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Rivoluzione francese, in un video il Terrore scatenato contro i preti

Posted by on Apr 26, 2023

Rivoluzione francese, in un video il Terrore scatenato contro i preti

Ringrazio La Nuova Bussola Quotidiana per aver presentato ai suoi lettori l’articolo, leggibile per intero al sottostante link.

Ma sono lieto anche di tradurre il commento a più voci di questo interessante e coraggioso video francese, il cui link è all’interno dello stesso articolo. Spero che il contenuto e le immagini possano far ricredere coloro che pensano che dalla rivoluzione Francese – madre di tutte le rivoluzioni – siano nate le moderne democrazie e i diritti. La storia però ci dice che le monarchie assolute e gli stati totalitari si sono avuti quando la figura del sovrano, dell’imperatore o del dittatore, condensava in sé il potere politico e quello religioso. Questo fece, per esempio, Lutero, affidando il potere religioso ai principi. Questo fa l’islam, che non conosce il “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio”.

Per loro la legge coranica della sharia, è anche legge dello Stato. Ma nel Regno della cattolica Spagna, già dal 1118, sotto il regno di Alfonso IX, le Cortes di León (rappresentanti le città e i contribuenti), avevano il potere di controllare l’operato della Corona. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale – nel Regno Unito e negli Stati Uniti già esistevano -, si sono diffuse in Europa le prime democrazie, con le elezioni a suffragio universale, con una notevole crescita dell’economia e delle conquiste sociali. Ma come stanno ora le nostre democrazie, conquistate a così caro prezzo? In che condizioni è la stabilità delle fondamenta democratiche che dovrebbero sorreggere la Casa comune europea? Certamente non buone. Perché? A mio modo di vedere perché sono giunti a maturazione, seppure trasformati, gli inganni e le illusioni portati da quella prima Rivoluzione e da quella Bolscevica, o comunista, nata 100 anni fa e tuttora viva e vegeta in vari paesi. Papa Benedetto XVI aveva definito questa nefasta corruzione delle democrazie, come “Dittatura del relativismo”, e il papa attuale come “dittatura del pensiero unico”. Da chi saranno conquistate e abbattute le nostre democrazie malate, se non sapremo, come diceva il sommo poeta Dante, “riconoscere la nostra semenza” cristiana? Saremo conquistati da chi vincerà la tremenda lotta che si sta ingaggiando tra il non senso del relativismo e del pensiero unico, e il non senso dell’islam radicale. Non finiremmo bene in entrambi i casi. Solo un’attenta lettura dei tragici inganni del passato, potrebbe farci riscoprire Colui che, solo, può salvarci. Da coloro che l’hanno ascoltato e seguito è sorta l’Europa cristiana! Ndt).
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-rivoluzione-francese-in-un-video-il-terrore-scatenato-contro-i-preti-20791.htm
Sarebbe un errore imperdonabile isolare il Terrore giacobino (luglio 1793-27 luglio 1794) dal resto della Rivoluzione Francese (1789-1799), accusando il primo di ogni crimine solo per assolvere la seconda dai suoi misfatti. Ma fu indubitabilmente quello il periodo in cui l’orrore, portando a compimento le mille premesse precedenti che indicano la strada per il futuro raggiunse il culmine. E fu sempre quello il momento in cui l’odio anticristiano giunse al massimo e dunque la persecuzione dei cattolici fu più tremenda.

La documentazione di questi misfatti è vasta, ma ora un nuovo strumento di divulgazione intelligente è disponibile per il grande pubblico. Si tratta del documentario Prêtres sous la Terreur (“Sacerdoti durante il Terrore”), scritto da Jean-Pier Delaume-Myard e Marieke Aucante (clicca qui). Realizzato da Jean-Batiste Martin attraverso la CasaDei Productions, l’etichetta di Boulogne-Billancourt che ha fondato nel 1994 con Marie Mitterand, il documentario si avvale dell’expertise dello storico Philippe Delorme, dello specialista della diocesi del Périgueux Gautier Mornas, dello storico e scrittore vandeano Dominique Lambert de la Douasnerie, delle testimonianze di don Ludovic Danto e don Thierry Laurent, della stessa coautrice Aucante, che ha firmato un romanzo storico sull’argomento, Moi Augustin, prêtre martyr de la Révolution française (Salvator, Parigi 2015), nonché di Alain Gérard, già direttore del Centre vendéen de recherches historiques di La Roche-sur-Yon.
INIZIO TRADUZIONE – dal link https://rutube.ru/video/777a89d7727adbe3b29b09c65072a8fd/

Preti sotto il terrore
Voce femminile. – All’interno di quei battelli gli esseri umani erano ridotti in condizioni inumane.
Voce maschile. – Arrivati sul posto ognuno di essi era passato a fil di spada. Veniva scritta la lettera “f” su coloro che dovevano essere fucilati, e la “g”, su coloro che dovevano essere ghigliottinati.
