Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Il Vespro L’eredità di Federico II e gli eventi che portarono al “Vespro”

Posted by on Lug 31, 2020

Il Vespro L’eredità di Federico II e gli eventi che portarono al “Vespro”

Prima di metter mano a raccontare i “mitici” eventi del Vespro, quella rivolta di popolo che tanto ha solleticato la fantasia di molti autori siciliani e non, è opportuno cercare di delineare, almeno per grandi linee la situazione che si venne a creare in Sicilia ed Europa dopo la morte di Federico II: la questione della successione al trono di Germania e di Sicilia, i diritti sul trono di Sicilia rivendicati da Costanza, moglie di Pietro III d’Aragona e nipote di Federico II, l’ascesa economica e politica del francese Carlo conte d’Angiò e la sua nomina a paladino del papa.

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Breve Storia delle Due Sicilie

Posted by on Dic 13, 2019

Breve Storia delle Due Sicilie

Nel 1130, notte di Natale, con una fastosa cerimonia Re Ruggero II sancì a Palermo la nascita del Regno di Sicilia. Da quella notte, tutto il Sud della penisola italiana, dagli Abruzzi alla Sicilia, fu unificato nel primo vero Stato come nazione indipendente con capitale Palermo.

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Dossier: Ecco quando è iniziata la Crisi dell’Italia: era il 1992 sul Panfilo Britannia

Posted by on Mag 6, 2019

Dossier: Ecco quando è iniziata la Crisi dell’Italia: era il 1992 sul Panfilo Britannia

Il tutto è iniziato il 2 giugno 1992, nei pressi di Civitavecchia, sul Britannia, il lussuosissimo panfilo della Regina Elisabetta.

I più grandi banchieri anglo-americani lo affittarono a peso d’oro con lo scopo di avere un luogo sicuro in cui poter “chiacchierare” con gli italiani. Su quel panfilo l’Italia venne svenduta alle banche internazionali.

Lì venne decisa la scellerata privatizzazione dei principali beni dello Stato italiano. La SIP, le autostrade, ENI, le Ferrovie dello Stato, le Poste e addirittura la Banca d’Italia. Fino a quel momento tutti noi contribuenti italiani, con le nostre tasse, sovvenzionavamo tutte queste aziende. Dopo la riunione galleggiante, tutto venne privatizzato e svenduto alle banche. Da allora sono state licenziate migliaia di persone, i treni sono sempre più in ritardo, spedire un pacco costa sempre di più, la bolletta della luce é lievitata, il casello dell’autostrada é costantemente aumentato per ogni tratta, fino a triplicare ovunque il prezzo, senza che la qualità delle strade sia effettivamente migliorata. Ma quanti casellanti sono stati sostituiti dal Telepass o da quelle macchinette mangia soldi? A me stavano simpatici, con i loro musi lunghi e il loro cenno con il capo che sostituiva la parola “buona giornata”. Preferivo di gran lunga che i soldi delle mie tasse andassero al casellante burbero, al secondo conducente del treno che non faceva niente (da quando questa figura è stata rimossa gli incidenti ferroviari sono aumentati a dismisura), al postino che era sempre al bar, al ragazzetto che leggeva il contatore della luce.

Ora i soldi delle nostre tasse vanno nelle mani dei banchieri internazionali del Britannia che detengono azioni e hanno diverse partecipazioni nella gran parte delle aziende ex statali che sono state privatizzate ma che continuano a essere pesantemente sovvenzionate dal governo, con i nostri soldi.

La SIP é diventata Telecom, le Poste sono diventate Poste Italiane, le Ferrovie sono diventate Trenitalia e via discorrendo. Le spese più imponenti sono a carico di noi contribuenti, perché se ne fa carico lo Stato (vedi la copertura del pesante buco di bilancio di Trenitalia ad esempio) ma gli utili se li spartiscono loro. Ai banchieri evidentemente piace vincere facile.
Il nodo cruciale dell’intera vicenda delle privatizzazioni sta nel fatto che non sono state approvate per risanare il Bilancio dello Stato, per aumentare la competizione tra le varie aziende, favorire il libero mercato e rendere più efficiente il servizio (cosa che effettivamente sarebbe stata utile) ma soltanto per favorire le grandi banche padrone del mondo.

