. In quella circostanza chi ha pagato è stato Aldo Moro, l’ultimo ostacolo (così si è creduto) alla politica di controllo della propria autonomia nazionale. Fino ad esso comunque il paese ha pare resistito a questa lunga guerra anche se ultimamente si sono subiti molti danni, perché l’attacco è stato portato attraverso gli strumenti finanziari ed economici, grazie alla “disponibilità” dei recenti capi di Governo e l’avvallo del maggior garante delle Istituzioni repubblicane. Oggi, a questo, si va ad aggiungere qualsiasi elemento che crei la fase preparatoria della destabilizzazione del sistema che oramai è molto fragile. La destabilizzazione tocca temi che vanno alla pancia della gente gestendone attraverso i social e i nuovi sistemi della comunicazione gli umori emotivi facilmente manipolabili. Montare l’insofferenza sociale per aumentare il livello di destabilizzazione. I burattinai del fenomeno sono convinti di essere arrivati quasi alla meta e hanno lanciato le ultime frecce al loro arco nel tentativo di accelerare i tempi: le avvisaglie sono tante, ultimamente con “il golpe” all’Amatriciana di cui si è parlato per mesi sui social, da qualche anno con i partiti vaffanculiani nati sul Britannia e le tante organizzazioni che vanno per il mare in cerca di “Taverne”. Tra l’altro non hanno grandi problemi di soldi, visto che questi sembrano provenire dal gruppo Bilderberg e dal Musk. Una cosa dunque è certa: il Paese per qualsiasi motivo politico o economico a cui ci si voglia riferire è, nel suo controllo politico, appetibile, un continuo “mezzogiorno”. Per noi duosiciliani , per ciò che proclamano e per ciò che fanno, a norma di legge, il discorso Italia dovrebbe essere pure chiuso. C’è un pericolo reale e questo va affrontato con gli strumenti adeguati che lo Stato ha, senza timori o tentennamenti, ma solo con fermezza e determinazione nell’applicazione della legge, ma sono cose loro. Il nostro appello è rivolto a coloro i quali hanno squassato il nostro territorio, la nostra storia, il nostro futuro, per loro imprudenze siamo passati da regno in espansione, sostituendo oserei dire per semplificare l’idea indicando i dettami di Thomas More, ad un cosmo non consono alla nostra più profonda identità, chiamato oggi “neoliberismo”, che ha generato però nel nostro territorio solo disordine, emarginazione, delinquenza organizzata.
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Posted by altaterradilavoro on Dic 18, 2018
Anni ’50. Bovalino, andata e ritorno
Non credo che chi, in
passato, avviava un’industria in Calabria fosse spinto dallo spirito del
profitto. L’avarizia era connessa alla rendita, al commercio, alle libere
professioni. Semmai, nelle attività industriali, il profitto era il metro che
misurava il successo, mentre le perdite erano l’indicatore opposto. Prima e
durante la guerra, nell’antica terra del padronato fondiario, arrivò il tempo
dei pastifici e dei mulini. Fu una gara a chi ci sapeva fare, come nelle corse
in bicicletta dei dilettanti. Ne sorsero dovunque. In un certo senso fu una
rivolta della provincia contro Napoli e il suo hinterland, nonché la messa in
discussione di Messina che, con i Molini Gazzi, esercitava una sua indiscussa
egemonia sulla panificazione in Calabria. D’altra parte, a quel tempo, il porto
di Messina faceva da struttura di sbarco per le merci dirette in Calabria e in
partenza dalla Calabria, in particolare per le arance e i limoni che andavano
in Inghilterra e nei paesi del Nord. Una rivolta contro il passato rusticano.
Da vecchio sidernese, ricordo il successo che ottennero il pastificio e il
molino Cataldo; da (in quegli anni) studente di stanza a Locri quello di un
altro pastificio Leonardi e del Molino Fiamingo.
Queste imprese partivano
con un capitale proprio. La banca (di regola il Banco di Napoli) aggiungeva
come è naturale una parte o tutto il capitale d’esercizio. Siccome nuora non fa
cosa che suocera non sappia, anche se non ho mai studiato l’argomento, credo di
poter dire che il Banco si muoveva in forza di una direttiva del governo. La
prevalenza delle imprese a capitale proprio è un indicatore negativo che rivela
la modestia del capitale investito e l’involuzione del sistema meridionale
rispetto all’ultima età borbonica, allorché la forma della società per azioni
ebbe tale e tanta fortuna da sorprendere positivamente un’economista della
statura di Ludovico Bianchini. Nel Sud unitario questo tipo d’impresa, che
raccoglie i capitali presso il vasto pubblico divenne (ed è) una cosa di cui si
legge sui giornali che il Nord ci manda. Comunque, più che il credito bancario,
l’agevolazione a favore dell’industria molitoria proveniva da una disposizione
legislativa, in base alla quale i molini, dovunque insediati, ottenevano il
grano allo stesso prezzo; cosa resa possibile dall’ammasso obbligatorio del
grano, con lo Stato che fissava il prezzo di conferimento e il prezzo di
vendita. Traducendo la regola in termini di opportunità concrete, avveniva che
i grani teneri centrosettentrionali potevano arrivare alle piccole imprese del
Sud senza pagare una mediazione ai grossisti e franco magazzino (espressione
del gergo commerciale per dire che il trasporto viene effettuato a carico e a
rischio del fornitore)
Fino a che non ci fu la
levata di scudi contro il Mezzogiorno da parte della Confindustria, del
Corriere della Sera, di quel furfante di Montanelli, il quale insaporiva con
l’arte della scrittura i peggiori veleni distillati nei laboratori del
municipalismo padano, i nostri poveri paesi di Calabria videro un pullulare di
piccole iniziative industriali. Mauro-Caffè (in appresso salita di scala),
Spatolisano, Canale Costantino, Lecce, D’Alessandro, il saponificio Audino, i
lanifici e i cotonifici nell’Alto Tirreno cosentino, le fabbriche di laterizi e
le raffinerie delle sanse dovunque, la Calce idrata D’Agotino sono un ricordo
personale e non certo un elenco esaustivo, che forse neppure la Camera di
Commercio ha mai compilato.
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Posted by altaterradilavoro on Set 26, 2018
Leggendo gli scritti di Francesco Saverio Nitti del 1900, in cui fa una lucida analisi della politica colonialista dello Stato italiano nei territori del conquistato Regno delle Due Sicilie si rimane sconcertati. Li si può leggeri come una analisi che descriva le attuali condizioni socio economiche del Meridione e delle politiche economiche dell’attuale Stato italiano.
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Posted by altaterradilavoro on Mag 15, 2018
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
La Prima Guerra Mondiale vide l’Italia combattere contro l’Austria-Ungheria. Sebbene il conflitto avesse prosciugato le risorse di tutto il paese, il meridione ne risentì il peso più delle aree maggiormente sviluppate. Le commesse belliche, infatti, si concentrarono nelle poche provincie industrializzate, ciò che ne favorì un significativo incremento della produzione industriale.
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