Alta Terra di Lavoro

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RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (VIII)

Posted by on Lug 17, 2023

RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (VIII)

La fauna

Come in tutti i luoghi in cui la natura non viene mortificata dall’uomo, è possibile incontrare volpi, tassi, cinghiali, istrici, faine. E’ possibile scorgerne le loro tracce, spesso in vicinanza delle abitazioni, dove si avvicinano di notte. In zona vi sono anche vipere, ma più facilmente si può osservare qualche biscia.

Ricordo che circa trenta anni orsono, la nostra casa si trasformò in centro ornitologico. A più riprese ospitammo Maurizio Fraissinet, esperto ornitologo, che resosi conto della grande varietà di uccelli nella zona, chiese di fare qualche campagna di inanellamento. Furono installate apposite reti e gli uccelli catturati, maneggiati con molta cura, furono misurati, inanellati e liberati.

Di seguito, per conoscenza delle persone interessate, si riporta l’elenco delle specie inanellate in una di queste operazioni:

24 passere mattuge, 6 cinciallegre, 4 passeri d’Italia,

4 zigoli, 4 pigliamosche, 3 picchi muratori,

3 cinciarelle, 2 rondini, 2 merli, 2 averle piccole,

2 cardellini, 1allocco, 1 picchio verde, 1 capinera,

1 picchio rosso, 1 rampichino.

In zona, vi sono anche civette, poiane, gufi e pipistrelli, che hanno scelto come dimora il tetto della nostra casa. A seguito di lavori di manutenzione dello stesso tetto scomparvero, per ritornarvi a lavori compiuti, utilizzando un nuovo foro per arrivare al vecchio habitat.

Un’estate, Meini il compagno di Laura, svizzero con spiccato spirito di osservazione, ne contò poco più di un centinaio, sempre alla ricerca di notte di zanzare e altri insetti, loro cibo preferito.

Recentissimamente nel nostro giardino-castagneto, Meini ha visto uno scoiattolo nero (Sciurus meridionalis) solo recentemente abbiamo appurato dell’esistenza dell’animaletto nei boschi di Calabria e Basilicata, e ora anche in Campania, continua a diffondersi.

Marzia Salzillo li ha simpaticamente definiti scoiattoli terroni.

Nei pressi è stato visto anche un cucciolo molto piccolo che non riusciva ad arrampicarsi facilmente; Laura e Meini non conoscevano questa specie, infatti nel loro giardino in Svizzera si vedono scoiattoli europei, di colore grigio e americani di colore marrone chiaro. Per osservare bene questi animaletti, hanno sistemato una mangiatoia, a cui si avvicinavano per rifocillarsi con le noci, di cui sono ghiotti.

I dintorni

Da Macini è molto facile arrivare a Roccamonfina, grazie ad una strada, che attraversa i castagneti più belli di tutto il territorio. Si può visitare il santuario dei Lattani (1430), con interessante architettura e un chiostro con fontanelle di acqua sorgiva della zona. Qualche chilometro più su si arriva ad un piazzale con una bellissima vista della zona, che va fino al mare.

Al monte “La Frascara” si può ammirare “l’Orto della regina”: con dei resti megalitici di una fortezza risalente al III o IV secolo a.C. Da uno spiazzo si può godere la bellissima vista di tutto il golfo di Gaeta.

A Tora, su una colata lavica, si possono osservare orme di ominidi, chiamate “ciampate del diavolo”, a Vairano Patenora è possibile visitare i resti di un castello Aragonese e a Teano, antica capitale dei Sidicini, il teatro romano, dove in estate si tengono interessanti rappresentazioni. C’è anche un importante museo arricchitosi di nuovi reperti archeologici, reperiti durante gli scavi per la linea ferroviaria ad alta velocità.

A Sessa Aurunca vi sono bellissime chiese e un teatro romano. È molto interessante la processione del venerdì santo con molti fedeli incappucciati.

A Capua, c’è un interessante museo.

A S. Maria Capua Vetere un anfiteatro romano ben conservato e, per grandezza, secondo solo al Colosseo.

Dulcis in fundo

Macini, è tra i territori marzanesi uno dei più ricchi di funghi. Porcini, gallinacci, ovuli, velletole, chiodini.

Alcuni amici nostri ospiti, attribuirono la loro squisitezza al territorio vulcanico, definendoli “funghi vulcanici”.

Nella zona vi sono molti cercatori bravi, ma chi eccelle è Luigi Salzillo. Una mattina ebbi il privilegio di andare con lui non porta mai persone con sé e in quella occasione capii a cosa fosse dovuta la sua bravura: ha un’approfondita conoscenza dei “posti”. Ma la cosa che maggiormente mi sbalordì fu la sua vista eccezionale: vedeva i funghi da distanze ragguardevoli, anche quando erano coperti da foglie secche.

Nel compleanno dei 60 anni di mia sorella Rita, le dedicai i versi che seguono:

Nu suonno e compleanno. È un sogno, che vede nell’aldilà un ragionamento tra i nostri genitori.

