Alta Terra di Lavoro

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La pianificazione della conquista sabauda dell’Italia

Posted by on Gen 16, 2020

La pianificazione della conquista sabauda dell’Italia

Dopo la guerra di Crimea del 1853-6, Cavour era riuscito a portare sul tavolo internazionale del Congresso di Parigi del 1856 la sua (massonica) visione della “questione italiana” per cui, oltre all’effettiva occupazione militare sicula da parte degli inglesi, il Regno di Federico II acquisisce anche ufficialmente un nuovo nemico dichiarato, il Regno di Sardegna. Sempre in questo congresso i potenti d’Europa decisero tra l’altro che la Francia avrebbe dovuto aiutare il Piemonte per la “liberazione” dell’Italia (ovviamente con congruo compenso economico e territoriale), la strada era quindi già segnata.

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17 Marzo, Unità d’Italia: ecco perché il Sud non deve festeggiare

Posted by on Ott 20, 2019

17 Marzo, Unità d’Italia: ecco perché il Sud non deve festeggiare

17 Marzo 1861: Unità d’Italia. Il giorno che secondo l’epopea risorgimentale ha liberato la penisola italica, e in special modo il Meridione, dallo straniero invasore ed oppressore per dare vita a un Regno libero, guidato dal piemonteseRe “galantuomo” Vittorio Emanuele II e formato grazie alle abilità politiche del conte di Cavour e a quelle militari dell’eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi,l’uomo che a capo di mille uomini e 3 cannoni riesce a sbarcare in Sicilia e da lì fa capitolare strada facendo, e nel giro di pochi mesi, il Regno delle Due Siciliecon il suo esercito di 30.000 effettivi: un’autentica impresa, o forse c’è bisogno di integrare il racconto con qualche altra informazione?

