Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

RAIMONDO ROTONDI IL POETA DELLE DUE SICILIE

Posted by on Lug 18, 2024

RAIMONDO ROTONDI IL POETA DELLE DUE SICILIE

Raimondo Rotondi da anni coltiva la passione della letteratura laborina spaziando da editoriali giornalistici a quelli storici, dalla scrittura di monologhi teatrali alla poesia che gli ha permesso di farsi conoscere e apprezzare in terra di lavoro e in tutta la penisola italica. Conosciuto nell’ambiente napolitano e nazionale per il suo capolavoro poetico dedicato a Michelina Di Cesare, nell’ultimo periodo è salito alla ribalta per aver tradotto dal francese all’italiano “Thiébault Paul, L’invasione francese del Regno di Napoli (1798-1799)” edito da D’Amico Editore che già in pochi mesi viene acquistato e letto in tutta Italia ma il periodo d’oro di Raimondo non si ferma con il suddetto testo, quasi inedito, ma anche perchè ha ricevuto una menzione di merito speciale dalla Sicilia, per esattezza da Agrigento, classificandolo come “poeta” per “Fusse Vere” al 2° Concorso Internazionale di Poesia GIRGENTI ARTE 2024. “Fusse Vere” è inserita nello spettacolo “Voci, canti e suoni di Briganti in Terra di Lavoro” ed è di una bellezza unica oltre che tristemente attuale, di seguito la pergamena di riconoscimento e del testo della poesia.

Fussë vérë

Fussë vérë ca nën piacéssë

può sta sëcurë nën së facéssë

m’a cocunë ‘nvécë piacë

chiù la guèrra chë la pacë

Cumm’è gli’omë y qunt’è cupë

ricë ‘nchianatë y pènsa scarrupë

ricë scarrupë y pènsa ‘nchianatë

rëcènnë pacë addamo’ t’è sparatë

Ascì vè la guèrra chë porta bommë

sanghë, muortë, tuttë chë tomma

dësgrazië truoppë pë putë’ chiagnë

lë pèggë ‘ncuoglië sènza chiù lagnë

cura lë cuottë chë l’acqua vuglìta

të muorë rë friddë y stattë ‘ntësitë

glië ‘nfiérnë sta qua, glië riavërë spara

la guèrra, së chiémpë, t’ëmpara…

T’avéssa,

ma nën è vérë nièntë

tuttë passa y è sciuscë rë viéntë

la vita rulla y së në scorda

co’ vanuscia sulë è glië rëcordë

co’ munuméntë p’appuggia’ lë curonë

y fa dëscorsë biéglië, scrittë buonë

bèllë parolë truoppë në marë

chë so’ sulë prètë a na prëtara

abbìa rë ricë sié rittë nièntë

na prëtara addo’ scioscia glië viéntë

addo’ passënë gli’annë cumm’a orë

y lë pèggë è sulë rë chi së morë.

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“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” NELLE PAROLE DI MICHELE SCOTTO DI SANTOLO

Posted by on Mag 26, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” NELLE PAROLE DI MICHELE SCOTTO DI SANTOLO

LE PAROLE DEI VINTI

Ho provato ad immaginare cosa avrebbero pensato Fra’ Diavolo o Michelina Di Cesare se si fossero trovati in platea, confusi tra gli spettatori dell’Aula Pacis, per assistere ad uno spettacolo che parlava di loro. Anzi, ad uno spettacolo in cui parlavano loro. Perché, bisogna chiarirlo subito, “Voci di briganti” non è una messa in scena a cui si possa assistere standosene distaccatamente seduti in poltrona, ma la ri-creazione di un mondo in cui lo spettatore viene improvvisamente e completamente proiettato.

È il mondo dei briganti, di quegli uomini e di quelle donne che probabilmente non erano mai usciti dall’ombra del proprio campanile, ma che quando la violenza e la sopraffazione si fecero più feroci e più prossime, la fame più acuta e tormentosa, e il crimine divenne diritto, non esitarono a trasformare in armi quegli stessi, poveri attrezzi, che fino al giorno prima avevano usati per coltivare i campi. Perché briganti si diventa un giorno, con la pancia e con il cuore, non con la testa. Non c’è bisogno di complesse analisi storiche o sociologiche per capirlo. E da quel giorno, volenti o nolenti, per costrizione o per scelta, briganti lo si resta per tutta la vita, fino al probabile patibolo.

