Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

“Senza tocco di campane” di Giuseppe Gangemi per la rubrica “Incontro con l’autore”

Posted by on Feb 29, 2024

“Senza tocco di campane” di Giuseppe Gangemi per la rubrica “Incontro con l’autore”

Dopo anni di studi e ricerche e dopo l’uscita di due importanti libri, “In punta di baionetta” e “STATO CARNEFICE O UOMO DELINQUENTE”, il Prof. Giuseppe Gangemi chiude la trilogia con “Senza tocco di Campane” (le vittime civili taciute della guerra meridionale) arricchendo con una scientifica e inedita visione, gli studi sui tanti eventi tragici del primo decennio post-unitario. Il Prof. Gangemi collega tra di loro le tante stragi ed eccidi che si sono susseguite, “al di la e al di qua del faro”, riuscendo a legarle tra di loro nonostante le varie motivazioni che le hanno causate, ha utilizzato con maestria la statistica per spiegare la sparizione di una parte importante della popolazione napolitana e siciliana, ha spiegato come è stata preparata politicamente e giuridicamente la Legge Picae come è stata attuata ma soprattutto ha messo la parola fine sulle vicende di Pontelandolfo e Casalduni smontando pezzo pezzo “il revisionismo del revisionismo” messo in piedi da Carmine Pinto e dalla sua collaboratrice Silvia Sonetti che con ingenuità ed inesperienza ha trattato una vicenda così complessa e oscura, e da molti accademici che disperati cercano di aggrapparsi ai documenti ufficiali dell’esercito italiansavoiardo per cambiare una storia che ormai è scritta sulle pietre . Altro grande merito del Prof. Giuseppe Gangemi è quello di aver dato voce e nobiltà ai tanti ricercatori e studiosi locali che grazie alla loro passione, capacità e applicazione condita da una buona dose di entusiasmo, hanno dimostrato che la nostra storia è universale perchè è l’insieme di tante storie locali che hanno peso ed importanza enorme. Per ascoltare dalla viva voce del Prof. Gangemi i vari aspetti del libro “Senza tocco di Campane” nelle linee generali vi invitiamo a vederci venerdi 1 marzo alle ore 21 per la rubrica “Incontro con l’autore” e per farlo basta cliccare di seguito

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Gli studi sulla “Questione brigantaggio”

Posted by on Gen 10, 2024

Gli studi sulla “Questione brigantaggio”

Non c’è che l’imbarazzo della scelta per chi voglia studiare il brigantaggio. Ne parlano oltre duecento titoli di libri disponibili nelle principali biblioteche, un numero incalcolabile di articoli sparsi su riviste e giornali e 237.000 pagine internet.

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L’ORIGINE DEL MALE

Posted by on Ott 3, 2023

L’ORIGINE DEL MALE

L’ITALIA CHE FINANZIA IL MUSEO DEGLI ORRORI A TORINO. UNA BRUTALITÀ PER IL SUD

“L’origine del razzismo contro il meridionale, la teoria lombrosiana e il Museo dedicato.

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Camorra e mafia alle origini dell’Italia unita di Eugenio Di Rienzo

Posted by on Set 19, 2023

Camorra e mafia alle origini dell’Italia unita di Eugenio Di Rienzo

Preceduto dai penetranti contributi di Marcella Marmo e Gigi Di Fiore, e dal meno felice saggio di Francesco Barbagallo1, il volume di Benigno è un libro importante, documentatissimo e coraggioso che fa luce sull’intreccio tra Stato e criminalità organizzata dalla vigilia dell’unificazione al morte del primo Re d’Italia e al primo attentato contro Umberto I.

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MAMMA RAI SI ACCORGE DEI BRIGANTI INSORGENTI DELL’ALTA TERRA DI LAVORO

Posted by on Set 2, 2023

MAMMA RAI SI ACCORGE DEI BRIGANTI INSORGENTI DELL’ALTA TERRA DI LAVORO

Tempo fa in una conversazione leggera con Benedetto Vecchio scopro che la Rai aveva realizzato una trasmissione su i Briganti dell’alta Terra di Lavoro dove è stato coinvolto l’amico storico laborino Maurizio Zambardi che s’è fin dall’inizio interfacciato con Lorenzo Di Majo, autore del documentario, per la realizzazione del programma creando la mappatura geografica del viaggio e fornendo i giusti contatti che ha poi permesso l’ottima realizzazione del programma, ma non ci diedi molto peso perché pensavo che la trasmissione era già passata.