La svendita della nostra Italia è avvenuta su un Panfilo, non in un Parlamento o in una qualsiasi altra sede istituzionale. La voce del popolo non è stata ascoltata. Il Parlamento non serve forse per far parlare il popolo attraverso i membri eletti democraticamente e messi lì dal nostro voto? Mario Draghi, Romano Prodi, Giuliano Amato & Company, che diritto avevano di discutere del futuro dell’Italia su quel panfilo? Certe cose non andrebbero discusse nelle sedi opportune per consentire il normale svolgersi della democrazia?

Invece tutto è stato deciso in mezzo al mare, lontano da occhi indiscreti. Quasi si trattasse di una segreta “riunione massonica”. Se poi consideriamo che Draghi, Prodi, Amato e circa il 90% dei partecipanti alla riunione fanno parte del Club Bilderberg… beh, lascio fare a voi 2+2.

La riunione galleggiante passò in sordina, i media non ne parlarono. Non per connivenza o sudditanza, ma perché chi organizzò la svendita del nostro paese sapeva benissimo che tutta l’attenzione degli italiani era puntata sul coevo scandalo di Tangentopoli, che stava facendo affondare l’intera classe dirigente italiana.

Chi invece stava letteralmente a galla e con il vento in poppa, erano quei pochi politici ed imprenditori italiani che si salvarono da Tangentopoli, lo scandalo che indignò gli italiani. I pochi superstiti si trovavano già sul Britannia ad architettare una imponente svendita. Sembra quasi che la classe politica italiana non riesca proprio a fare a meno di farci incazzare. E il tutto senza perdere tempo! Lo scandalo delle tangenti era ancora caldo eppur già si lavorava ad una nuova e scandalosa decisione, che non solo ci avrebbe indignati, ma qualche anno dopo, ci avrebbe addirittura dissanguati. Con il passaggio dell’uragano “Tangentopoli” noi illusi italiani, avevamo pensato che potesse iniziare un periodo migliore per il nostro Paese. Ora sappiamo che già nello stesso periodo delle inchieste di Di Pietro, ci stavano per preparare alla più grande inculata della storia. E pensare che con Tangentopoli pensavamo di aver toccato il fondo. Su quel panfilo l’Italia fu venduta per trenta denari. Addirittura fu venduta la Banca D’Italia, il bene supremo della collettività e simbolo della sovranità monetaria del popolo. Da allora si chiama Bankitalia ed é in mano alle banche private italiane, commissariate dalla BCE e in balia dei mercati finanziari, guarda caso gestiti, con le più abili speculazioni finanziarie, da quei ricchi banchieri che affittarono il panfilo dalla vecchia inglese e giunsero a Civitavecchia per comprare l’Italia.

La cosa più brutta è che i nostri “politici” glielo permisero. Per far ciò era necessaria la privatizzazione dei beni dello Stato, ovvero trasformare tutte le aziende statali in S.p.A. Che tramite il mercato finanziario e la compravendita delle azioni avrebbero potuto essere acquistate e controllate dai grandi speculatori internazionali. Cosa che avvenne con la piena accondiscendenza di Draghi, Prodi, Amato & Co.

Sotto il nome di “privatizzazione” era celato l’inizio della fine. le nostre braghe vennero calate; poi, nel seguente decennio, ci hanno messo lentamente a 90. Oggi, sono passati 20 anni e la paura cresce. Siamo inermi ed incolpevoli, ci stanno per ingroppare a causa di quei quattro incapaci che, chissà come, si sono trovati su quel panfilo a dover decidere per le nostre chiappe. Possiamo solo sperare che la crisi finisca prima che le banche mondiali ci inculino selvaggiamente, lasciandoci tutti sul lastrico. E brucierà. Brucierà davvero tanto ora che sappiamo che le nostre natiche sono state così subdolamente svendute.

Secondo Antonella Randazzo, autrice del libro “Dittature. la storia occulta”, i principali artefici del Sacco d’Italia furono gli economisti Mario Draghi e Giulio Tremonti; l’allora presidente Iri, Romano Prodi; quello dell’Eni, Franco Barnabè; il dirigente dell’Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell’Iri Riccardo Galli. Furono loro i principali sostenitori della svendita dell’Italia alle banche straniere.

