Se vogliamo inquadrare un periodo simbolo per la fine del Brigantaggio Insorgente che ha avuto inizio nel 1799, per quanto riguarda il Regno Delle Due Sicilie, certamente bisogna legarlo all’agosto e all’ottobre del 1870 quando furono ammazzati Domenico Fuoco e Antonio Cozzolino detto Pilone.
Su Domenico Fuoco, che secondo il mio modesto parere, è l’unico che ha delle somiglianze con il numero 1, Michele Arcangelo Pezza alias Fra Diavolo, e se Alfredo Saccoccio è il numero 1 come ricercatore e narratore del mito Itrano certamente il più importante ricercatore e narratore di Domenico Fuoco è Maurizio Zambardi, tutti e 4 sono nati in alta Terra di Lavoro e mi fa piacere ricordarlo.
Sabato in quel di San Pietro Infine, che ha dato i natali sia a Fuoco che a Zambardi, è stato presentato l’ultima fatica di Maurizio sul suo più celebre concittadino, IL CAPOBRIGANTE DOMENICO FUOCO TRA STORIA E LEGGENDA, che ha visto la partecipazione di un folto pubblico con la presenza, sia tra i relatori che tra gli ospiti, di personalità di enorme spessore provenienti dall’alta Terra di Lavoro. Di seguito il video integrale di tutto il convegno
La povertà dei temi e delle idee che la repubblica napoletana, Capecelatro la definì “Repubblica da Operetta” ha prodotto e trasmesso sono racchiuse nel monitore napolitano fondato, durante quei pochi mesi del 1799, da donna Eleonora Pimentel Fonseca diventata un simbolo della città di Napoli da fine 800 fino ai giorni nostri, nonostante non abbiamo lasciato nessuna traccia, nessuna innovazione, nessuna nuova idea se non per la sua irriconoscenza verso la casa Reale che l’aveva tolta dalla miseria, se non per il suo alto tradimento verso il popolo napoletano e verso lo stato, se non per la sua attività di collaborazionista dell’esercito Francese invasore che non pensava che a saccheggiare i tesori del Regno e se non per la creazione del suddetto giornale “Monitore Napolitano” che fu solo uno strumento diffamatorio verso i Borbone, verso la realtà dei fatti che stavano accadendo e verso la cosa più importante che è la verità.
Gli stessi organi di stampa e i dispacci militari francesi erano costretti a smentire molti articoli che venivano pubblicati dal giornale che non ha fatto altro che anticipare la stampa e la tv spazzatura che ogni giorno dobbiamo sopportare.
Ancora oggi esiste il “Monitore Napolitano” organo di informazione storica che i giacobini napoletani continuano ad usare per disinformare e modificare la verità storica isolandosi dal reso del mondo che ormai ha preso coscienza di come la verità storica dal 1799 fino ai giorni nostri sia ben diversa. Di seguito pubblichiamo una storia che il nostro Raimondo Rotondi ha ritrovato che non merita nessun commento ma soltanto esser letto, nemmeno i Soviet sono arrivati a tanto.
Claudio Saltarelli
Tra i vari tipi di brigantaggio che
caratterizzarono il periodo postunitario è importante evidenziare quello della
zona di Sessa Aurunca in quanto, tra coloro che lo combatterono, si distinse il
famoso pittore e patriota sessano Luigi Toro, che tanto aveva sacrificato per
gli ideali di Libertà e Unità della Nazione.
Egli sentì il dovere di ritornare a
combattere e lo fece contro i Briganti del suo territorio, quello aurunco.
Nel 1859 Luigi Toro (Lauro di Sessa
CE – 1835- Pignataro Maggiore CE – 1900) si era arruolato nei Cacciatori delle
Alpi ove aveva conosciuto Pilade Bronzetti di Cuneo, a cui dedicherà uno dei
suoi migliori dipinti per celebrarne il sacrificio nella battaglia del
Volturno.
In seguito si unì ai Mille col grado
di sergente alla compagnia delle “Guide Garibaldine“ preposte alla protezione
del futuro Generale.
Durante la campagna siciliana
dimostrò tutto il suo valore, conquistandosi la fiducia dello stesso Garibaldi
che lo volle accanto a sé in diverse occasioni.
Purtroppo dovette assistere alla
morte del suo grande commilitone piemontese Pilade Bronzetti, al quale dedicò
nel 1885 una tela che riproduce “La morte di Pilade Bronzetti a Castelmorrone”,
oggi presente nei depositi del Museo Napoletano di San Martino.