Prima voce. – Indossavano vestiti stracciati. Avevano fame, freddo, sete e morivano mangiati dai parassiti. (Da qui in avanti proseguo senza nominare le varie voci, per rendere più scorrevole la lettura. Ndt). Cadevano nella fossa quando la maggior parte di loro erano già morti.
La Rivoluzione Francese ha causato la morte di decine di migliaia di vittime in tutta la popolazione francese, e più specificamente tra i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Un po’ alla volta si scoprono orribili massacri di preti e di religiosi che vengono martirizzati in numerosi comuni della Francia. E sono morti in modo notevole sui pontili di Rocheford, nell’indifferenza e nel più totale abbandono. Ciò che si può dire sui pontili di Rocheford è che si trattava di vecchie navi negriere disarmate. Dei veri bagni penali fluttuanti vicino all’estuario della Charonte. Su di essi erano imprigionati in un silenzio agghiacciante: una vera cappa di piombo. Impressiona ancora il ricordo di quel periodo. Ora sappiamo con certezza che la deportazione sui pontili di Rocheford ha confermato la presenza di 829 preti, dei quali 147, nella prima settimana d’aprile del 1794. Perché? Che cosa avevano commesso di tanto grave? Come ha potuto prodursi un momento tanto tormentato della storia di Francia?
La monarchia francese era organizzata su tre ordini principali, che strutturano la società. Il primo ordine è quello del clero, che rappresenta circa 150.000 persone, il secondo è quello della nobiltà, e il terzo – la stragrande maggioranza della popolazione -, era il Terzo stato.
Tutto comincia nella notte del 4 agosto 1789, durante la quale l’Assemblea Nazionale vota l’abolizione di tutti i privilegi. La maggior parte dei privilegi non è unicamente quella della nobiltà, ma è anche quella delle corporazioni di arti e mestieri, così come i privilegi della Chiesa e del clero. Secondo i diritti dell’uomo tutti gli uomini sono liberi ed eguali. Dunque, tutti gli uomini, preti o laici che siano, sono messi sullo stesso piano. Una delle cause principali della Rivoluzione Francese è una crisi finanziaria. Il fisco non era in grado di raccogliere imposte sufficienti per far funzionare lo Stato. La prima preoccupazione dei deputati era quella di trovare il denaro. E per trovare il denaro essi decidono di nazionalizzare gli immensi beni del clero, quindi tutte le loro terre, gli edifici e proprietà che appartenevano al primo ordine dello Stato. Tutti gli edifici classici, costruiti nel XVIII secolo, ci mostrano molto bene quella che era la potenza finanziaria che apparteneva a settori dell’Ancien Régime. Sappiamo, per esempio, che la Basilica di Saint Denny era astata costruita ancora nel Medio Evo, essendo la necropoli dei Re di Francia. A fianco di questa cattedrale c’era anche un’abbazia, una comunità monastica che possedeva dei grandi territori, dei grandi terreni in tutta la regione, che gli permetteva di sostenersi economicamente.
Il clero, però, non è una classe omogenea. C’è L’alto clero, del quale facevano parte i vescovi, gli arcivescovi, gli abbati e i grandi abbati. Tutti costoro sono molto ricchi. Alcuni di essi vivono presso la Corte, godendo dei loro benefici. C’è poi la parte maggioritaria, che forma il basso clero, composto di preti, di vicari sparsi su tutto il territorio, che vivono discretamente nel cuore delle campagne francesi. Gli ospedali, gli ospizi e gli orfanatrofi sono diretti e sostenuti dalla Chiesa per il suo dovere di carità. Tutto ciò oggi è sotto il controllo dell’assistenza pubblica.
C’è poi anche tutto il settore dell’educazione, perché l’insieme del sistema educativo, partendo dalle elementari, è gestito dalle parrocchie (ogni scuola parrocchiale aveva infatti il suo maestro che insegnava a leggere e scrivere ai bambini). Durante l’Ancien Régime l’analfabetismo era in costante regressione, e verso la fine del XVIII secolo si ha una notevole proporzione della popolazione che era in grado di leggere e scrivere, o perlomeno di fare la sua firma sui registri parrocchiali.
Il clero, come maggiore rappresentante sulla terra del diritto divino, intrattiene le relazioni fra Dio e il Re. Nel gennaio del 1789 Luigi XVI invita tutti i parroci del regno a partecipare agli Stati Generali, previsti per il primo giorno dello stesso anno. Fra i deputati partecipanti agli Stati Generali, sono presenti alcuni curati e piccoli curati, che vanno a mettersi negli scranni del Terzo Stato, e che vogliono essere presenti per accelerare le riforme, creando un’Assemblea Nazionale. Ma alla crisi strutturale e finanziaria si aggiunge un aspetto congiunturale: i cattivi raccolti di quel tempo non permettono di andare incontro ai bisogni della popolazione.
Nel marzo del 1790, in una allocuzione concistoriale, Papa Pio VI manifesta la sua inquietudine di fronte ai principi della rivoluzione e dei progetti della Costituente in materia religiosa. Nel 1790 l’Assemblea Nazionale Costituente vota una nuova organizzazione per la Chiesa francese. A quel punto ormai i vescovi saranno eletti dagli elettori dei loro dipartimenti, compresi gli elettori non cattolici. È davvero stupefacente, vero? E anche a livello parrocchiale i preti e i curati saranno da quel momento eletti dai parrocchiani, anche se tra di loro ci sono degli ebrei o dei protestanti.