Per far approvare la dismissione dei beni italici, agli amici del Britannia, serviva qualcosa di forte. Qualcosa tipo una lira più debole, un bilancio ancor più disastrato e il declassamento dei nostri BOT. Tutte cose che vennero concordate su quel panfilo, con la piena accondiscendenza dell’intera classe politica italiana, di destra e di sinistra, viziosamente uniti nel male.

Ci si accordò per una supersvalutazione della lira. Il compito fu affidato al cattivone di turno: George Soros, super finanziere d’assalto di origini ungheresi ma yankee d’adozione, a capo del Quantum Fund e protagonista di una incredibile serie di crac provocati in svariate nazioni nel mirino degli Usa, potendo contare su smisurate liquidità capaci di creare default ad hoc e svalutazioni create ad arte. La svalutazione della lira raggiunse il 30%, il super attacco speculativo alla nostra moneta costrinse l’allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, a prosciugare le risorse della banca centrale, bruciando 50 miliardi di dollari per arginare l’imminente tracollo della nostra economia monetaria: in pratica ci costrinsero a mutilare il nostro bilancio.

Moody’s, l’agenzia di rating, completò l’opera declassando i nostri Bot. Un attacco speculativo ad opera d’arte.

Diverse procure italiane (fra cui Napoli e Roma) avviarono delle inchieste contro l’attacco speculativo e il super-aggiotaggio di Soros nei confronti dei nostri mercati. Soros venne accusato di aggiotaggio e insider trading, avendo utilizzato informazioni riservate che gli permettevano di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e valori delle monete. Una immensa frode legalizzata che avrebbe colpito tutti i cittadini-risparmiatori italiani ed avrebbe portato alla odierna recessione. Inutile dirlo le inchieste furono un buco nell’acqua. Nessun potente speculatore venne incriminato, nessun politico italiano fu mai dichiarato colpevole.

Neoambasciatore inglese a Roma ed esponente di spicco della finanza anglo-americana dichiarò sbeffeggiante: «continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la necessità di essere trasparenti nelle privatizzazioni, di proseguire in modo spedito e di rimuovere qualsiasi barriera agli investimenti esteri». Volevano a tutti i costi mettere le mani sui nostri beni, era così palese. Dovevamo fermarli. Purtroppo, però, siamo un popolo tradito dalla nostra classe dirigente, e non abbiamo i mezzi per farlo. Che desolazione.

FONTE:

http://www.stopeuro.news

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IL GIRO D’ITALIA E LE CROCIATE

Posted by on Dic 18, 2018

IL GIRO D’ITALIA E LE CROCIATE

Il paragone azzardato del direttore della Gazzetta dello Sport non tiene conto della vera storia delle Crociate, ma della leggenda nera creata dalla propaganda anticristiana

Quest’anno, chissà perché, il Giro d’Italia è partito daGerusalemme. Giro «della pace» lo hanno definito, pace tra israeliani epalestinesi si suppone, visto quel che accade al confine di Gaza. Dopo ventunotappe terminerà a Roma con una cronometro. Traverserà tutta la Sicilia in lungoe in largo, poi risalirà dalla Calabria, taglierà la Penisola di sghembofinendo sulla costa Est, poi percorrerà la Padania dal Veneto fino al Piemontee alla Liguria, per, infine, sbarcare, appunto, a Roma. Da Gerusalemme a Roma,un tragitto che la Gazzetta dello sport ha individuato come «il cammino delleCrociate all’incontrario».

