Alta Terra di Lavoro

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ISTITUTO DI RICERCA STORICA DELLE DUE SICILIE E IL BUSTO DI CARLO DI NAPOLI DI BORBONE

Posted by on Apr 13, 2019

ISTITUTO DI RICERCA STORICA DELLE DUE SICILIE E IL BUSTO DI CARLO DI NAPOLI DI BORBONE

13 Aprile 2019 giornata importante per il mondo Napolitano e per San Giorgio a Cremano che per volontà del Comune è stato cambiato il nome ad una delle piazze più importanti dei paesi Vesuviani. Cancellato il Re Infame Savoiardo, non merita nemmeno di essere nominato, è stato rimesso sul Trono il legittimo proprietario del Sacro Regno Napoletano, Carlo di Borbone. L’Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie, fondato dal Comm. Giovanni Salemi, ha dimostrato la sua fedeltà alla Casa Reale Borbonica di Napoli facendo istallare un busto dedicato al nostro amato Re. Enzo de Maio ci ha inviato delle foto in anteprima che abbiamo il piacere di pubblicare.






Ormai il fiume carsico è venuto fuori e travolge tutto quello che trova al suo passaggio e presto arriverà alla Capitale e travolgerà gli ultimi Giacobini, asserragliati tra Castel Sant’Elmo e palazzo San Giacomo, che tengono in ostaggio la città. Presto vedremo cancellare strade e istituti dedicati ai traditori del 1799 e a quelli del 1860 che infangano Napoli come le due foto di seguito ci dimostrano.

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Il “Reddito di Cittadinanza”? Fu inventato a Napoli nel 1831 dai Borbone.

Posted by on Mar 17, 2019

Il “Reddito di Cittadinanza”? Fu inventato a Napoli nel 1831 dai Borbone.

Sono trascorsi 184 anni e nessun rappresentante politico della Prima e Seconda Repubblica Italiana ringrazia, menziona, attribuisce, etc. la Legge Borbonica: Decreto n°131 del 4 gennaio 1831 (Regolamento per la Real Commessione de Beneficenza). Il Decreto Reale conferisce un “assegno di  disoccupazione per coloro i quali non possono assolutamente con il loro travaglio sostenere se medesimi e la di loro famiglia”.

Una legge semplice, efficiente, efficace e molto applicata nel Regno delle Due Sicilie (1734-1860 circa), che attualmente è ben custodita presso l’Archivio di Stato di Napolisez. Archivio Borbone: Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie – giusto per far comprendere l’elevata professionalità giuridico-amministrativa nel redigere tali leggi borboniche.

Tal Decreto stabiliva “assegni di disoccupazione e invalidità provvisori o a vita”, a disposizione della popolazione in difficoltà economiche. Nel 1831, vediamo già un moderno welfare molto avanzato e lungimirante, che teneva conto della discrezione (l’identità personale di tutti coloro che avevano diritto all’assegno restava segreta forse anche più di oggi, con l’attuale “Legge Privacy e successive modifiche”).

Il mio personale pensiero è che:…Se vogliamo far funzionare il Sud Italia, basterebbe ri-applicare ciò che abbiamo ereditato dalla famiglia reale dei Borbone: Leggi e Regolamenti compresi».

fonte https://michelefilipponio.blogspot.com/2015/09/il-reddito-di-cittadinanza-fu-inventato_13.html

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6 Tornesi 1801, regno di Napoli Ferdinando IV di Borbone

Posted by on Feb 28, 2019

6 Tornesi  1801, regno di Napoli Ferdinando IV di Borbone

Regno di Napoli, Ferdinando IV di Borbone (1759-1816) 6 Tornesi 1801 — (collezione privata del dott Giovanni Greco



“Na bbona parola nu custa turnisi” Una buona porola non costa tornesi

dicevano i nostri avi salentini. Ma anche altri detti antichi (e ormai dimenticati), erano colmi di quella saggezza popolare e contadina dettata sia da azioni concrete come anche di ricchezza d’animo e ironia di spirito. Tutti elementi utili oggi a recuperare un mondo trascorso ma denso di significati. Altri proverbi salentini contenenti la parola tornesi “turnisi”, recitavano “Ci nu ttene turnisi, nu vascia alla fera” chi non ha tornesi, non vada alla fiera; “Ci nu ttene turnisi, prugetta la luna” chi non ha tornesi, fa progetti campati in aria; “Ci nu vvite cca li turnisi,  num bole bbene a cciuveddi” chi non vede altro che tornesi, non vuole bene a nessuno.
Ho arricchito la mia collezione numismatica delle monete circolate nella Terra d’Otranto durante il periodo borbonico con questa 6 tornesi del 1801, una moneta in rame coniata al tempo di Ferdinando IV (1759-1816) fra il 1799 e il 1803 (secondo periodo, 1799-1805), nella Zecca Napoli. Non è una moneta comune ma non è nemmeno particolarmente rara. L’esemplare comunque è unico nel suo genere per il Regno Borbonico delle Due Sicilie degli anni 1799-1803. *testa del Sovrano a dx. / *Valore e data. . . Questa moneta valeva 1/40 di una piastra. 6 Tornesi = 3 Grano = 1/40 Piastra (1/40). Il SCWC nota che 240 tornesi = 6 tari = 1 piastra, dove una piastra è approssimativamente uguale a un peso.

