Alta Terra di Lavoro

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Piroscafo a ruote, battente il tricolore

Posted by on Feb 10, 2022

Piroscafo a ruote, battente il tricolore

Ed ecco invece il piroscafo a ruote, battente il tricolore in quel momento ancora soltanto sardo, in una rappresentazione che compare nel sito http://digilander.libero.it/carandin/squassedio.htm GAETA 1861 Unità Navali partecipanti all’assedio ed al blocco della Piazza di Gaeta dal 19 gennaio al 13 febbraio 1861

Con la seguente didascalia: Il 20 gennaio 1861 il Mozambano entrò con bandiera parlamentare nel porto di Gaeta per notificare il blocco navale di quella Piazzaforte.

Il 22 dello stesso mese prese parte all’azione di fuoco contro le Batterie di Ponente, funzionando poi come ripetitrice di segnali. Il 31 gennaio fermò il “barco” San Luigi , sospetto di contrabbando di armi. Durante febbraio venne adibita al trasporto a Ponza e a Genova dei prigionieri e degli sbandati del disciolto esercito borbonico.

  Quanto al capitano Ferdinando Cafiero, questi ricompare a pagg. 114 – 115, capitolo diciottesimo, dell’opera di Lamberto Radogna, sotto il titolo La prima nave a vapore delle Due Sicilie a New York: “Un primo tentativo di istituire un servizio di navigazione a vapore tra il Regno delle Due Sicilie e gli Stati Uniti d’America si ebbe nel 1842…”

“….L’iniziativa venne ripresa verso la fine del 1852 dai palermitani Luigi e Salvatore de Pace, già armatori e proprietari di bastimenti d’altura, che, assieme a certo Schuster, costituirono la società d­i navigazione « Sicula Transatlantica » allo scopo di iniziare un servizio diretto fra Palermo e New York.

Fu allora ordinata per Lstg. 18.500 ai cantieri James & George Thomson di Glasgow la costruzione del piroscafo Sicilia di tonnellate 828 di portata lorda e 462 nette, in ferro, a elica, lungo 220 piedi inglesi e largo 28 a tre alberi, con prora a clipper e macchina di 250 cavalli, che, varato il 16 gennaio 1853, lasciò la Clyde il 31 marzo 1854 al comando del capitano John Carson, con un equipaggio di 24 uomini. …”

“… La sua prima partenza, programmata e annunziata per la fine di marzo 1854, venne perciò ritardata al mese di giugno. Al comando del cap. Ferdi­nando Cafiero di Meta di Sorrento, il Sicilia lasciò Palermo nel pomeriggio del l° giugno 1854 con 33 passeggeri e 38 uomini di equipaggio. Dopo aver completato il carico a Napoli e a Sorrento. transitò per Gibilterra il 5 giugno e dopo 26 giorni di viaggio, arrivò a New York il 28 giugno 1854, essendo così la prima nave a vapore di uno stato italiano che approdò nel Nordamerica.

Il Sicilia rimase fermo a New York per circa un mese, appoggiato agli agenti marittimi E.J. Fiedler. Lasciata New York il 30 luglio, fu costretto a rientrarvi il giorno dopo per la cattiva qualità del carbon fossile caricato, tale da non poter sufficientemente alimentare la pressione in caldaia.

Partì nuovamente da New York il 3 agosto, fece scalo a Gibilterra il 22, a Marsiglia il 3 settembre e arrivò a Genova il giorno seguente, sbar­candovi 53 passeggeri e 593 unità di carico. Proseguì il 5 per Napoli e infine rientrò a Palermo il mattino del 14 settembre 1854.”

Dunque, se il Capitano  Ferdinando Cafiero nel 1841 era considerato “valente persona che ­sì bene fece la commissione” ed era noto come “già comandante del Francesco I, e diede prove di valoroso tra le burrasche da Londra a Cadice solo con sei marinari napolitani”, si può per lo meno dubitare che avesse usato il Mongibello affidatogli dall’armatore come un ariete per affondare il Polluce: vuoi per imperizia, vuoi per bieco spirito  anti-unitario già diciannove anni prima che  Cavour spedisse Garibaldi in avanscoperta ad aggredire il Regno delle Due Sicilie. Tanto più che quel piroscafo mercantile napoletano fu, come abbiamo visto, regolarmente acquistato nel 1848 dalla marina militare sarda.