Giuvannì è vech a nu paese scunusciuto. So diventati assai, a famiglia è crisciuta.

Si Pascalò tu ampress te ne isti e Marzano nun o vedist e mò ci stanno pure l’at: neputi, pronipoti e l’urdimo arrivat.

Insomma Pascalò, a famiglia s’è allargata.

Ma che stanno festeggianno qualche compleanno?

Si chill e Rita e sissant’anni.

Ma guarda a cinesella: tene e capill bianch ma è contenta… è pur divertita cu sta famiglia riunita.

E mò, visto l’occasione, benericimm assent e present,

o compleanno e tutti chilli che verranno.

Il Presepe

 I nostri ragazzi, nelle festività natalizie, vedono molti presepi allestiti per l’occasione.I genitori, però, farebbero bene a far conoscere la storia del presepe napoletano. Solo cosi manterremo quest’antica e bellissima tradizione.  

Un napoletano che osserva il primo presepe fatto da S. Francesco a Greccio, forse rimane un po’ deluso, ma il santo poverello aveva voluto mostrare com’era stata umile la nascita di Gesù: La rappresentazione è molto semplice: una grotta con il bue e l’asinello che riscaldano l’ambiente e in mezzo alla Madonna e S. Giuseppe Gesù sulla paglia nella mangiatoia.

A Napoli, furono realizzati prestigiosi presepi del ‘700/800 da artisti bravissimi.

Il presepe, una volta arrivato a Napoli, grazie alla grande religiosità della città ed alla fantasia napoletana, ebbe uno sviluppo considerevole. Insieme alla rappresentazione religiosa, divenne opera d’arte con grande valenza culturale raggiungendo nel ‘700 il suo maggiore splendore.

La natività venne però rappresentata in maniera originale: nell’ambiente napoletano dell’epoca con le sue peculiarità, in un presepe, ricco di simbolismi.

In quell’epoca ci fu un rifiorire di attività presepiali e anche Re Carlo di Borbone fu affascinato dal presepe e volentieri partecipava alla sua costruzione. Molte delle dame di corte si cimentavano a fare i vestiti di stoffa per i pastori e ognuna riproduceva gli abiti delle provincie di provenienza, anche le più remote. Infatti i presepi napoletani del ‘700 hanno prevalentemente pastori con i vestiti delle regioni di tutto l’antico regno.

Dopo Greccio, la tradizione del presepe in Italia si diffuse a Bologna e Napoli. A Bologna limitatamente alla festa di S. Lucia, a Napoli, in pianta stabile nel centro antico ed attuale S. Gregorio Armeno. In questa zona, misero bottega molti artigiani per fornire presepi alle case nobili e quelle ricche, che gli riservavano un intero ambiente della propria casa. Il resto della popolazione si auto costruiva piccoli presepi con materiali poco costosi. Per lo più di sughero o di carta con colla di farina. Questi ultimi venivano conservati per essere bruciati sui grandi fucarazzi (falò) di S. Antuono (S. Antonio Abate) il 17 gennaio.

In ogni caso, c’è sempre stata l’usanza di visitare i presepi molto belli che si facevano in tutte le chiese. La tradizione del presepe nel popolo dell’antico regno, fu portata anche nei numerosi paesi delle migrazioni post unitarie e oggi, in molti paesi del mondo, è viva questa tradizione napoletana.

Il presepe per i nipoti.

Il fascino esercitato dal presepe che a fine ‘800 Michele Cuciniello allestì nel museo di S. Martino, (a mio parere tra i più belli) mi ha stimolato nella realizzazione di opere ispirate a quella grande opera. I pastorelli in terracotta sono realizzati da un amatore, conoscente.

Pur utilizzando per lo scoglio (paesaggio) i materiali classici; soprattutto sughero, oggi l’impiego di nuovi materiali facilita la lavorazione delle parti più complesse, come la locanda. Altro elemento pure utilizzato è l’impasto di gesso, molto utile a raccordare le parti rocciose fatte di sughero. L’invecchiamento della struttura si può ottenere con più mani di colore e col pennello poco impregnato. Un ulteriore invecchiamento lo può dare una spennellata con miscela molto diluita di acqua, vinavil e posa di caffè.

Rispetto al prestigioso presepe preso a modello, sono state introdotte piccole modifiche per richiamare l’attenzione sulla stratigrafia della città di Napoli (greca e romana) alla quale oggi, per capire dove affondano le nostre radici diamo maggiore attenzione. Infatti, la cantina sotto la locanda vuole rappresentare un antico rudere romano, realizzato con muratura “opus reticulatum” e il piano stradale, di tipo romano, ricorda quello nelle antiche Ercolano e Pompei. La capanna con la natività, posta sotto le colonne di un tempio pagano diroccato, simboleggia la nascita povera di Gesù, che darà vita alla nuova religione che sostituirà il paganesimo.

ANIELLO GIANNI MORRA

continua…….

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