Si legge sul fronte: FERDINAN·IV·SICIL·ET HIE·REX P·
Nel verso si legge: TOR NESI A. 6 P. 1801

Durante la Repubblica Napolitana del 1799 furono coniate due monete da 6 e 4 tornesi. Entrambe recavano al diritto il fascio consolare sormontato dal berretto frigio. La seconda monetazione di Ferdinando IV (1799-1805) presenta monete da 6 e 4 tornesi. Sulla moneta da 1 tornese c’era l’indicazione del valore in cavalli.

FERDINANDO IV DI BORBONE (Napoli 1751 – ivi 1825). Re di Sicilia come Ferdinando III (1759-1816), re di Napoli come Ferdinando IV, re delle Due Sicilie come Ferdinando I (1816-1825).
La monetazione di Ferdinando IV è stata vastissima e comprende tre periodi. Sotto il suo regno la coniazione aurea durò fino al 1785 e fu enorme, oltre 3 milioni di pezzi. Notevole anche la coniazione in argento e rame. La moneta da tre tornesi di Ferdinando IV aveva invece la scritta “PVBLICA COMMODITAS”. Sulla moneta da un tornese era scritta l’indicazione del valore “TORNESE CAVALLI VI” su quattro righe. Furono coniate anche monete da 10, 8, e 5 tornesi, tutte di rame.


Banconota 10 ducati Regno delle due Sicilie / con lo stemma della provincia di Lecce.
Nel Regno i Borbone non hanno mai emesso banconote di carta ma solo monete in metallo (come lo furono i ducati d’oro) e fedi di credito. Questa banconota che ho in mano qui in foto quindi, è una rielaborazione contemporanea ed un’opera d’ingegno sia graficamente che nella stampa, pertanto non ha valore, ma è, diciamo, una simpatica rievocazione, e anche un gradevole “falso d’autore” per collezionisti. E anch’essa infatti, fa oggi parte della mia collezione di “cimeli” della storia del sud. Giovanni Greco


Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;

dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.

fonte http://belsalento.altervista.org/6-tornesi-1801-regno-di-napoli-ferdinando-iv-di-borbone/

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12 aprile 1815. Murat è sconfitto a Casaglia: così cominciò il valzer che riportò il Borbone a Napoli

Posted by on Apr 22, 2018

12 aprile 1815. Murat è sconfitto a Casaglia: così cominciò il valzer che riportò il Borbone a Napoli

 NAPOLI – La battaglia di Casaglia, combattuta il 12 aprile 1815, è uno degli scontri della breve guerra che, tra il 1814 e il 1815, infiammò la penisola italiana e che si combatté tra l’esercito napoletano del Re Gioacchino Murat, e le truppe austriache. Napoleone aveva abbandonato, complice una notte senza luna e la distrazione dei sorveglianti britannici, l’isola d’Elba ed era sbarcato a Cannes intenzionato a riprendersi Parigi, la Francia e, forse, a salvare le conquiste territoriali della rivoluzione del 1789.  I più grandi diplomatici d’Europa stavano invece discutendo a Vienna come ridisegnare le mappe del continente dopo la rovinosa caduta dell’Impero Francese tra l’incendio di Mosca e la defezione bavarese a Lipsia.

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Carlo di Borbone, il re che fece di Napoli una grandissima capitale europea

Posted by on Mar 10, 2018

Carlo di Borbone, il re che fece di Napoli una grandissima capitale europea

Il 10 Maggio 1734 un appena diciottenne Carlo, figlio di Filippo V di Spagna, entrò trionfante nella città di Napoli rendendola capitale di uno Stato tornato ad essere sovrano e indipendente, che sarà prosperoso e regalerà al mondo intero grandissimi capolavori. Riuscì a conquistare il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, togliendoli agli austriaci, approfittando di un grosso conflitto europeo, la guerra di successione polacca. Sua madre era Elisabetta Farnese, ragion per cui divenne Duca di Parma e Piacenza ereditando la celebre e ricchissima Collezione Farnese, adesso conservata a Napoli, città alla quale è stata legittimamente donata.