Nel luglio del 1790 l’Assemblea vota la legge sull’organizzazione della Chiesa, detta “costituzione civile del clero, creando praticamente una “chiesa anglicana”, ciò che farà dire a allo scrittore e rivoluzionario Mirabeau (1749-1791: «Voi siete pagati dallo Stato, siete suoi funzionari, dunque voi non avete che da obbedire!». Si può capire come un prete avrebbe reagito, trovandosi in tal modo tra due fuochi. Ci sarebbe stato un partito del clero, un clero che era stato preparato nei seminari. La formazione nei seminari nel XVIII era buona. Si può immaginare che la maggior parte del clero abbia accettato le riforme in maniera pacifica. In un primo tempo hanno seguito ciò che succedeva a livello politico. Ovviamente nelle campagne si sapeva solo qualche settimana dopo ciò che succedeva a Parigi. Le cose non erano immediate, come oggi.
Poi, a un certo punto, di colpo, prendono una decisione politica che rimette in causa la maniera di guardare alla Chiesa, di pensare al suo ruolo, al suo rapporto con Roma, di ciò che significa essere prete o vescovo, a chi li deve nominare e inviare.
La Francia del XVIII secolo è retta da un concordato che risale al 1616, firmato da Re Francesco 1° e da Papa Leone X, che prevede che i vescovi siano scelti dal re, e non ricevano la loro investitura spirituale che dal Papa. Nonostante che la corrente gallicana sia la più indipendente possibile da Roma, la Santa Sede mantiene la sua pressione per restare molto presente. Possiamo perciò immaginare che un certo numero di preti si confrontino con la fedeltà al re e al essere cittadini francesi, ma anche con la loro fedeltà a Dio e alla sua Chiesa. Le cose non erano dunque facili in un clero che allora era definito ultramontano. C’era, insomma, una contrapposizione tra la loro fedeltà alla nazione e al Re e la loro fedeltà alla Chiesa.
La Costituzione del Clero del luglio 1790 prevede il giuramento di fedeltà alla legge, alla Costituzione, al Re e alla Nazione. I sacerdoti divengono in tal modo agenti del potere pubblico, tagliando così i legami con il Papa e con Roma. Nello stesso tempo un fenomeno simile si sviluppava anche in Austria e Germania. Giuseppe II era infatti fratello di Maria Antonietta. Tutto ciò porta a che almeno la metà del clero accetta di prestare giuramento alla costituzione, rafforzando così la Costituzione civile del clero.
Spesso oggi noi tendiamo a fare una rilettura di questi avvenimenti con lo sguardo del XIX secolo. Ma, di fatto, allora c’era anche una parte del clero che adottava una attitudine controrivoluzionaria, di fronte alle prove della Rivoluzione. Nel 1791-92 il clero non è tanto controrivoluzionario, come potremmo immaginare. C’erano un po’ tutte le sensibilità, ma la maggior parte segue il movimento riformatore dell’Assemblea Nazionale e accettata dal Re.
Nell’agosto 1790, di fronte alla forte pressione dell’Assemblea, i due vescovi e ministri, monsignor De Pompignon e monsignor De Chissé, consigliano al Re di firmare la legge per evitare il peggio al clero francese e di sottometterla al Papa in modo da evitare lo scisma, adottando delle forme canoniche o riforme nuove. Non avendo risposta del Papa, Luigi XVI promulga la legge di organizzazione della Chiesa di Francia. Quasi all’unanimità l’episcopato francese dell’epoca, circa 140 vescovi, vuol rifiutare la Costituzione civile del clero. Dunque, siccome tutti i preti, come tutti i vescovi, prende una posizione unanime, ma non è la sola (possiamo immaginare oggi se tutta la Conferenza episcopale si pronunciasse in un solo modo), la maggioranza dei preti non possono che porsi la stessa questione su ciò che debbono fare in riferimento all’obbedienza dovuta al legittimo pastore, e, visto che la quasi totalità dell’episcopato aveva rifiutato di prestare giuramento, non fa che indurre molti ad essere fedeli ai loro vescovi. Ma i preti che prestano giuramento possono restare nelle loro parrocchie e continuare a amministrare i sacramenti, anche se altri preti, nonostante che non volessero entrare in uno scisma reale, preferiscono prestare giuramento per poter assicurare i sacramenti ai loro fedeli.
Novembre 1790. La legge comprende tutti i preti funzionari a prestare giuramento di mantenere totalmente il loro potere, la Costituzione decretata dall’Assemblea e accettata dal Re. Tutti coloro che rifiuteranno saranno ritenuti dimissionari dalle loro funzioni e sostituiti. Se essi continuano ad essere contrari, saranno considerati come perturbatori dell’ordine pubblico e ribelli. Circa un terzo dei preti deputati prestarono giuramento, gli altri rifiutarono.