Luigi Toro fu, dunque, uno dei
protagonisti della Unificazione italiana nei momenti decisivi. Quando il
brigantaggio endemico della zona sessana assunse i connotati della reazione con
Francesco II che finanziava i briganti dell’alto casertano, il pittore e
patriota Luigi Toro pensò che fosse il momento di difendere gli ideali per cui
aveva combattuto, nonostante tutto il suo impegno era tutto dedito alla
passione artistica.
In questa fase Luigi Toro fece parte
della Guardia Nazionale con il grado di Maggiore e Comandante del 2° Battaglione.
La Guardia Nazionale, che era sta
un’istituzione del Governo Borbonico, viene riproposta al fine di svolgere
compiti di sorveglianza del territorio a sostegno delle forze governative.
Luigi Toro si guadagnò la fama di
leggendario e intrepido combattente nella repressione del brigantaggio e
Giovanni Sopiti, che gli dedicò una breve biografia così si esprime al riguardo
del pittore e patriota sessano:
“Tutti sapevano del suo
meraviglioso coraggio, e come fosse tiratore insuperabile… e dovunque si annunciasse
che egli fosse per giungere, si disperdevano le masnade brigantesche…tale
elevava a sé luminoso prestigio, che ne era conquista eziandio tutta la
efferatezza di quei malfattori, i quali altresì lo ammiravano, ed erano
costretti ad amarlo, per gli umanitari riguardi che egli adoperava verso le
famiglie di quegli che aveanla abbandonata per darsi alla vita del
bandito.”
Allo stesso modo il pittore e
critico d’arte di Frosinone Costantino Abbatecola rivela:
“Toro mostrò molto coraggio
nella lotta contro i Briganti… In quel tempo Toro si esercitava al tiro della
pistola ed era giunto a tale perfezione che metteva cento colpi l’un dopo
l’altro nel medesimo bersaglio. Questa qualità del Toro, accoppiata ad una
grande influenza morale che esercitava sul mandamento di Sessa Aurunca, ben
conosciuta dai Briganti, bastò a salvare il Paese dalle loro oppressioni perché
credettero prudente non affrontare il Toro, come raccontarono parecchi Briganti
venuti poi in potere della giustizia.“
Ed è proprio sul brigantaggio
sessano che lo storico pignatarese Nicola Borrelli, allievo dell’artista e
patriota risorgimentale Luigi Toro, dà un giudizio “tranchant” molto
negativo del fenomeno del Brigantaggio nell’Alto Casertano, definendolo
fanaticamente “reazionario “ in un testo che avrà tanto successo.
Il titolo del testo è Episodi di brigantaggio reazionario
nella campagna sessana con la cui pubblicazione il Borrelli volle
anche rendere omaggio al suo maestro Luigi Toro, che , proprio nel natio
territorio aurunco, dopo essere stato uno degli artefici dell’Unità lasciò la
passione artistica per dedicarsi alla repressione del Brigantaggio e
riaffermare in tal modo gli ideali di libertà e di giustizia, che avevano
caratterizzato la sua carriera quale Patriota.
Nel libro di Borrelli si fa
riferimento al Posto di Guardia in Piedimonte di Sessa, istituito dal Maggiore
Luigi Toro in relazione ad un documento inviato al Comandante della Guardia
Nazionale di Carano in data 8 aprile 1862.
In esso il Comandante Toro informa:
“Conseguentemente alle mie
ispezioni fatte ai diversi Quartieri, ho avuto agio di osservare la posizione
strategica di Piedimonte, la quale richiede un Posto di Guardia a sé; perlocché
Ella sarà compiacente disporre che sia subito aperto il locale e fornito della
corrispondente forza, nella intelligenza che tale servizio dovrà prestarsi dai
militi del Paese nel qual caso essi non presteranno più servizio nel Posto di
Carano”.
Anche in tale momento storico Luigi
Toro dimostra la sua audacia e il suo coraggio misto alla generosità che lo
stesso Borrelli esplicita nella maniera seguente:
“La sua maschia figura di
gentiluomo franco, benefico, generoso, coraggioso fino alla temerarietà gli
ottennero l’illimitato rispetto da parte dei tristi banditi che nei primi anni
postunitari gettavano il terrore nella Provincia, proprio quando il Toro, nella
qualità di Maggiore della Guardia Nazionale, era incaricato della repressione
del Brigantaggio e da questi mostri feroci che egli sfidava ogni giorno non gli
fu torto un capello… anche quando avrebbero potuto impadronirsi di lui,
vendicarsi , finirlo, ma che, per rispetto, non l’avrebbero mai fatto…”
Furono soprattutto le bande dei
fratelli Francesco ed Evangelista Guerra, di Alessandro Pace, di Francesco
Tommassino e di Giacomo Ciccone e Luigi Alonzo detto Chiavone ad imprimere una
direzione politica reazionaria al fenomeno del brigantaggio.