Ma, la retorica del “non parlar male di Garibaldi” esercita sempre un fascino perverso sugli italiani. Ed ecco che mercoledì 16 novembre 2005 nella seduta n.706 della Camera dei Deputati, l’onorevole Ciro Falanga, del Gruppo Misto, presenta una interrogazione a risposta scritta al Ministro per i beni e le attività culturali. Leggetela: “ Per sapere – premesso che: le cronache italiane si stanno occupando ormai da tempo delle travagliate vicissitudini della nave Polluce della compagnia Rubattino di Genova: primo piroscafo portavalori a ruote e a vela degli Stati italici post napoleonici che fu speronato e affondato tra l’Elba e Montecristo nel 1841 mentre trasportava la grandiosa colletta di preziosi, gioielli e monete di oro e argento, raccolti soprattutto all’estero e destinata a Genova per i moti insurrezionalisti (sic!) mazziniani; colletta – illazione- la storia del «Polluce» è nota, non solo per la tragedia dell’agguato e dello speronamento da parte della nave idrografica (sic!) Mongibello del Regno delle Due Sicilie, ma anche per i successivi tentativi di recupero a cento metri di profondità, falliti per i maliziosi quanto efficaci interventi dell’«intelligentija» degli Stati italici controinteressati, quando la incredibile impresa per quei tempi, sembrava ormai, coronata da successo; la soprintendenza della Toscana, per il recupero di ciò che restava sul fondo del mare nell’area del relitto della nave Polluce, ha scelto una società, a parere dell’interrogante, senza che venissero accertate le garanzie previste per legge, ovvero, che la società prescelta possedesse consolidati requisiti qualitativi, mentre la sponsorizzazione è invece rappresentata da due società di Ravenna che nulla hanno a che fare con la archeologia sottomarina, occupandosi professionalmente di ricerche storiche su temi del mare la prima e di lavori per impianti subacquei di idrocarburi la seconda;  nel contratto in questione, stipulato dalla soprintendenza in tutta fretta nel mese di agosto, la medesima concepisce il «recupero» dei soli preziosi, lasciando invece, il relitto della nave portavalori sul fondo del mare; un recupero così architettato ed eseguito con società più esperte a lavori di trivellazione del fondale marino, piuttosto che alla meticolosa e delicata opera di individuazione e prelievo del materiale archeologico dalle concrezioni calcaree, non ha potuto farsi strada che attraverso gli ulteriori squarci dello scafo del Polluce; nonostante il menzionato relitto, ancora integro fino al 2000, sia stato devastato in quell’anno dalle società inglesi incaricate dalla Soprintendenza, sarebbe stato tuttavia ancora recuperabile per essere destinato, dopo la ricostruzione, ad una esposizione museale permanente, non solo in quanto emblema di un significativo momento storico del nostro Risorgimento ma anche per la lunga serie di episodi ad esso collegati in Italia e all’estero e a tutt’oggi celebrati nel mondo; episodi in grado di ingenerare nei visitatori grandi interessi storici, culturali, letterari e turistici; le vicissitudini connesse a questo «Polluce» spaziano, infatti, dalla ricerca storica dei legami tra gli Stati europei con la causa risorgimentale italiana, come è avvenuto per il movimento culturale russo dell’«intelligencija» che contava a Livorno sulla sede della prima ambasciata russa nella Penisola, all’interesse letterario che la realtà romanzesca di Dumas ha conferito con il suo celebre romanzo ambientato tra l’Elba, Montecristo e Marsiglia, porto dove il Polluce era atteso; a parere dell’interrogante, dopo le razzie operate negli anni scorsi, il bene di più nobile valore da recuperare doveva consistere nello stesso «Polluce» per essere destinato, dopo la ricostruzione, ad una esposizione museale permanente, non solo in quanto emblema di un significativo momento storico del nostro Risorgimento ma anche per la lunga serie di episodi ad esso collegati in Italia e all’estero e a tutt’oggi celebrati nel mondo, anche al fine di garantire all’area dei comuni interessati, ad un eventuale sede museale permanente dedicata al relitto del Polluce, nuovi ed interessanti leve economiche legate allo sfruttamento economico del sito bene recuperato; secondo l’interrogante, la serie delle azioni compiute dalla soprintendenza della Toscana in occasione della autorizzazione concessa nel 1999 agli inglesi che hanno operato sul relitto del Polluce, avrebbe dovuto indurre un minimo di prudenza, evitando che fossero proprio i medesimi funzionari della Soprintendenza ad occuparsi anche del contratto di questa sorta di ripescaggio -:se non intenda il Ministro interrogato, ed in caso contrario perché, di attivarsi al fine di garantire il recupero di ciò che resta sul fondo del mare; se non intenda il Ministro interrogato, ed in caso contrario perché, avviare una indagine volta ad appurare se la scelta dello sponsor per le operazioni di recupero dovesse avvenire con le garanzie previste dal decreto legislativo n. 30 del 2004 a cui il contratto stesso si riferisce, ovvero, nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 2, circa la qualificazione dei progettisti e dei soggetti esecutori delle opere e non come accaduto mediante l’affidamento a due società che nulla hanno a che fare con la archeologia sottomarina, occupandosi professionalmente di ricerche storiche su temi del mare la prima e di lavori per impianti subacquei di idrocarburi la seconda; se non appare al Ministro interrogato, ed in caso contrario perché, contraddittorio il riferimento contrattuale della disposizione di legge a cui il contratto si riferisce (articolo 120 del decreto legislativo n. 42 del 2004) il quale stabilisce pedissequamente che «la promozione avviene per l’associazione del nome, del marchio dell’immagine e dell’attività o del prodotto all’iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico e storico del bene da tutelare e valorizzare, da stabilirsi con il contratto di sponsorizzazione»; mentre non dice, e quindi lo esclude, che la sponsorizzazione possa essere compensata dalla Pubblica amministrazione con altri tipi di scambio, come invece, indica la serie delle controprestazioni contrattuali concesse dalla soprintendenza; se non intenda il Ministro interrogato, ed in caso contrario perché, che vi sia da chiarire per quale oggettivo motivo di pubblico interesse la Soprintendenza si è accordata con lo sponsor (contratto) puntando il tutto e per tutto unicamente sul miraggio dei preziosi ancora rinvenibili dopo il furto; preziosi da conferire allo sponsor in comodato quadriennale rinnovabile, compresi quelli già restituiti da Scotland Yard all’Italia nel 2003, stimati in 5 miliardi delle vecchie lire; se non intenda il Ministro interrogato, ed in caso contrario perché, adottare le necessarie misure volte ad accertare ogni responsabilità per la perdita definitiva del valore dei preziosi mancanti dall’inventario e da quella dello stesso Polluce, lasciato con il suo retaggio di storia sul fondo del mare. (4-18091)