Durante diversi mesi le reticenze del Papa vengono minimizzate dall’ambasciatore di Francia a Roma, che decide di prendere tempo. Nella primavera del 1791, papa Pio VI avverte i preti che hanno prestato giuramento che potranno essere scomunicati. In quel momento si produce una frattura nella Rivoluzione, perché Luigi XVI, che fino ad ora sosteneva le riforme e come riformatore era guardato con occhio benevolo, finisce con lo scontrarsi con l’aspetto religioso, perché lui stesso, che si considera come il legame sulla terra con la dimensione religiosa, finisce con l’avere gravi scrupoli di coscienza nell’accettare questa riforma. Non avendo risposte da Roma il re ratifica la legge sul giuramento.
Nel 1791, un po’ alla volta la chiesa francese si trova divisa in due. Una chiesa costituzionale separata dal papa (la stessa condizione in cui si trova ora la chiesa in Cina. Ndt), e un’altra chiesa fedele al papa, che è progressivamente obbligata ad entrare nella clandestinità. Nella sua grande maggioranza la popolazione rimane fedele al papa, e manifesta il più grande disprezzo per i preti che hanno giurato, che definisce traditori.
La storia di Francia e le decisioni che saranno prese, vengono scritte a Parigi. Ma come va nella provincia francese? Come saranno comprese? E vero che il religioso è un fattore di coesione profonda per i connotati pilateschi. E vero che in alcune regioni della Francia ci sono persone che guardano verso la città (Parigi), come verso la luce, eccetera. C’è una piccola differenza, ma la forza della religione in questo caso non è più tanto importante, contrariamente a ciò che si era detto prima.
Estratto del giuramento di Pierre Marie Remo, curato di Chavagne, sulla Costituzione civile del clero, nel 1791: «è arrivata la Rivoluzione e noi, in un primo tempo, l’abbiamo accolta a Chavagne con simpatia. Essa parlava prima di tutto di sopprimere delle libertà accordate, di imposte alleggerite, di uguaglianza tra i francesi; tutte cose, in sé stesse, eccellenti».
Gennaio 1711. Il curato di Chavagne, Signor Pierre Marie Formau, come secondo fratello, rifiutò il giuramento: «L’ordine di cessare tutte le funzioni pubbliche o di prestare il nuovo giuramento, era stato affisso e pubblicato otto giorni fa alla porta di quell’ordine sacro. In quegli otto giorni si doveva decidere, e ci siamo accordati su una specie di favore, per decidere e prendere un nuovo partito, come se posse stato possibile all’uomo scegliere tra l’obbedienza dovuta a Dio, e quella dovuta agli uomini.
Il Re è dunque a Parigi, alle Tuillerie, e vuole prepararsi per la festa di Pasqua, c’è però un prete che ha giurato, e il Re rifiuta di prendere la comunione dalle mani di un prete spergiuro. Per questo chiese alla sua famiglia di partire per il castello Saint Clay e ricevere la comunione per mano di un prete refrattario. Ciò provoca uno scandalo che obbliga il Re e la sua famiglia a rimanere prigioniera alle Tuillerie. Dunque, a partire da quel momento si crea una netta separazione fra il Re, che condanna sempre più la radicalizzazione della Rivoluzione e il movimento che si sta formando, soprattutto sul piano religioso.
Se la filosofia dei lumi si fonda sui valori di libertà, di tolleranza e di giustizia, nel campo religioso certi filosofi criticano i dogmi e i riti, in quanto solo loro pensano di andare all’incontro con la ragione. Ma non sono altro che dei superficiali. L’applicazione delle loro idee nel campo religioso, è stata un tentativo di sradicare la Chiesa dal cristianesimo in nome di una concezione materialista, che porterà spesso a negare che l’uomo abbia un’anima.
Nel luglio del 1792, a Chavagne si diffuse una notizia stupefacente: i preti refrattari dovevano lasciare le loro parrocchie e andare a Fontainé, dove saranno trattenuti come prigionieri. L’abbate Raimon non volle lasciare Chavagne, ma rinunciò al suo ministero di curato, e l’11 luglio, con la morte nel cuore, scrisse sul registro: «In questo 11 luglio giuro di lasciare questa parrocchia».
I preti refrattari, ma anche diversi preti che avevano giurato (prendendo coscienza di ciò che accadeva), rinnegano il loro giuramento, passando alla controrivoluzione. Per questo dai rivoluzionari vennero considerati dei nemici, e verranno perseguiti, allo stesso titolo degli aristocratici, come coloro che si oppongono al nuovo ordine delle cose, e saranno perseguiti a partire dal novembre del 1791, essendoci un precedente decreto che permetteva di deportare i preti sospettati di aver creato dei disturbi. Per tale motivo potevano essere denunciati. Da quel momento inizia la loro deportazione. La Rivoluzione inizia proprio con quest’odio verso la religione e il clero. Più la Rivoluzione si afferma nel suo radicalismo senza ritorno, molti di coloro che sono scelti come nemici, compresi coloro che rientrano in Francia, così come il Re, che tenta di fuggire, ma che verrà fermato e giustiziato, Insomma, bisognava eliminare tutti coloro che erano considerati nemici della nazione. A partire dal 10 agosto 1792, mentre la monarchia era caduta, ecco che si mette in marcia una dittatura parigina. (Questo mi ricorda il partito “on marche” di Macron. Sperando non sia di cattivo auspicio, Ndt).