Inoltre vi era quel Domenico Fuoco
che si definiva “ Capitano e ajutante del Re Francesco II”.
In raccordo storico con il Brigantaggio
prodotto dalla reazione “borbonico-pontificia ” del Cardinale Ruffo
che si era servito dei “famigerati” Fra Diavolo e Mammone, i ”
tristissimi ” briganti che furono sovvenzionati dai Borbone, anche in tal
caso la ferocia dei Capibriganti – sostiene Borrelli – era dovuta anche alla
speranza che un probabile ritorno del re Borbone avrebbe apportato benefici
notevoli.
Nell’agro aurunco, secondo lo
storico, i Borbone aveva lasciato tale “scia di ignoranza, di incoscienza
e di abbruttimento” da procurare un forte sentimento di odio contro la
società borghese dell’ agiatezza e, dell’ozio e dello sfruttamento. Precisa
infatti lo storico Nicola Borrelli:
“le barbari leggi che
regolavano le triste accolte, perfezionarono via via la criminalità del
gregario e trasformavano presto in terribili tipi di grassatori o di assassini
i novizi, sovente passati alla banda, come dicemmo, per una leggerezza, un
errore, in un momento di sovreccitazione, sotto l’impulso di un rammarico o
d’uno sdegno talvolta giustissimi”!
Scrive ancora Borrelli: “V’era,
in tal caso – disperata ma vera – una via di salvezza, una via irta di pericoli
e d’incognite, ma ricca di speranza, di promesse, di rivendicazione: la
campagna, la banda” ma alcuni andavano ad ingrossare le file dei Pace dei Guerra,
dei Cedroni, degli Anfrozzi, dei Ciccone, che però non erano altro che
“bieche figure di malvagi, spesso avanzi dell’esercito Borbonico.
La ribellione del brigantaggio nella
zona sessana aveva quindi un’impronta ed un’insidia in quanto collegato al
revanscismo borbonico.
Il Borrelli , appassionato di
pittura e che diventerà un discepolo di Luigi Toro, accogliendolo nella sua
casa di Pignataro Maggiore (CE) negli ultimi anni di vita, rende omaggio alla
sua figura di patriota che fu coerente con i propri ideali di libertà nel
periodo di conquista dell’Unità della Patria, prima combattendo con i Mille per
liberare il Mezzogiorno dai Borbone e poi ritornando in prima linea a difendere
l’Italia dai briganti prezzolati dagli stessi nel periodo postunitario nel
proprio territorio natio di Sessa Aurunca, a confine con lo Stato Pontificio.
Lo storico Borrelli, a proposito di
tale brigantaggio che imperversava nella zona sessana, non ha esitazione a
collocarlo, quindi, in maniera decisa quale tentativo borbonico di suscitare
una guerriglia politica ai fini della restaurazione scrivendo:
“Questo, nella sua semplice trama psicologica, il fenomeno del Brigantaggio così detto politico – reazionario, di cui fu teatro Terra di Lavoro, e particolarmente la contrada di cui trattiamo, negli albori della nostra santa indipendenza.”
L’ Ass. Id. Alta Terra di Lavoro sabato 12 gennaio alle ore 17;00 presso la Sede del Circolo dell’Unione a Pignataro Maggiore organizza un importante convegno “LE INSORGENZE NEL REGNO DI NAPOLI E IN TERRA DI LAVORO NEL 1799”
Interverranno l’Avv. Giovanni Morelli e Pres. del Circolo dell’Unione,
Claudio Saltarelli Pres. Ass. Id. Alta Terra di Lavoro, Fernando Riccardi
storico saggista e Pres. dell’Ist. Di Ricerca delle Due Sicilie e Roberto Della
Rocca giornalista e storico.
Nel convegno verrà presentato un importante testo che l’ Ass. Id. Alta
di Lavoro ha di recente ristampato, in copia anastatica, l’opera scritta da
Domenico Petromasi risalente al 1801, “Storia della spedizione del Cardinale
Ruffo”
E’ la prima volta che nel nostro paese si compie un’impresa del genere:
c’era già stata, infatti, in passato, qualche altra edizione della stessa
opera, ma mai una ristampa anastatica, riproducente il testo nella sua versione
originale.
Tale libro, che contiene un corposo ed assai circostanziato saggio
introduttivo a firma del suddetto storico Fernando
Riccardi, ricostruisce, passo dopo passo e in maniera dettagliata, la
straordinaria impresa che nel 1799 portò il cardinale calabrese Fabrizio Ruffo
a riconquistare il Regno di Napoli, invaso dai giacobini, con la sua “armata
reale e cristiana”, composta esclusivamente o quasi di volontari raccolti
strada facendo sotto l’emblema della Santa Croce.