LE DIFFERENZE
Fatte salve le debite differenze storiche (i crociati del Nord Europapercorrevano la via balcanica), le dissonanze tra i due eventi non sono poche,e val la pena di rifletterci sopra un attimo. Tanto per cominciare, i ciclistidel Giro partecipano con la speranza di tornare onusti di gloria e di soldi. Icrociati, al contrario, si indebitavano spesso oltre ogni sopportazione e tornavano,quelli che riuscivano a tornare, alcuni feriti o mutilati, tutti molto piùpoveri di quando erano partiti.
Lo storico Riley-Smith ha dimostrato che i crociati affrontarono spese enormiper pagarsi il viaggio, fino a quattro-cinque volte il loro reddito annuo,talvolta vendendo o impegnando i loro beni e spesso a scapito della famiglia.Per l’equipaggiamento di un cavaliere si spendeva una cifra pari a quellaoccorrente oggi per comprare un’automobile di grossa cilindrata. I prìncipidovevano affrontare spese da capogiro. Per fare un esempio, Riccardo Cuor diLeone per la sua crociata nel 1190 dovette affittare cento navi, comprarecinquemila cavalli e dotarli di dodici ferri ciascuno, pagare gli estensoridella mappe necessarie, gli interpreti, i manovali capaci di costruire torrid’assedio, eccetera. «Solo la fede poté aver fatto quanto in ciò vi era dibene, l’integra fede di pochi, la fede parziale di molti», scrisse il poetaThomas S. Eliot ne I cori della rocca (VIII). Una fede che indusse migliaia emigliaia di nostri antenati a rovinarsi economicamente per andare a buttarequalche anno della propria vita, o la vita stessa, in un viaggio infinito versole sabbie e le sofferenze e i bollori della Palestina. Con la speranza di unsolo premio: la salvezza della propria anima.
Ed ebbe qualcosa di miracoloso il permanere dei regni cristiani in una esiguafascia di terra stretta al mare e schiacciata per tre lati dell’immensa mareamusulmana. Due secoli resistettero, e finché i crociati furono là, la secolareaggressività islamica segnò il passo, per poi riprendere alla conquistadell’Europa dopo la caduta alla fine del XIII secolo dell’ultimo baluardocristiano in Terrasanta, Acri.

LE SOMIGLIANZE
Ma c’è qualcosa di vero in questo parallelo, della «Gazzetta», tra Gerusalemmee Roma. Fino al 1292 (caduta di Acri) i cristiani ebbero una sola città santa:Gerusalemme. Là aveva vissuto, era morto ed era stato sepolto il loro Dio,Cristo. Che diritto avevano i musulmani? Per questi ultimi, anzi, Gerusalemme era«santa» solo in terza battuta, prima venivano La Mecca e Medina. Non eranemmeno citata nel Corano. Tanto ci tenevano, i cristiani, che il papaInnocenzo III per due volte, nel 1213 e nel 1216, cercò di ottenerla per viadiplomatica, «per evitare ulteriore spargimento di sangue», la chiese«umilmente» a Safadino (fratello di Saladino) «in nome dell’unico Dio».
Addirittura Riccardo Cuor di Leone propose un condominio, offrendo a Safadinola mano di sua sorella Giovanna. I crociati pisani arrivarono a riempire lestive delle loro navi di terra palestinese, «terra santa», e con essaapprontarono il Campo, appunto, Santo, vicino al loro duomo. Così grande era ildesiderio di chi non era potuto partire di essere almeno seppellito in quellaterra. Altre città imitarono Pisa ed ebbero anche loro un camposanto. Perdutaper sempre Gerusalemme, otto anni dopo il papa Bonifacio VIII ebbe l’idea disostituirla con Roma: dal sepolcro di Cristo, ormai impossibile, a quello degliApostoli.
E l’indulgenza plenaria venne applicata al viaggio a Roma. Fu il primoGiubileo, quello del 1300, cui partecipò anche Dante. Caricare tutti questiricordi sulle spalle curve dei ciclisti del Giro è effettivamente troppo eimproprio. L’unica somiglianza è, questo sì, l’internazionalità deipartecipanti: l’olandese Tom Dumoulin, vincitore della passata edizione,contenderà la maglia rosa al favorito, l’inglese Chris Froome. Tutto qui.

Rino Camilleri

fonte http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5165

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IL SOLDATO NAPOLITANO

Posted by on Apr 6, 2016

IL SOLDATO NAPOLITANO

tempo fa dal blog degli amici del Comitato delle Due Sicilie di Fiore Marro trovai un bellissimo articolo, a firma di Mario Montalto, che oggi pubblico dove si parla del soldato napolitano. in molti hanno già scritto sui soldati napolitani ma non sempre ho trovato un’attenzione per quelli morti durante le due grandi guerre e addirittura napoli è stata la città al mondo che ha dato più vittime. vorrei dire a tutti quelli che parlano del soldato napolitano come soldato imboscato facesse silenzio perché la storia ci dice il contrario, il più eroico il più audace e il più fedele. di seguito il bell’articolo.

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