Alta Terra di Lavoro

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Pillole di Memorie per “La storia de’ nostri tempi” di Don Giacomo Margotti (IV)

Posted by on Ago 20, 2024

Pillole di Memorie per “La storia de’ nostri tempi” di Don Giacomo Margotti (IV)

Consigliamo agli amici e ai naviganti di prestare la dovuta attenzione al testo di Giacomo Margotti, di cui andiamo pubblicando alcune parti e che meriterebbe di esssere conosciuto nella sua interezza, in quanto – secondo il nostro modesto parere – esso costituisce, insieme al De Sivo, un vero e proprio pilastro per una rilettura del Risorgimento.

Tra le pagine del Margotti si riconosce, a volte in maniera impressionante, l’Italia dei nostri giorni: arruffonna, dominata dalle finanziarie e dai furbi di turno. Vi si ritrovano tutti i mali di cui si sparla da tempo vanamente, mali che vengono ipocritamente messi in relazione con una presunta borbonizzazione dell’Italia:

  • proliferazione degli incarichi
  • malversazioni
  • ruberie
  • arricchimenti facili
  • uso e abuso del pubblico denaro

IL DANARO D’ITALIA

Il deputato Ricciardi ha proposto alla Camera un disegno di legge per aprire una sottoscrizione nazionale sotto il nome di Danaro d’Italia, alfine di coadiuvare all’armamento nazionale, soccorrere i feriti, e pagare tutto ciò che e necessario per la fabbrica… italiana. Ecco il suo disegno follo dagli. Atti uff. della Camera, N° 460, pag. 601.

«Art. 1. Una sottoscrizione nazionale, col titolo Danaro d’Italia, sarà aperta, dal giorno della promulgazione della presente legge, in tutti i comuni del regno, coll’unico scopo di aiutare il Governo nel compimento dell’impresa Italiana.

«art. 2.1 nomi de’ sottoscrittori saranno registrati nella Gazzetta ufficiale del Regno.

«Art. 3. Alla fine di ciascun mese il Danaro d’Italia raccolto nella cassa di ogni comune, sotto la responsabilità dei magistrati municipali, sarà versato in quella della ricevitoria generate d’ogni provincia.

«Art. 4. Meta delle somme raccolte sarà posta ad esclusiva disposizione dei ministri di guerra e marineria militare.

«Art. 5. Coll’altra meta sarà costituita una cassa o tontina a beneficio di quanti furono o saranno feriti nelle patrie battaglie e delle famiglie di morti in guerra; cassa o tontina, il cui regolamento sarà sempre compilato per cura della potestà esecutrice.

«Art. 6.,La sottoscrizione del Danaro d’Italia non sarà chiusa che un anno dopo la liberazione ed unificazione intiera dell’italiana Penisola» cioè il dopo pranzo del giudizio universale!»

Nella tornata del 17 di giugno il Ricciardi svolse il suo disegno. La ragione principale che egli addusse fu questa. Abbiamo il Danaro di S. Pietro: dunque vi dee essere il Danaro d’Italia. Guai all’Italia, esclamò l’oratore, se fossero necessarie molte parole per sostenere la mia proposta. Guai se il Danaro d’Italia non fruttasse maggiori somme che il Danaro di S. Pietro!

La proposta del Ricciardi venne combattuta dal deputato La Farina e rigettata dalla Camera; e questo per due motivi; perché non sarebbe onorevole per un Parlamento il promuovere una pubblica sottoscrizione, e perché l’Europa resterebbe altamente scandalizzata qualora una sottoscrizione promossa dalla Camera non corrispondesse all’aspettativa.

E la Camera operò prudentemente, laddove il Ricciardi fu salutato da un giornale libertino come uomo di un’ingenuità antidiluviana, anzi preadamitica, E fu ingenuo davvero, perché suppose che una Camera di Deputati potesse mettersi a confronto del Papa; che la rivoluzione potesse operare quei miracoli di carità e di disinteresse prodotti dal cattolicismo; che i popoli italiani fossero contenti di questo stato di cose e volessero sostenerlo con ispontanee oblazioni. II 20 di maggio il deputato Ricciardi parlava alla Camera, e diceva che, essendo ritornato in Napoli dopo poche settimane di assenza, più non la riconobbe «tanto la trovo squallida e mesta», che vide cola «grandi mali, malcontento generale, malcontento profondo, lamento perenne, stato di miseria profonda, penuria estrema». E poi il 17 di giugno il Ricciardi chiedeva a Napoli il Danaro d’Italia! Oh ingenuità antidiluviana!

Il 20 di maggio il Ricciardi vedeva nel regno di Napoli miseria, ingiustizia malversazione, uno stato di cose intollerabile; le finanze assai bistrattate e un esercito di ladri (1). E ventisette giorni dopo il Ricciardi traeva fuori colla sua proposta del Danaro d’Italia! 0 ingenuità preadamitica!

Il Danaro di S. Pietro venne da se, e non ebbe bisogno di nessun Deputato che lo sostenesse, né di nessun Parlamento che lo sancisse. Appena il Pontefice, di tutti i fedeli il Padre, come Io definì il Concilio Lateranense IV, appena la Chiesa Romana, di tutte le Chiese Madre e Maestra, come la chiamò il Concilio di Trento, furono nei più stretti bisogni, e tosto i cattolici senza tante casse e tante tontine si affrettarono a soccorrere il Padre e la Madre comune. La legge che ordino questi soccorsi fu scritta nel cuore di tutti i credenti; gli articoli erano la fede, la pietà, la carità. Noi stessi abbiamo incominciato a raccogliere il Danaro di S. Pietro senza quasi addarcene. Venne una prima sottoscrizione, poi una seconda, una terza, una quarta, ed oggidì non passa giorno che molte oblazioni non ci giungano per metterle a’ piedi del S. Padre.