La Comune di Parigi va imponendo ogni giorno di più la sua autorità sulla nazione francese. In un primo tempo a Parigi vennero proibite le processioni, proibito ai preti di portare l’abito talare al di fuori delle chiese. Certi preti vengono anche obbligati a sposarsi. Insomma, da quel momento inizia un pesante programma di scristianizzazione.
1792. I preti dell’intera Francia, refrattari alla Costituzione Civile del clero, si rifugiarono nel quartiere di Luxemburg, nell’anonimato parigino, per evitare le denunce. Fra il 10 e il 12 agosto 1792, dei rivoluzionari prendono decine di preti e li portano a San Josef de Cave. È un momento in cui, il clero che non ha giurato, è quello che viene preso e riconosciuto come filo aristocratico, diviene preda di una logica implacabile del potere politico che, più si radicalizza, più viene portato a voler sterminare o emarginare tutti gli elementi che – secondo il loro pensiero – non sarebbero dei buoni francesi.
Nelle parrocchie noi abbiamo la lista dei sacerdoti che sono stati beatificati. È una piccola lista: meno di cento sui 180 che sono morti qui, e che sono stati riconosciuti beati dal papa dopo il XX secolo, i sacerdoti che sono stati imprigionati in questa chiesa, sono stati chiamati a dare la loro testimonianza della loro vita fino alla fine. Sono stati beatificati perché il loro martirio è avvenuto qui, non solo a ragione del loro attaccamento alla fede, ma anche a causa della loro fedeltà al papa. Al fondo della cappella avviamo anche un affresco che rappresenta il martirio di questi sacerdoti, religiosi e vescovi, che sono considerati dei martiri, e che sono accolti, sotto lo sguardo di Saint Josef de Camp, dalla Vergine Maria che tiene in braccio il Bambino Gesù.
Fra i 124 preti che sono stati rinchiusi in questa chiesa di San Josef de Carme per circa 20 giorni, 2 sacerdoti sono riusciti a scappare. Il primo si era nascosto in un confessionale vestito da guardia rivoluzionaria, mentre il secondo si era arrotolato in un tappeto sotto la panca del pulpito. È grazie a questi due sopravvissuti che sappiamo qualcosa di più sulle condizioni di detenzione dei 180 preti di quella chiesa. Sappiamo che hanno vissuto li per 20 giorni senza alcun conforto, senza la luce del sole e dormendo contro le colonne dell’altare.
È il 2 settembre del 1792 il giorno in cui i 180 preti che erano tenuti prigionieri in quella chiesa dopo l’8 di agosto. Per l’occasione si istituisce un tribunale in un piccolo spazio che precede le scalinate della chiesa. Il giudice ha in mano la lista dei 180 preti prigionieri. Egli chiama ciascuno dei preti per nome, e ciascuno di essi è invitato a pronunciarsi davanti a questo tribunale autorizzato, in favore o contro la Costituzione civile del clero. Nessuno di quei sacerdoti è disposto a firmare quella costituzione, per questo sanno di essere condannati a morte. Vengono fatti camminare attraverso la porta e, giunti sulla scalinata, ognuno di essi è passato a fil di spada.
In seguito i rivoluzionari si sono riuniti nel giardino, per salire poi in una stanza dove hanno potuto consumare un pasto e festeggiare la loro impresa, depositando le loro spade insanguinate contro un muro. C’era talmente tanto sangue che il muro ha assorbito il sangue di coloro che possiamo considerare come dei martiri. Si conoscono finalmente un po’ di cose sui rivoluzionari anonimi che hanno perpetrato questo massacro. Si sa che erano comandati da un trio, che era composto da Marat, Débere e da Charette. (Vengono mostrate immagini di crudeltà da documenti del tempo. Ndt).
Il terrore regna dappertutto in Francia, in Provenza e a Parigi, e la storia sembra accelerare. Le esecuzioni alla ghigliottina sono costanti, e porteranno, il 16 ottobre 1793, alla ghigliottina anche Re Luigi XVI e la Regina Maria Antonietta. La cappella espiatoria, monumento commemorativo e luogo di raccoglimento, ci documenta, attraverso i suoi ricordi, che le vittime appartenevano a tutte le classi sociali. È lì che i corpi di Luigi XVI, nel gennaio del 1793, e della regina Maria Antonietta, il 16 ottobre dello stesso anno, furono deposti. E il re Luigi XVIII, alla restaurazione nel 1814 e 1815, ha fatto deporre i loro corpi, per poi trasportarli nella basilica di Saint Denis, il luogo in cui sono sepolti i re di Francia. La costruzione di questa cappella si è voluta come luogo di riconciliazione e in espiazione, non come un luogo di ostentazione, di trionfo di revanche. E stata costruita in uno stile molto sobrio, e al suo interno ci sono solo due statue. Maria Antonietta, nel suo testamento, in cui si svela soprattutto il suo cuore di madre che è stata terribilmente schernita, lei dichiara di perdonare i suoi persecutori.