Questo pensavo fino a quando venerdi 18 giugno ’21 noto su i social che domenica 20 giugno ’21 alle 22 Rai 5 trasmette il programma di cui mi parlò Benedetto, e, anche se rassegnato a vedere la solita trasmissione salariata che mamma Rai ci regala quando si parla di Storia pre unitaria, la domenica sera mi metto davanti alla tv a vedere la trasmissione.

La presentazione del programma, pensato e costruito da Lorenzo Di Majo, viene fatta da una bella donna immersa in uno dei nostri meravigliosi e inimitabili boschi dell’alta terra di lavoro che inizia dicendo che nell’antica terra di lavoro a seguito “dell’invasione piemontese” la popolazione non accettava questo cambiamento e con armi in pugno reagì ferocemente alla suddetta invasione.

Sorpreso da questo inusuale inizio comincio a vedere il programma con occhi diversi, una narrazione che si basa sulle gesta dell’insorgente Domenico Fuoco, l’ultimo a cadere tra i nostri eroi, ben narrate dal testo dall’amico Maurizio Zambardi che l’ideatore del programma Lorenzo Di Majo ripropone in un viaggio partendo da Roccasecca ripercorrendo una parte dei luoghi che sono stati teatro di quella terribile guerra nata come lotta all’invasore, trasformatasi in guerra civile e terminata come fenomeno delinquenziale. Lorenzo dopo Roccasecca arriva a San Pietro Infine ad intervistare Maurizio che attraverso il suo libro gli ha dato l’ispirazione per realizzare il programma e dopodichè percorre a tappe i luoghi piu importanti del territorio battuto dai nostri mitici avi intervistando di volta in volta i personaggi che più sono in grado di raccontare la storia dei Briganti che gli hanno tramandato i loro padri, i loro nonni e bisnonni.

L’ingenua ignoranza, non so quanto ingenua, di Lorenzo che è stata la forza propulsiva della trasmissione, lo porta a voler cercare e a cogliere l’aspetto romantico dei Briganti cercando di capire se erano buoni o cattivi ma come fanno in molti rimane deluso perché in quelle vicende di romantico c’è ben poco, la crudeltà e la ferocia di quelle lotte raggiunse livelli altissimi e come si sa la violenza più cruenta e quella che c’è tra caino e abele. Nelle varie interviste emerge quello accadde in quel periodo e di come si spaccarono le famiglie e le comunità con il terremoto “umano” che dopo quasi 8 secoli cambio l’aspetto, la storia e la politica dell’antico Regno di Napoli. C’è chi li ha definiti cattivi e chi buoni a seconda della storia personale e familiare dei vari intervistati ma sviando come sempre dal vero nocciolo della questione che quasi tutti ignorano e che dal 1799 fino al 1860 s’è combattuta una guerra di civiltà tra due mondi, quello antico, che affonda le sue radici nella notte dei tempi dove le virtù, i valori, l’onore sono sempre stati elementi fondanti di un vivere quotidiano, che si stava difendendo dal modernismo generato dal razionalismo illuminista e giacobino dove se il fine è giusto, quel giusto come che è sempre deciso da un pensiero gnostico e d’elites,  qualsiasi mezzo è lecito per ottenerlo compreso il tradimento. Non c’è da meravigliarsi, altresì, che Domenico Fuoco, che si faceva chiamare Fra Diavolo perché come tutti gli insorgenti post-unitari voleva emulare le gesta dei suoi avi che nel 1799 furono i primi a combattere contro l’esercito invasore francese giacobino, non avesse pietà e non faceva prigionieri quando beccava i traditori mentre era generoso con chi era un suo sostenitore, in queste differenze emerge chiaramente la lotta tra due mondi ed ognuno doveva scegliere, come oggi, da che parte stare. Come affermo spesso la nostra è la terra dove nasce prima il Mito e poi la storia e se oggi si parla del Brigantaggio Insorgente lo dobbiamo solo grazie alla fiamma sempre accesa che da generazione in generazione viene alimentata, e che ricorda le gesta epiche di quella gente che sono ultimi difensori di un mondo che oggi purtroppo e quasi scomparso ma che sta permettendo, da qualche decennio, di ripristinare verità storiche che la vulgata dominante ha cercato di far sparire e che in tutti i modi cerca di non far emergere.