Il deputato La Farina e i suoi colleghi temono che il Danaro d’Italia non riesca, e la poverina n’abbia il danno e le beffe. Ma questo noi non abbiamo temuto mai pel Danaro di S. Pietro. Sarebbe stato un far torto alla religione ed al buon cuore degli Italiani, e un bestemmiare la Provvidenza di Dio. Si, tutte le volte che il Papa avrà bisogno troverà sempre de’ figli che metteranno a’ suoi piedi le loro ricchezze.

Il Ricciardi nel promuovere il Danaro d’Italia dimentico che la povera Italia già pagò, paga e pagherà questo danaro. Non lo paga e vero, volontariamente come il Danaro di S. Pietro, non lo paga con eguale consolazione dell’animo; lo paga costrettavi dall’esattore, Io paga al fisco che la munge, lo paga sotto il timore dell’oppignorazione e del carcere, ma lo paga pur troppo e dovrà anche pagarlo per l’avvenire.

(1) Vedi Atti Uff. della Camera, N° 140, pag. 526, 527, 528.

Son Danaro d’Italia le terribili imposte che pesano sul povero Piemonte. Nel 1848 noi pagavamo meno di ottanta milioni all’anno per contribuzioni, e nel 1858 abbiamo pagato 137 milioni di lire; nel 1859 ne abbiamo pagato 148 milioni, e pagammo 150 milioni di lire nel 1860, Questi ottanta milioni di più, che pesano sull’esausto Piemonte, sono Danaro d’Italia.

E Danaro d’Italia furono la Savoia, Nizza, Mentone e Roccabruna, dati alle straniero; e altro Danaro d’Italia sarà pagato tardi o tosto son nuove provincie, affinché la rivoluzione possa ottenere nuove concessioni.

Già pagano e pagheranno ancor più largamente il Danaro d’Italia i Lombardi, i Parmigiani, i Modenesi, i Toscani, i Romagnoli, gli Umbri e i Marchigiani, le cui imposte saranno triplicate, perché possono sedersi al banchetto delle libere nazioni.

Napoli incomincia già a pagare il Danaro d’Italia, e il cavaliere Nigra ce né die un saggio nello specchietto che chiude la sua relazione. Nei quattro, mesi del 1861 Napoli ha visto aumentarsi le sue spese di cinque milioni e mezzo di lire, e aumenta di spese vuol dire sempre aumento di contribuzioni.

La Sicilia paga il suo Danaro d’Italia con un aumento di cinque milioni di spese su quelle che pagava sotto la tirannia dei Borboni. E nella stessa tornata del 17 di giugno il ministro Bastogi annunziava che fra giorni presenterebbe cinque leggi d’impesta! Invece dei sei articoli del Danaro d’Italia avremo cinque brave leggi d’imposta, e sentirete che belli e grandi cordiali evviva alla libertà?

Vi sono però alcuni che non pagano il Danaro d’Italia, ma lo riscuotono, e sono, per esempio, in Sicilia i nuovi impiegati, che consumano lire 899,750 50 più degli antichi; sono coloro ohe aumentarono il debito pubblico dell’isola di una rendita annua di lire 2,550,600, cioè d’un quaranta milioni di capitale; sono coloro che a Napoli nel primo quadrimestre del 1861 si fecero pagare tanti assegni straordinari per 5,740,813 ducati, e questo in linea provvisoria, come attesta il cav. Nigra.

Ed anzi poiché il deputato Riociardi e cosi tenera pel Danaro d’Italia, vorremmo che chiedesse notizia al ministero di quel tale scandaloso processo girato al Popolo d’Italia di Napoli, che aveva accusato certi onorevoli d’avere riscosso un po’ troppo largamente per se il Danaro degli Italiani. Con nostra grande sorpresa quel processo, che a quest’ora dovrebbe essere finito, ci sembra invece sepolto.

Del resto le cifre dal Danaro d’Italia sono ben numerose. e Danaro d’Italia il prestito di settecento milioni ohe sta per contrarsi; e Danaro d’Italia il sangue che fu sparso in Crimea ed in Lombardia per passare dalla preponderanza austriaca Botto il predominio francese, e Danaro d’Italia quel numero senza numero d’Italiani che a Capua, a Gaeta, a Messina ed altrove restarono vittime della loro fedeltà. E’ Danaro d’Italia quel cumulo di fucilazioni che incominciale col liberalismo non cesseranno se non quando cessi questa dolorosa parodia della libertà.

E dopo tutto questo il deputato Ricciardi vuole istituire il Danaro d1 Italia, come se noi non avessimo pagato nulla, come se l’Italia dovesse incominciare domani a pagare!

Lode alla Camera che ha rigettato prudentemente la proposta! Il Danaro d Italia sarebbe stato un secondo plebiscito, ma molto più solenne del primo-

Nessuno avrebbe osato accusare i liberali d’aver moltiplicato i danari. Essi sono sempre innocenti di simili delitti!

Però poteva avvenire che dove i voti furono unanimi, quando si trattò di minuzzoli di carta, trattandosi poi di scudi e di lire, il risultato dovesse esser zero. La Farina che se ne intende scongiurò il periodo oppugnando la proposta del Ricciardi, e quando si venne alla votazione sorsero in favore quattro Deputati, e compreso Ricciardi, cinque!

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/margotti_primi_vagiti_del_regno_d_italia.html#Ricciardi

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