Nel suo testamento, Luigi XVI dice di essere stato detenuto nel tempio per più di 4 mesi. Il suo testamento è un testamento politico, spirituale e personale. Egli raccomanda al figlio, in primo luogo, di non avere altra visione che il bene della Francia e dei suoi cittadini, qualsiasi cosa accada. In secondo luogo di non pensare mai di vendicarsi del male ricevuto, ma, al contrario, di fare in modo di ringraziare tutti coloro che hanno avuto cura di lui. E il suo testamento termina dicendo che “non si rimprovera di nessuno dei crimini che gli venivano attribuiti nel processo.
Gennaio 1793. Missiva del Procuratore generale du Lot al Procuratore generale del distretto di Visac: «Fate tutto il possibile per salvare questi sacerdoti, e non li denunciate ai tribunali, perché voi sapete che la gente non ha più paura di chi soffre lontano da sé. (A questo punto appaiono dei documenti, da cui le voci dei lettori di spezzoni di quegli scritti si incrociano in dissolvenza, per cui è difficile una traduzione perfetta. Ndt). La deportazione è una delle misure più attive, producendo il doppio inconveniente di viaggi estenuanti e (…). A partire dal maggio 1793: l’epoca del terrore, si sta per assistere a una massiccia opera di scristianizzazione, con la persecuzione di preti, di religiosi e religiose, ma anche all’imposizione di un nuovo culto: un culto sostitutivo del precedente. Infatti finalmente si erano promulgati i diritti dell’uomo, che gli donavano la libertà, la coscienza, eccetera. Si crea insomma un culto sostitutivo della fede cristiana.
Nel 1793, infatti, vengono organizzati i saccheggi e le profanazioni a tutte le tombe dei re, che erano in quel luogo. Vengono cambiati i nomi delle città che ricordano il vecchio regime e la religione cristiana. Per esempio il sabato sarà chiamato franciade. Quindi è proprio una volontà di sradicamento, di completo cambiamento e finalmente della creazione dell’«uomo nuovo». (In quante rivoluzioni, ahi me, si è cercato di creare l’uomo nuovo e la nuova società, con i terribili e sanguinosi fallimenti, che la storia ci racconta. Anche oggi è in atto lo stesso diabolico tentativo, ma sembrano pochi quelli che se ne accorgono. Ndt)
L’autunno del 1793 è segnato da un nuovo episodio di scristianizzazione violenta. Si fa in modo che la legge sui preti refrattari sia fermamente applicata in tutti i dipartimenti. Il Procuratore della Guerandie: «Cittadini, leggete le leggi! Ecco il compito che vi è stato imposto e le pene in cui potete incorrere! Deliberate tutto il più presto possibile, che questa carta abbia effetto!».
Altra voce. – «Le fucilazioni cominciano in gennaio. Esse sono molto importanti. La tradizione orale e e gli stessi storici considerano come tra 2000 e 2500 persone sono state massacrate in questo luogo. Le persone qui fucilate nei primi mesi del 1794 erano in maggioranza persone che avevano denunciato, e tutte queste persone denunciate sono state ammassate in prigioni di Anger e di Acholer. Una grande parte delle chiese di Anger erano divenute delle prigioni». Queste persone erano state giudicate, ma con dei giudizi molto particolari. Davanti alla prigione c’erano due membri della commissione militare che facevano dei brevissimi interrogatori, chiedendo: “Come ti chiami? Da dove vieni? Che cosa hai fatto? Dove vai a messa?”. Da questi pochi elementi veniva estratto il verdetto di condanna, che era attribuito segnando sul registro una effe o una g, (fucilazione o ghigliottina). Tutto è visibile e documentato nei registri ritrovati. Generalmente le persone che vengono ghigliottinate appartengono principalmente all’aristocrazia, mentre i fucilati appartengono principalmente al popolo.
L’ultimo mese, una delle nove tombe che contiene le 2000 vittime massacrate in questo luogo, con fucilazioni eseguite con una barbarie incredibile. Le tombe erano prima calpestate o bruciate. C’erano coloro che avevano patito il danno e che avevano raccolto le future vittime lungo le strade, c’erano anche coloro che erano usciti dalle prigioni o dalle chiese. Tutti si univano alla fila che percorreva le strade in un cammino silenzioso. Le persone erano condotte fino all’orlo delle fosse e lì venivano fucilate, cadendovi dentro. La maggior parte di esse veniva uccisa a colpi di vanga. Questo luogo è diventato in breve tempo il “campo dei martiri”. La pietà popolare l’ha chiamato così immediatamente. Fortunatamente abbiamo dei testimoni che hanno parlato e scritto, e fra questi testimoni della repressione c’è l’abbate Simon Brugger, curato della chiesa della Trinità, che aveva rifiutato il giuramento e che era rimasto nascosto a Anger. In quel tempo la ghigliottina era stata messa nella piazza du Ralyment a Anger e l’abbate Simon dava l’assoluzione alle vittime che erano condotte alla ghigliottina. Poi le vittime venivano condotte al “campo dei màrtiri”.