L’onorevole interrogante Ciro Falanga è originario di Castellammare di Stabia, città dai cui cantieri navali uscì probabilmente  “non a caso il primo vapore europeo a solcare il mare, il Ferdinando I, fu qui costruito…” E ancora: “ Jules Millenet scriverà nel 1834: “In un’epoca in cui la Francia non possedeva alcun battello a vapore, e dove questo sistema di navigazione non era stato ancora adottato in Inghilterra, se non sui fiumi e sui golfi, si costruiva a Napoli il primo bastimento a vapore che abbia attraversato il Mediterraneo”. (Roberto Maria Selvaggi La grande marina mercantile e militare napoletana, riportato nel nostro sito, nella sezione Economia e società).

Occorrerebbero molte pagine  per porre in evidenza le innumerevoli inesattezze contenute in questa interrogazione. Si dà il caso che nel 1841 la situazione politica in Italia  fosse piuttosto tranquilla. Se poi il Mongibello avesse speronato di proposito il Polluce che “ trasportava la grandiosa colletta di preziosi, gioielli e monete di oro e argento, raccolti soprattutto all’estero e destinata a Genova per i moti insurrezionalisti mazziniani” vorrebbe dire che Ferdinando II delle Due Sicilie avrebbe fatto un grosso piacere a Carlo Alberto I d Sardegna, il quale  di Mazzini aveva ottenuto la condanna a morte in contumacia. Per gli altri macroscopici sfondoni contenuti nell’interrogazione dell’onorevole Falanga, rimandiamo ai siti  www.hdsitalia.com e www.relitti.it che spiegano per filo e per segno che cosa è stato possibile fare e perché sui miseri resti del Polluce. Per conoscere tutta la verità occorre ritrovare la sentenza del 1844 che secondo gli autori dell’Oro dell’Elba dà ragione a Rubattino (per altro rilevando come questi non fu mai risarcito del danno riconosciutogli) mentre secondo Radogna/Perfetto “il tribuna­le di Livorno addossò la responsabilità dell’investimento al capitano del vapore sardo, condannandone l’armatore. Le spese sostenute per il processo furono di ducati 1.039,80.­”

Una moneta d’oro a 850/°°°da cento ducati coniata nel 1839 è raffigurata qui sotto in recto e verso. Così come è riemersa il 30 ottobre, ultimo giorno di scavo subacqueo, unica moneta delle Due Sicilie tra le decina di migliaia di colonados spagnoli d’argento e  di 10 e 20 franchi francesi d’oro stivate nel Polluce.

Gaetano Cafiero

2 Risposte per “Mongibello contro polluce, a chi la colpa del naufragio?”

Non ho mai abbandonato le mie ricerche su Mongibello e Polluce. Notizie non ne
trovo, “perle” in abbondanza. L’ultima l’articolo di Umberto Pinotti su “Il
carabiniere” di gennaio 2008. Costui scrive: “…. trasporta 49 passeggeri,
ricchi e nobili napoletani convinti di dover assicurare i loro tesori fuori
dalla città partenopea in rivolta contro Ferdinando IV di Borbone”. Nel 1841?!
Ma sul trono delle Due Sicilie non c’era Ferdinando II, nipote (figlio del
figlio) di Ferdinando IV? E nel 1841 quali rivoluzioni ci furono a Napoli?”
C’è un modo di dire napoletano che descrive icasticamente il rischio che
corrono le cose serie trattate dagli ignoranti: ‘a pazziella ‘n ‘mmano ‘e
criature….

hey !!
its very interesting point of view.
Nice post.
realy gj

fonte

http://www.adsic.it/2005/12/12/mongibello-contro-polluce-a-chi-la-colpa-del-naufragio/#more-572

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