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L’UNITA’ D’ITALIA VISTA DA UNA PROSPETTIVA ESTERA

Posted by on Set 19, 2019

L’UNITA’ D’ITALIA VISTA DA UNA PROSPETTIVA ESTERA

Uno degli ostacoli più dolorosi con i quali il meridionalista medio si scontra è l’incredulità della gente. Per chi è fuori dalla Matrix è facile trovare l’errore, ma per i più, che loro malgrado hanno studiato sui libri scolastici una certa storia e che ascoltano dai media nazionali una certa cronaca, in assenza di approfondimenti personali sulle fonti (che nessuno fa) credere alle tesi meridionaliste è arduo. E’ arduo accettare l’idea che lo Stato, l’ente politico supremo che dovrebbe tutelare i diritti del cittadino, in realtà faccia pesanti distinzioni all’interno del proprio territorio, riconoscendo de facto e talvolta anche de iure cittadini di serie A e di serie B.
Uno dei campi nei quali lo scontro è più acceso è quello storico. In particolare ci si accapiglia sulle diverse versioni del Risorgimento italiano; sulla legittimità delle modalità di costituzione dell’Unità d’Italia, sulle condizioni economiche del meridione in epoca pre-unitaria e sulle conseguenze, positive o negative, che l’Unità ha avuto sull’economia dei territori appartenenti all’ex Regno delle Due Sicilie .
Come sempre, al cospetto di litiganti che offrono versioni contrastanti dei fatti, la cosa più sensata da fare è quella di chiamare in causa testimoni esterni e ascoltare ulteriori versioni. In merito all’Unità d’Italia, ci si è affidati per un’indagine storica rapida e genericamente accettabile a quella che ormai è divenuta la più universale e pratica delle fonti di conoscenza: wikipedia. Non è certo questa una fonte indiscutibile, ma essendo wikipedia un’opera corale, è quella che più verosimilmente si sottrae al controllo di gruppi di potere, censure politiche e mistificazioni intenzionali delle informazioni. Di seguito si mostra cosa si legge nelle versioni straniere di wikipedia alla voce “Città di Napoli – storia” in merito all’Unità d’Italia.
Da Wikipedia in inglese: “…Dopo la Spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi, culminata nel controverso Assedio di Gaeta, Napoli entrò a far parte del Regno d’Italia nel 1861 […] Il Regno delle Due Sicilie era stato ricco e ben 443,2 milioni di ducati furono prelevati dalle banche del vecchio regno e versati al nuovo tesoro italiano. L’economia dell’area prima nota come Regno delle Due Sicilie declinò, portando a un’ondata di emigrazione senza precedenti, con circa 4 milioni di persone emigrate dall’area di Napoli tra il 1876 e il 1913. …”
Da Wikipedia in olandese: “…Sotto il dominio borbonico iniziò un periodo di fiorente industrializzazione. Nel 1860 terminò l’epoca borbonica. I garibaldini invasero e conquistarono il regno. Nell’ottobre del 1860, a seguito di un discutibile referendum, si confermò la fine del regno. Napoli non era più una capitale. Ingenti capitali furono spostati a nord e a seguito di ciò non furono più investiti nell’industria napoletana. Questo comportò il drastico arretramento dell’industria napoletana rispetto a quella del nord del paese e determinò un generale impoverimento della città. Stessa sorte interessò l’intero sud Italia. Da allora il triangolo Torino-Genova-Milano è stato e rimane il centro di gravità dell’economia italiana, rispetto al quale il sud del paese è considerato arretrato. La mafia napoletana e la camorra sono fenomeni che risalgono proprio a quel periodo e da allora, a causa dell’impoverimento della popolazione hanno preso il sopravvento. …”
Da Wikipedia in tedesco: “… Francesco II, ultimo sovrano borbonico, fuggì dalla città verso la fortezza di Gaeta, dove annunciò la sua resa il 13 febbraio del 1861, a seguito della quale fu dichiarato deposto. Tuttavia molti napolitani si identificarono solo in misura limitata nel nuovo stato italiano, il cui punto di partenza e centro di potere si trovava in Piemonte, in Italia settentrionale, per il sud terra straniera. In effetti molti dei progetti di sviluppo e misure di sostegno del nuovo governo furono creati ad esclusivo beneficio del nord del paese, mentre il sud Italia fu trascurato e pesantemente gravato economicamente da una politica fiscale sleale e dura. Le riforme necessarie al fine di eliminare i problemi sorti durante la dominazione borbonica (ad esempio una riforma agraria) non furono attuate, nemmeno con l’intervento dei grandi proprietari terrieri del sud. Il governo fallì nel compito di concordare internamente il paese. Nei primi decenni successivi alla fondazione del nuovo regno italiano il Nord prosperò economicamente e presto si fece strada tra le principali nazioni industrializzate d’Europa, il Sud invece rimase povero e agonizzante. […]. Il XX secolo cominciò con un programma di industrializzazione del sud, ma il progetto fallì a causa di scarsa pianificazione, mancanza di infrastrutture e distrazione di fondi verso fonti oscure. Si giunse così alla prima grande ondata di emigrazione verso il nord Italia, l’Argentina e soprattutto verso gli Stati Uniti. …”
Da Wikipedia in lingua vietnamita: “…Dopo un lungo periodo di recessione, seguito alla fondazione della nazione italiana avvenuta oltre 100 anni fa, la città [di Napoli] ha fatto grandi progressi nel riconquistare la sua reputazione di centro culturale. …”
Ulteriori significative versioni in altre lingue si rifanno grosso modo alle versioni su citate (la versione cinese è una traduzione del contenuto in inglese; la versione persiana traduce i contenuti di quella tedesca). La versione francese provvidenzialmente salta a piè pari il IXX secolo, passando dal ‘700 direttamente al 1943. La versione spagnola la omettiamo noi per correttezza, perché per ovvi motivi di casato gli iberici sono palesemente di parte borbonica.
Conclusione: il mondo intero racconta su wikipedia una storia un po’ diversa rispetto a quella raccontata in Italia. Tutte le versioni straniere più dettagliate del nostro Risorgimento presentano delle incongruenze con la versione nazionale, esprimono spesso dubbi sulla regolarità del referendum dell’ottobre 1860 e manifestano perplessità varie, allineandosi in più di un’occasione con le “incredibili” tesi meridionaliste. Unica eccezione: la versione di wikipedia in ungherese, una delle più ricche, che coincide in maniera puntuale con la versione italiana. E’ però d’obbligo sottolineare che una legione ungherese, guidata dal massone Istvàn Turr, combatté per i Savoia contro l’Austria e partecipò alla Spedizione dei Mille. Istvàn Turr fu amico di Garibaldi, generale dell’Esercito Meridionale e Governatore di Napoli, dove organizzò il controverso referendum dell’ottobre 1860, prima di diventare Aiutante di campo Onorario di Vittorio Emanuele.
Ognuno si faccia la sua idea.
Elina Tizzano per il Roma , 4 luglio 2019

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Le province siculo-partenopee nel Regno d’Italia La Destra e il Meridione (II)

Posted by on Ago 10, 2019

Le province siculo-partenopee nel Regno d’Italia  La Destra e il Meridione (II)

La Destra e il Meridione

A decidere la caduta della Destra non fu certo il deputato siciliano Morana con la sua interrogazione né le proteste che agitavano la Sicilia per il caro-pane. Ad influire maggiormente furono i risultati elettorali del 1874. Rispetto alle elezioni del 1861 la destra, che aveva avuto l’80% dei deputati, era scesa al 54% mentre la sinistra dal 20% era passata al 46%. La crescita della sinistra, contrariamente a quanto si verifica oggi, era praticamente concentrata nel Mezzogiorno e particolarmente in Sicilia [1]. In Sicilia per ogni deputato di destra, ne erano stati eletti ben 9 di sinistra.