Nel 1793, 3000 uomini e donne si ritrovano confinati nelle prigioni di Naonte, perché si sono opposti alla Convenzione per difendere la loro fede o per contestare l’obbligo della leva obbligatoria per tutti. Mentre i sacerdoti arrestati sono quelli che hanno rifiutato di prestare giuramento alla Costituzione civile del clero.
Fra il novembre del 1793 e l’aprile del 1794, migliaia di uomini, donne bambini, religiosi e religiose, sospetti agli occhi della Repubblica, sono lasciati annegare nella Loira per ordine di Jean Baptiste Carrier, che rappresentava la Commissione. Quest’uomo instaura il “matrimonio repubblicano”, ossia scegliendo a caso coppie di uomini e donne e, dopo averli denudati e legati assieme, li faceva annegare.
I prigionieri sono imbarcati su dei barconi piatti, ormeggiati sulla Loira a livello di Chantenné, località che Carrier chiamava la Baignoir National (luogo dove molti andavano a fare il bagno in estate. Ndt), per delle “deportazioni verticali”. Quale torrente rivoluzionario ha apportato alla rivoluzione, la Loira! Gli annegamenti avvengono a scadenze regolari fino al febbraio 1794. Mentre il sacerdote Noel Pinot, che verrò beatificato, sale a Le Chaffau nel febbraio del 1794, a Angere, nello stesso momento il Comitato di salute pubblica prende la seguente decisione: “Che gli ecclesiastici soggetti alla deportazione saranno condotti di brigata in brigata, alla Gendarmeria nazionale, alle porte di Nabtes, Bordeaux, Toulon, Larochelle, Rocheford .
Nel corso dei mesi dalla fine di giugno del 1793, fino all’inizio del 1794, continua, a ondate successive, la deportazione di prigionieri provenienti da tutta la Francia, destinati alle prigioni comuni o fluttuanti. Le tragedie si svolgono generalmente su delle luride carrette galleggianti. L’accoglienza, lungo le diverse tappe, è la più varia. Un comandante della Guardia Nazionale dice: «Se voi foste degli animali si potrebbe avere un po’ di pietà per voi, ma, visto che siete dei mostri, non meritate alcuna compassione».
L’Abbate Michel arriva a questa conclusione: «Nella realtà, è unicamente la pretesa opera patriottica degli agitatori che, precedendoci in ogni località, animati dalle loro calunnie e prezzolati, ingannano una porzione più o meno grande di popolazione ignorante e grossolana, che accetta facilmente la cattiveria che viene loro donata». Testimonianza del canonico André Peré: «Ci hanno caricati delle nostre catene. Eravamo attaccati tre a tre per il collo e siamo stati gettati sui carri, sopra un po’ di paglia, come delle vittime che aspettano la morte».
Dalla coperta di un bastimento il buon uomo Richard: «Un vecchio bastimento fluttuante, elevato come una casa a tre piani, spogliato delle sue corde e gomene». Il beato Charles Armanu è stato fatto partire coi suoi preti che hanno rifiutato la Costituzione civile del clero, la loro metà deportata, imbarcato sul Washington (che era una nave che non è mai partita e che era rimasta legata ai moli di Rocheford, dove è morto per il cattivo trattamento, di abbandono, di mancanza di nutrimento e di cure. Il progetto era quello di deportarli in esilio, ma molti non ci arrivarono a causa del blocco navale degli inglesi. Così, molti che erano sui pontili, finirono con una morte atroce.
L’abbate Russeau Damian: «Giunti a bordo è come essere ricoperti da una cappa. Non si trova da bere. Si cerca l’acqua salendo una scala, correndo poi il rischio di storpiarsi su un pavimento coperto di cerchi di ferro, di quercia, di pallottole e di pezzi di legno. È l’inizio di un lungo cammino di dolori». Anche il capitano Laly, proprietario di barche, ha dei detenuti, e scrive: «Ne ho già 73. Non ho più posto e non ho più acqua». La risposta arriverà più tardi da Rocheford: «Non importa …».
A bordo dei due battelli associati, uno era il Washington, era ammassata una grande quantità di preti. Erano ridotti in condizioni inumane preti, frati, religiosi e religiose, monaci, tanto era il desiderio dei rivoluzionari, di farla finita con la religione cristiana nella sua totalità. Erano maltrattati e vessati. Erano ammassate 600 persone in uno spazio che ne poteva contenere 150. Ne morivano una decina al giorno durante l’estate del 1794, che fu un’estate molto calda. Bisogna immaginare che poi sono seguiti un autunno molto piovoso e un inverno molto freddo. Avevano vestiti stracciati, erano affamati, avevano freddo, fame e sete e morivano a causa dei parassiti, per soffocamento, per malattia. Ma l’aspetto più duro per loro era la proibizione di poter parlare e di pregare. Ogni oggetto di culto che possedevano venne sequestrato. Non si poteva nemmeno fare il segno della croce.