Ma la storia la scrivono i vincitori, e per narrare quella dei vinti c’è bisogno di un’enorme pietas. Perché, se è vero che per scrivere bene bisogna avere qualcosa da dire, come pare abbia consigliato un ottantenne Manzoni ad un giovane aspirante scrittore, è anche vero che per scrivere e interpretare bene i vinti bisogna avere un immenso amore per loro. Che poi siamo noi, perché non saremmo come siamo se loro non ci fossero stati.

Questo amore e questa pietas si toccano con mano, in “Voci dei briganti”. Mi astengo dal farne lodi sperticate (e meritatissime) perché secondo me significherebbe tradire lo spirito e le intenzioni di tutti coloro che lo hanno ideato e realizzato. Essendo amico di qualcuno di loro, so perfettamente che lo scopo che si prefiggono, in questa ed in tutte le altre loro realizzazioni, non è quella di dare spettacolo, ma di rendere giustizia ad un passato ignorato, quando non infangato. E questo non come mera ricostruzione antiquaria, ma come invito a portare nuovi frutti a partire da quelle nobili, ma spesso vilipese, radici. 

Ma cercare di ridare voce ai briganti e al loro mondo, in teatro, in una sera di marzo, non significa farsi avvocati di una causa persa, di una causa che è stata legittimamente e sacrosantamente persa? Lo Spirito all’opera nella Storia, se c’è e comunque lo si voglia intendere, non era comunque contro di loro, inesorabilmente? Forse. Dicevano i Latini che non vi è nulla nel diritto che non possa essere facilmente capovolto, figuriamoci nella narrazione e nella interpretazione delle umane vicende. Ma alcune cose sono fuor di dubbio: il coraggio e la buona fede di questi uomini e di queste donne e il fatto di essersi sostanzialmente difesi da chi li invadeva, giuste o sbagliate che fossero le ragioni degli invasori. E ancora: il fatto di essere stati fatti oggetto di brutale violenza, di torture e sevizie, inammissibili da parte di truppe regolari e regolarmente addestrate.

Salendo sul patibolo, Eleonora Pimentel Fonseca citò un verso di Virgilio “Forsan et haec olim meminisse iuvabit”, forse un giorno ci gioverà ricordare tutto questo. Queste sue parole furono realmente profetiche e per una di quelle temerarie capriole di cui la Storia è maestra, e che i dotti chiamano eterogenesi dei fini, è necessario tenerle continuamente a mente. Soprattutto qui, sopratutto ora.

Michele Scotto di Santolo

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BRIGANTESSE-L ALTRO VOLTO DEL BRIGANTAGGIO: DONNE GUERRIGLIERE DEL SUD BRIGANTESSE

Posted by on Mag 22, 2024

BRIGANTESSE-L ALTRO VOLTO DEL BRIGANTAGGIO: DONNE GUERRIGLIERE DEL SUD BRIGANTESSE

Nel brigantaggio post-unitario, espressione sociale di nuove ed endemiche difficoltà meridionali, confluiscono motivazioni diverse, dall esasperazione contadina per l insoluto problema delle terre  al  legittimismo  borbonico, dall avversione verso i galantuomini pronti a schierarsi con la nuova classe dirigente all ostilità per le regole imposte dal governo piemontese, dalla leva obbligatoria al prelievo fiscale. Costante ed evidente risulta l attrito del nascente stato italiano nel penetrare nei territori annessi.

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BRIGANTESSE, CARNEFICI E VITTIME DEL NUOVO REGNO

Posted by on Mag 19, 2024

BRIGANTESSE, CARNEFICI E VITTIME DEL NUOVO REGNO

Le cronache del suo processo a Catanzaro, scritte nel 1864 da Alexandre Dumas, allora direttore dell’Indipendente di Napoli, la fecero diventare la fuorilegge più celebre del Sud postunitario e tramandarono il mito della brigantessa bella e crudele, “druda” senza cuore di uomini feroci.

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