Da che ero scettico sul programma e quasi costretto dagli amici a vederlo, vi posso dire che in una settimana l’ho visto tre volte perché è ben fatto dal punto di vista artistico grazie alla bellezza della nostra antica terra di lavoro, ricordo che il Volturno faceva da confine tra la Terra di Lavoro che arrivava fino a San Vincenzo a Volturno e il Molise, che è stata magistralmente narrata da Lorenzo e ripresa con maestria dall’operatore che mi ha emozionato anche vedendola con i colori d’orati e ramati del pieno inverno e che mi fa dire “quann ‘e bella la terra mia”. Unico neo del viaggio paesaggistico e che e stata ignorata l’alta parte di terra di lavoro battuta da Domenico Fuoco e gli altri guerriglieri, ed è che quella lato mare dove ci sono altre perle come Sessa, Castelforte, Coreno Ausonio, Formia, Itri, Gaeta e Fondi anche se bisogna ammettere che ci vorrebbero varie puntate per visitare tutto.

Gli intervistati sono stati ottimamente scelti e hanno rappresentato le varie anime presenti nel nostro territorio dove ha spiccato certamente la figura di quel giovane che non vuole andare via, non vuole emigrare e non lo fa cercando di mendicare un posto fisso ma continuando l’attivita di famiglia senza aver paura di sporcarsi le mani. Abbiamo visto nobili, discendenti diretti dei protagonisti di questa storia, naturalisti, gente che ha studiato nei comodi libri ufficiali come il pescatore che volendo passare per dotto ha voluto mettere in evidenza il terrore che diffondevano i Briganti nei paesi dimenticando che i paesi erano più terrorizzati per quello che facevano i Piemontesi, che Isernia ancora nel 1866 accolse a braccia aperte la banda di Domenico Fuoco auspicando il ritorno di Re Francesco II e che la Terra di Lavoro come il Molise e gli Abruzzi sono state le ultime terre che accettarono il nuovo corso e che dopo il 1860 diventammo un popolo di mendicanti che cominciò ad emigrare per la prima volta nella storia e chi rimaneva, era cosi disperato, che si vedeva costretto a mandare i propri bambini nelle vetrerie in Francia con la speranza di vedere un tozzo di pane ma sprofondando invece in un grande dolore perchè si sentivano responsabili della sparizione dei propri figli, parlo della tratta dei bimbi.

Abbiamo visto persone colte come Maurizio ma abbiamo visto un uomo di cultura che ha chiuso la trasmissione, come Benedetto, che con la sua arte interpreta l’animo di un popolo, di una terra che è sempre stata di confine ma fortemente legata al Regno di Napoli e che da quando s’è legata a Roma è diventata il suo pozzo nero.

Il programma si chiude da dove era partito, a Roccasecca, con il meraviglioso tramonto che si ammira alla Chiesa di San Tommaso con l’autore che giustamente afferma di aver fatto una narrazione leggera ma che è stata la sua forza, questa è la vera cultura narrare senza inarpicarsi in teorie astruse e astratte lasciando a chi vede e ascolta la libertà di pensare quello che desidera,  e a chi è militante come me può solo considerarlo, o almeno ci spera, un punto di partenza perché prima o poi bisognerà capire cosa volesse dire Massimo d’Azzeglio quando affermava che “quaggiù non è che non vogliono noi ma non vogliono l’Italia” per smetterla di iniziare qualsiasi discorso identitario dicendo che il Regno non era il paradiso in terra ma anche che eravamo i piu poveri, una favoletta che piace anche “ai nostri” mentre invece, da come viene fuori dagli scritti di “altri”, le nostre miserie erano inferiori a quelle che si vivevano in altri luoghi, vi invito a leggere gli studi che il famigerato Cesare Lombroso ha fatto sulla pellagra.

Chiudo invitandovi a vedere il programma di seguito dal link della Rai e aggiungo alla citazione fatta da Lorenzo di Oscar Wilde quella di Cretineau “l’unica carità che possiamo concedere alla Storia è la verità”

Claudio Saltarelli

https://www.raiplay.it/video/2021/06/Di-la-dal-fiume-e-tra-gli-alberi-S3E8-fb985c5f-1688-4cd5-af31-6f1499466ad2.html?wt_mc&fbclid=IwAR0DRyXmeijBd0PfSpl5CHLIIJNv6B_yqkxgjqNaXuC_n6S1sUhdNFa_tes

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