A Palermo fu incoronato come Carlo III di Sicilia, a Napoli avrebbe dovuto essere re con l’appellativo di Carlo VII di Napoli, tuttavia egli rifiutò quella numerazione optando per un semplice “Carlo” senza alcuna numerazione, per sottolineare il fatto di essere re di uno stato indipendente, mentre coi precedenti sovrani non poteva dirsi altrettanto. A causa della giovane età, nei primi anni di regno fu consigliato nelle scelte di governo soprattutto dalla madre, una donna molto forte, istruita, saggia, come d’altra parte era naturale vista l’illustre famiglia alla quale apparteneva, tanto che influenzava persino le decisioni del marito, sovrano di Spagna.

Carlo di Borbone fu un perfetto esempio di quello che si suole definire un “sovrano illuminato”, ossia un monarca che si circondava di intellettuali, artisti e uomini politici che portavano avanti le idee dell’Illuminismo che nel ‘700, detto appunto secolo dei lumi, si diffusero in tutta Europa ponendo in primo piano assoluto l’intelletto umano, contro l’ignoranza e la superstizione. D’altra parte Napoli era riuscita ad anticipare importanti temi dell’Illuminismo – la cui affermazione è data intorno al 1750 – si pensi ad esempio a Giambattista Vico e a Pietro Giannone, morti rispettivamente nel 1744 e nel 1748, e insieme a Parigi fu la città che più contribuì alla corrente, non limitandosi ad assorbirla come accaduto invece nel resto d’Europa. Gli intellettuali napoletani svolsero dunque un ruolo sociale, oltre che culturale – tra questi, oltre ai già citati, è bene ricordare, tra gli altri, Antonio Genovesi (fondatore della prima cattedra al mondo di Economia Politica), Ferdinando Galiani, Gaetano Filangieri, Antonio Broggia, Francescantonio Grimaldi, Francesco Mario Pagano e altri.

Tra i primi atti di governo di Carlo abbiamo la tassazione dei beni ecclesiastici, i quali, poiché erano numerosissimi grazie a speciali privilegi del passato, permisero di triplicare le entrate del Regno. Grazie al suo passaggio in Toscana mentre si dirigeva nel Mezzogiorno, poté affiancarsi Bernardo Tanucci, che ricoprì vari ruoli fino a divenire primo ministro ed acquistare il titolo nobiliare di marchese. Vero e proprio uomo di fiducia del re, intraprese un programma riformatore amministrativo e finanziario, togliendo poteri e privilegi a nuclei particolari che sfruttavano risorse senza recare un tangibile beneficio allo stato. Fu artefice del Concordato con la Chiesa Cattolica del 1741, in cui si sanciva la supremazia dello stato, e la politica finanziaria ispirata ai più moderni principi apportò grandi risultati all’economia del Regno.

È però di natura artistica, architettonica e archeologica il più grosso segno che Carlo ha lasciato a Napoli e dintorni: a lui si deve l’apertura sistematica degli scavi di Ercolano, Pompei e Stabia; la realizzazione del Real Teatro di San Carlo, che sostituì il San Bartolomeo e fu inaugurato il 4 Novembre, giorno dell’onomastico del re; la Reggia di Portici, la Reggia di Capodimonte e la maestosa Reggia di Caserta, affidata a Luigi Vanvitelli per rivaleggiare con quella di Versailles, e il contestuale Acquedotto Carolino; il Foro Carolino (oggi Piazza Dante) sempre ad opera del Vanvitelli e che vanta alcune sculture di Giuseppe Sanmartino, l’artista del Cristo Velato; il gigantesco Real Albergo dei Poveri dell’architetto Ferdinando Fuga; il rinnovamento e ampliamento di Palazzo Reale; la fondazione della Real Fabbrica di Capodimonte per la produzione della porcellana; la fondazione dell’Accademia di Belle Arti. Grazie a tutto ciò, Napoli divenne una grandissima capitale europea, sicuramente e di gran lunga la più importante città in Italia, ambitissima meta del Gran Tour capace di stregare Goethe e Stendhal.

Carlo si innamorò a prima vista della sua capitale e del suo popolo, che ricambiava quell’amore, tanto che imparò la Lingua Napoletana per diventare egli stesso napoletano, comprendere ed essere vicino alla sua gente. Nel 1759 il trono di Spagna rimase vuoto e proprio Carlo dovette occuparlo, a malincuore e controvoglia. Secondo una leggenda che pare abbia, comunque, un fondamento di verità, al momento di lasciare il suo Regno si tolse dal dito un anello che portava sempre, rinvenuto a Pompei, poiché apparteneva ai napoletani, non a lui.

FRANCESCO PIPITONE

fonte

vesuviolive.it

Fonti:
– Breve Storia di Napoli; Leonardo Di Mauro, Giovanni Vitolo;
– Storia di Napoli; Antonio Ghirelli

 

 

 

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