Una vicenda che la vulgata storiografica dominante non ha trattato, nel
corso degli anni, con la dovuta obiettività, gettando sulla stessa una densa
patina di oblio.
La preziosa cronaca di Petromasi,
invece, restituisce la giusta proporzione a quegli accadimenti, che molto
interessarono anche il territorio del Cilento e la stessa Calabria senza mai
sconfinare nella partigianeria oppure distorcere gli eventi.
Considerata l’importanza dell’opera, che costituisce un “unicum” a livello nazionale, considerato che “Michele Arcangelo Pezza alias Fra’ Diavolo” è stato uno dei principali protagonisti di quel tumultuoso semestre e considerato che il Cilento anche in questa vicenda ha scritto una importante pagina di storia universale è importante che i Cilentani si accostino ad una vicenda storica, quella del 1799, che ancora oggi resta assai poco conosciuta
Il
comune di Roccad’ Arce in collaborazione con l’ ”Ass. Id. Alta Terra di
Lavoro”, e l’associazione culturale “L’Albero di Holda” organizza presso il Teatro “Federico II” di Roccad’ Arce il giorno
venerdi 04 gennaio 2019 alle ore 21:00, la rappresentazione teatrale, un
inedito e per la prima volta in provincia di Frosinone , “Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro”.
Con l’avvento
dell’illuminismo e del razionalismo l’uomo cerca di spiegare e interpretare la
realtà e se stesso attraverso la ragione e il pensiero con il solo risultato di
aver portato la mente umana in un labirinto senza via d’uscita e con il
decadimento dell’ uomo inversamente proporzionale allo progresso tecnologico e
scientifico, i protagonisti dello spettacolo vogliono avere l’ardire e la
presunzione di cavalcare il tentativo di Ovidio nella “Metamorfosi” di indagare la realtà e di spiegarla
attraverso il mito.
La nostra terra, la Terra di Lavoro che è
la provincia più antica d’Italia e forse d’Europa, che nel Regno di Napoli ha
raggiunto il suo massimo splendore, dove nasce prima il Mito e poi la storia,
che durante la nascita dell’Unità d’Italia e dell’invasione dell’esercito
giacobino Francese nel 1799 ha visto come protagonisti personaggi che la
vulgata dominante ha etichettato, in senso dispregiativo, come Briganti ma che
sono stati soltanto degli insorgenti che hanno difeso le proprie radici, la
propria identità e la propria storia fino ad arrivare all’estreme conseguenze.
Verranno narrate le gesta di Fra’ Diavolo,
Cosimo Giordano, Rosa Antonucci, Michelina Di Cesare e Domenico Fuoco che a
differenza dei personaggi Omerici non sono di fantasia ma sono realmente
esistiti, divenuti eroi per come hanno vissuto e dei Miti per come sono morti.
Tra i
protagonisti dello spettacolo ci sarà il gruppo musicale popolare “La Controra”
di Loredana Terrezza e Silvano Boschin
che con un repertorio di più di 500 brani di musica tradizionale calcano le
scene di tutta Italia da più di 20 anni.
La
voce narrante sarà quella di Raimondo Rotondi che reciterà testi scritti dall’
Ass. Id. Alta Terra di Lavoro e da lui liberamente tradotti in lingua Laborina,
lingua che si parla in Terra di Lavoro. Si ricorda che la Terra di Lavoro
iniziava a Sora e terminava a Nola.
Ci
saranno come ospiti d’onore alla recitazione, Elena Sorgente da Cellole e
Cinzia Zomparelli.
Il Teatro Federico II di Roccad’Arce è il giusto luogo dove poter rappresentare per la prima volta, in provincia di Frosinone, lo spettacolo non solo per la sua storia che per il prestigio potremo definire universale fin dai tempi antichi e che grazie al Regno di Napoli raggiunge il suo massimo splendore, non solo perché Federico II creò il primo Borgo di impostazione medievale esportato poi in tutta Italia, ma anche perché a Roccad’ Arce riposa Eugenio Maria Beranger a cui si deve il recupero della storia, della cultura e della civiltà dell’ alta Terra di Lavoro I
L’associazione “APS PASQUALE ORISTANIO” sabato 10 novembre alle ore 18;30 presso l’aula consiliare del Comune di Felitto (SA) organizza un importante convegno “IDEALI E REALTA’ DELL’EPOPEA SANFEDISTA”.