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La trattativa tra Stato e mafia è cominciata con l’unità d’Italia e non è mai stata interrotta

Posted by on Lug 27, 2019

La trattativa tra Stato e mafia è cominciata con l’unità d’Italia e non è mai stata interrotta

Per questo e’ difficile sconfiggere i mafiosi. Perche’ dal 1860 si annidano dentro le istituzioni. Ai piu’ alti livelli. Era cosi’ gia’ ai tempi di garibaldi, di crispi e di giolitti. Ed e’ cosi’ ancora oggi. Da qui le enormi difficolta’ dei magistrati che oggi indagano sulle stragi del 1992. Perche’ vanno a toccare gli interessi di ‘p’ezzi’ dello stato. Cioe’ di uomini ancora al vertice del nostro paese

PER QUESTO E’ DIFFICILE SCONFIGGERE I MAFIOSI. PERCHE’ DAL 1860 SI ANNIDANO DENTRO LE ISTITUZIONI. AI PIU’ ALTI LIVELLI. ERA COSI’ GIA’ AI TEMPI DI GARIBALDI, DI CRISPI E DI GIOLITTI. ED E’ COSI’ ANCORA OGGI. DA QUI LE ENORMI DIFFICOLTA’ DEI MAGISTRATI CHE OGGI INDAGANO SULLE STRAGI DEL 1992. PERCHE’ VANNO A TOCCARE GLI INTERESSI DI ‘P’EZZI’ DELLO STATO. CIOE’ DI UOMINI ANCORA AL VERTICE DEL NOSTRO PAESE

Quando oggi parliamo di trattativa “Stato-mafia”, non possiamo non andare indietro nel tempo e riferire questo vituperato ed aborrito binomio alle origini del nostro Paese inteso nella sua accezione unitaria. In parole povere, questo sodale rapporto tra la mafia e lo Stato nasce con l’Unità d’Italia o, peggio ancora, con la mala unità d’Italia e sin dai tempi dell’invasione garibaldina che si servì per le sue discusse e dubbie vittorie del contributo determinante della mafia in Sicilia e della camorra a Napoli.

In Sicilia, in quel lontano maggio del 1860, accorsero con i loro “famosi picciotti” in soccorso di Garibaldi i più autorevoli capi-mafia dell’epoca come Giuseppe Coppola di Erice i fratelli Sant’Anna di Alcamo, i Miceli di Monreale, il famigerato Santo Mele così bene descritto da Cesare Abba, Giovanni Corrao referente delle consorterie mafiose che operavano a Palermo nel quartiere del Borgo vecchio e che poi addirittura diverrà generale garibaldino e che verrà ucciso 3 anni dopo nell’agosto del 1863 nelle campagne di Brancaccio in un misterioso ed enigmatico agguato a fosche tinte mafiose.

Un apporto determinante degli “uomini d’onore” di allora che farà dire allo storico Giuseppe Carlo Marino, nel suo libro ”Storia della mafia”, che Garibaldi senza l’aiuto determinante dei mafiosi in Sicilia non avrebbe potuto assolutamente fare molta strada. Come, del resto, lo stesso Garibaldi sarebbe incorso in grandi difficoltà logistiche se, quando giunto Napoli, nel settembre del 1860, non avesse avuto l’aiuto determinante dei camorristi che, schierandosi apertamente al suo fianco, gli assicurarono il mantenimento dell’ordine pubblico con i loro capi bastone Tore de Crescenzo , Michele “o chiazziere” e tanti altri. Aiuti determinanti e fondamentali che, a ragion veduta, piaccia o no a Giorgio Napolitano in testa e ai risorgimentalisti di maniera, ci autorizzerebbero a dire che la mafia e la camorra diedero, per loro convenienze, il proprio peculiare e detrminante contributo all’Unità d’Italia. Un vergognoso e riprovevole contributo puntualmente e volutamente ignorato,per amor di patria, dai libri di scuola e dalla storiografia ufficiale.

Che la mafia ebbe convenienza a schierarsi con Garibaldi ce ne dà significativa ed ampia testimonianza il mafioso italo-americano originario di Castellammare del Golfo, Giuseppe Bonanno, meglio conosciuto in gergo come Joe Bananas, che nel suo libro autobiografico “Uomo d’onore”, a cura di Sergio Lalli, a proposito della storia della sua famiglia, a pagina 35 del libro in questione, così testualmente descrive l’apporto dato dalla mafia all’impresa garibaldina. “Mi raccontava mio nonno che quando Garibaldi venne in Sicilia gli uomini della nostra ‘tradizione’ (= mafia) si schierarono con le camicie rosse perché erano funzionali ai nostri obbiettivi e ai nostri interessi”. Più esplicito di così, a proposito dell’aiuto determinante dato dalla mafia a Garibaldi, il vecchio boss non poteva essere.

