Alta Terra di Lavoro

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RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (XV)

Posted by on Ago 7, 2023

RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (XV)

Vini da invecchiamento.                           

Per ottenere questo tipo di vino, occorre allungare i tempi di macerazione affinché aumenti l’estrazione delle sostanze coloranti (antociani), e polifenoliche tanniche. I tempi di macerazione in recipienti tradizionali vanno quindi da sei ad otto gg. e più per casi particolari.

Per macerazioni brevi le temperature delle vinacce non dovrebbero superare i 25° per quelle lunghe si tollerano anche 30°. Le temperature più elevate favoriscono l’estrazione dei tannini.

Nocillo.

La nostra tradizione ci ricorda il nocillo, un liquore derivante dalla fermentazione delle noci raccolte a S. Giovanni (24 giugno). Sì incominciava a berlo nelle festività natalizie apprezzando insieme le suo proprietà digestive, dovute alla presenza di spezie ed oli essenziali per questo motivo veniva chiamato “merecina” (medicina).

     Come si ottiene:

 Le noci si raccolgono a S. Giovanni (24 giugno) e vanno lavorate quanto prima.

 Si lavano e si asciugano immediatamente con uno straccio di cotone in modo che non inumidiscano;

 Si spaccano in quattro parti, facendo attenzione a non far uscire il mallo, parte fondamentale nella preparazione del nocillo;

 In un recipiente di vetro si aggiungono le noci tagliate, la cannella, la noce moscata leggermente schiacciata, i chiodi di garofano e i due tipi di chic il tutto chi di caffè. Il recipiente di vetro va chiuso ermeticamente. Il tutto va lasciato in infusione per 40 giorni, possibilmente in un luogo assolato e all’aria aperta, ricordandosi di mescolare il nocillo una volta alla settimana.

Passati i 40 giorni, si prepara lo sciroppo facendo sciogliere lo zucchero nell’acqua tiepida. Si filtra l’alcol in modo da eliminare le noci macerate con i residui di spezie e si versa nello sciroppo. Si mescola bene con un cucchiaio di acciaio fino a quando lo zucchero e l’alcol non sono ben amalgamati.

  Infine si travasa il nocillo nelle bottiglie, si chiudono e si lasciano riposare per un   mese a temperatura ambiente e lontane dal sole. Trascorso il mese, il nocillo è quasi pronto per essere bevuto: il riposo più propizio è comunque tra i 6 mesi e l’anno.

Le noci macerate intrise di nocillo, possono essere ancora utilizzate per fare “il vino del nocillo”. Occorre un buon vino bianco dove le noci macerate scaricano in pochi giorni i residui di alcol e spezie producendo un ottimo aperitivo o vino da dessert. Una piccola aggiunta di zucchero, in base ai gusti, lo rende più gradevole.

 

PASTIERA

La pastiera è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana in cui si incrociano le storie familiari e la scuola pasticcera classica, migliorata da suore di un monastero napoletano, che ottimizzandone le proporzioni degl’ingredienti la resero più saporita e vicina al gusto popolare.

Si prepara il giovedì santo e si mangia la domenica di Pasqua, per dare tempo agli aromi di amalgamarsi bene tra loro. Anche quando si prepara in altri momenti, occorre prepararla almeno tre giorni prima di mangiarla.

Tra mito e storiaMolto probabilmente la pastiera era un dolce sacrificale che veniva offerto alla Sirena Partenope.

Una antica leggenda, il cui ricordo è ancora vivo, racconta:

la sirena Partenope incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero. Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova;  il grano tenero, bollito nel latte come simbolo dorato della vita germogliante e rafforzato dal primo alimento umano; l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra volevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l’universo. La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora e depose le offerte preziose ai piedi degli Dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.

Di seguito si riportano i versi del dolce più amato a Napoli.

STORIA  IN  RIMA DELLA PASTIERA

A Napule regnava il Borbone Ferdinando

ca passava e’ jurnate coi ministri ragionando;

Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,

Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa.

O’ musso luongo, nun redeva maje,

Comm’avess passate tanta guaje.

Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera

Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.

Piace e’ femmene, all’uommene e creature:

Uova, ricotta, grano, e acqua e ciure.

Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina

Si pò purtà nnanz o’Re e a Rigina”.

Maria Teresa facett a’ faccia storta:

Ma mentre mastecava, riceva: nunn’è na

torta: è nu dolce che si mangia n’Paraviso!

E le scappava pure nu sorriso.

Allora o’ Re dicette: E che marina!

Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?

E mò c’o saccio ordino al cuoco che,

a partir d’adesso, sta’ pastiera la faccia

un po’ più spesso.

Nun solo a Pasqua, che altrimenti pe fà

ridere a te adda passà n’at’ anno!” 

 

“Currite, giuvinò! Ce stà ‘a pastiera!”

E’ nu sciore ca sboccia a primmavera,

L’ inimitabile fragranza soddisfa primm

‘o naso, e dopp’a panza.

Pasqua senza pastiera niente vale:

è comm ‘a Vigilia senz’albero ‘e Natale,

Gl’ ingrediente so’ bbuone e genuine:

ova, ricotta, zucchero e farina

e’ o ggrano ca mmiscato all’acqua e’ fiori

arricchisce e moltiplica i sapori.

‘E ttruove  a tutte parte:

e solo sull’impasto, ce vò ll’arte!

A Napule, a Partenope ’Sirena

c’a pastiera faceva pranzo e cena.

In epoca greco-romana

La decorazione a “grata” di pastafrolla sulla pastiera, in numero di sette strisce complessive (quattro in un senso e tre nel senso trasversale), a croce greca, formano la “planimetria” di Neapolis così come ancora oggi si presentacon itre Decumani e con i Cardini che li attraversano in senso trasversale; rappresentando così, in maniera simbolica, l’offerta alla Sirena Partenope ed agli Dei, dell’intera Città stessa, come sublime e collettivo atto di devozione.    

Come si sa, alle origini delle leggende dei popoli c’è sempre un fondo di verità!

Ingredienti per ripieno
700 gr di ricotta romana (di pecora)   400 g di zucchero. (meglio di canna mascobado)
500 gr di grano cotto per pastiera   200 gr di scorzette miste tagliuzzate
40 gr di burro  5 uova + due rossi  300 ml di latte  1 limone  1 arancia
1 bustina di cannella, 1 di vaniglia, 1 fiala di fiori d’arancio e una di millefiori  un pizzico di sale
pasta frolla 400g farina, 150g di zucchero, 150g di sugna,                          1 bustina di vaniglia, del limone grattugiato.

Si lavora mescolando con 1 uovo intero e due rossi. Si tiene circa mezz’ora in frigo.

Questa è la ricetta di base, nella quale vengono apportate variazioni che servono ad un simpatico confronto con amici e parenti, soprattutto nei momenti conviviali in cui ognuno porta la propria pastiera. Con gli anni, si ricorderà la pastiera di mia madre o di zia……            

A.G. Morra

I dolci natalizi.

I dolci più mangiati in queste festività sono i roccocò, i mustacciuoli, raffaiuoli o cassatine, struffoli, susamielli, pasta reale in varie forme e dimensioni ecc.

Per non dilungarci troppo sulla loro storia, diremo che provengono tutti dai lavori di suore di conventi napoletani, che con gli anni i pasticcieri locali li hanno migliorati, al punto di come vengono oggi presentati.

Aniello Gianni Morra

continua

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