Con l’Unità d’Italia e con il determinante contributo dato all’impresa dei Mille la mafia esce dall’anonimato e dallo stato embrionale cui era stata relegata nella Sicilia dell’Italia pre-unitaria e si legittima a tutti gli effetti, effettuando un notevole salto di qualità. Da quel momento diverrà di fatto una macchia nera indelebile e un cancro inestirpabile nella travagliata storia della Sicilia e del nostro Paese. E di questa metamorfosi della mafia, dall’Italia pre-unitaria a quella unitaria, ne era profondamente convinto Rocco Chinnici, l’ideatore del pool antimafia ed una delle più alte e prestigiose figure della magistratura siciliana ucciso il 29 luglio 1983 davanti la sua abitazione in un sanguinoso attentato in via Pipitone Federico, a Palermo.

Rocco Chinnici, oltre che valente magistrato in qualità di capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo ed ideatore come anzidetto del pool antimafia di cui allora fecero parte tra gli altri giovani magistrati come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello, fu anche un profondo studioso e conoscitore del fenomeno mafioso e delle sue criminali dinamiche storiche.

Da studioso fu relatore e partecipò a numerosi convegni organizzati in materia di mafia. In uno di questi promosso a Grottaferrata il 3 luglio 1978 dal Consiglio Superiore della Magistratura così, a proposito dell’evolversi della mafia in Sicilia, ebbe testualmente a pronunciarsi: “Riprendendo le fila del nostro discorso prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, non era mai esistita in Sicilia”.

“La mafia nasce e si sviluppa in Sicilia – affermò Chinnici in quella occasione a conforto da quanto da noi sostenuto – non prima ma subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia”. Ed ancora in una successiva intervista rilasciata ad alcuni organi di stampa a proposito della mafia legittimatasi con la venuta e con l’aiuto determinante dato a Garibaldi e successivamente con l’Unità d’Italia, Rocco Chinnici ebbe a dire: “La mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e quindi accumulazione di risorse con la sua tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza. La mafia stessa è un modo di fare politica mediante la violenza, è fatale quindi che cerchi una complicità, un riscontro, un’alleanza con la politica pura, cioè praticamente con il potere”.

Ed è questo “patto scellerato” tra mafia, potere politico e istituzioni, tenuto a battesimo prima dall’impresa garibaldina e poi come sosteneva Rocco Chinnici dall’Unità d’Italia che dura, tra trattative, connivenze e papelli di ogni genere, senza soluzione di continuità sino ai nostri giorni. Una lunga sequela di tragici avvenimenti che sin dagli albori dell’unità d’Italia hanno insanguinato la nostra terra per iniziare con la stessa uccisione del generale Giovanni Corrao a Brancaccio, poi i tragici e misteriosi avvenimenti dei pugnalatori di Palermo, il delitto Notarbartolo e il caso Palazzolo, la sanguinosa repressione dei Fasci Siciliani in cui la mafia recitò il proprio ruolo, la strage di Portella della Ginestra, le stragi di Ciaculli e di via Lazio, le uccisioni di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di tanti servitori dello Stato e di tanti magistrati che della lotta alla mafia ne hanno fatto una ragione di vita e purtroppo anche di estremo sacrificio sino alla morte.

Per arrivare alle stragi di Capaci e di Via D’Amelio dove persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quello stesso Paolo Borsellino che da quanto, in questi ultimi tempi e alla luce di nuove risultanze processuali che hanno fatto giustizia di ignobili e criminali depistaggi, ci è stato dato da apprendere si era opposto con tutte le sue forze ad ogni ipotesi di trattativa tra “Stato e mafia” e per questo ha pagato, per le connivenze tra mafia e servizi segreti deviati, con la vita il suo atto di coraggio.

Una lunga scia di sangue e di turpitudini che ha visto da sempre protagonisti un mix di soggetti: Stato, mafia,banditismo (nel caso di Salvatore Giuliano), potere politico, servizi segreti, massoneria deviata e quant’altro che hanno ammorbato e continuano ad ammorbare, da 153 anni a questa parte, la vita dei siciliani onesti. Quando ce ne potremo liberare? Con l’aria che tira sarà difficile.

fonte https://palermo.meridionews.it/articolo/22313/la-trattativa-tra-stato-e-mafia-e-cominciata-con-lunita-ditalia-e-non-e-mai-stata-interrotta/

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