L’abbate Rousseau Damian. «Non sono ancora entrato, che già mi sento soffocare dalle fetide esalazioni, malfermo come un bambino ai primi passi. Ma bisognava alla fine decidere di entrare in quella fornace ardente. Eravamo tanto pressati l’uno contro l’altro, che spesso una delle nostre braccia copriva il cuore del nostro vicino. Eravamo come in una bolgia da cui esalava un odore insopportabile di putredine che nessuno poteva distruggere».
È la storia di tutte le persecuzioni, anche di quelle del XX e XXI secolo, durante le quali uno pensa a quando viveva le sue abitudini, come quella di celebrare la messa di ogni giorno. Ma in quelle condizioni ciò che gli resta è la sua forza interiore e la sua preghiera silenziosa, essendo avvolto da un silenzio spaventoso, che accentua il silenzio di Dio e il silenzio dei suoi fratelli abbandonati a una morte lenta.
Il capitano Lali, che avverte spesso quegli acri vapori, dice: «Poveri uomini, malati di polmoni, asmatici. Ma non importa. Bisognava respirare quel vapore irritante che ti raggelava il sangue. Poi, all’improvviso, si rendeva l’anima a Dio, dopo tanti sforzi per poter sopravvivere».
Si rimprovera a questi preti di aver accettato prima la costituzione civile del clero, di aver lavorato nonostante l’esistenza della Costituzione, e poi di aver ritrattato quell’impegno. Per questo li si vede come dei rinnegati, come dei traditori dello Stato per aver mancato alla loro parola. Oltretutto essi avrebbero dovuto servire il popolo per il quale erano incaricati di insegnare, di santificare e governare nelle migliori condizioni. (Quanto sono falsamente buoni i rivoluzionari di tutti i tempi! Ndt).
«Si era obbligati a trascinarsi sopra i corpi gli uni degli altri, muovendosi a quattro zampe. Bisognava spostarsi a lungo senza poter trovare un posto. Si era circa a metà della notte, mentre dei fiotti di colature puzzolenti di immondizie e di putredine colavano da tutte le parti e ci inondava, spargendo dappertutto la corruzione e la morte».
Ai cittadini membri del Comitato rivoluzionario: «Cittadini, dopo più di un mese e mezzo di preti soggetti alla deportazione vicino alla zona di Rocheford, dove devono essere portati, molte famiglie, inquiete sul loro conto, vi pregano di dar loro delle direttive, che voi potete procurare più facilmente che altri (…) ci sono aspetti in questo dramma che fanno fremere l’umanità. (…) A La Galle ci sono 52 persone, in maggioranza sopra i 70 anni con una salute malferma, accucciati sulle pietre e quasi gli uni sugli altri in maniera pietosa (…). Vorrei sapere dei miei figli: Marie; Josef, Bernard. Vorrei sperare che prestiate attenzione alla mia domanda, sperando in una risposta (…) … Questo cittadino non aveva un comportamento incivile. Ha fatto giuramento e non ha ritrattato. Ma senza dubbio per disprezzo o per errore è stato condannato alla deportazione nel dipartimento della Noese. Può essere che sia malato in ospedale o che sia deportato o annegato.
È davvero stupefacente che a bordo dei due battelli ci fosse tra i detenuti una fede, una solidarietà, una fraternità assolutamente incredibili, che li ha condotti ad essere di volta in volta consolatori dei loro fratelli che stavano morendo, alle volte medici, ma era così anche nel perdono.
Si può immaginare come questi sacerdoti, nel momento in cui si sentivano morire senza la speranza di vedere un ravvedimento nella rivoluzione, si rimettano alla Speranza che conoscono. Ma si può, come credenti e come cristiani, sperare che un certo numero di essi abbia potuto perdonare a coloro che li mettevano a morte.
Nel 1795, non appena si seppe che il capitano Ivali era un “uccisore di preti”, così era chiamato a Rocheford. Il Capitano Laly dal pontile delle due (navi) associate, si giustificava volentieri davanti a coloro che lo interrogavano: «Era tutto scritto sul libro della Repubblica. Sarebbe stato meglio farli morire senza rumore nel silenzio dell’oceano. Ah io lo facevo, eccome!».
Quando il capitano ha saputo che sarebbe finito sotto la ghigliottina, ebbe molta paura. Ritornò a bordo e chiese ai sacerdoti di consegnargli un certificato di buon trattamento. E i sacerdoti gli hanno firmato il certificato che gli ha fatto evitare la ghigliottina. Credo che qui abbiamo un grande esempio di perdono e di misericordia.
Mi pare che per poter vivere delle situazioni tanto drammatiche come quelle della Rivoluzione Francese, o ogni volta che si hanno delle persecuzioni, è necessario che, unita alla fede dell’uomo di Dio, ci sia la preghiera del cuore, la confidenza racchiusa nel cuore, e che tutto ciò si nutra in una speranza e in un perdono, che è necessario. Dunque, e come arrivare a dirsi che questo ufficio, che è il mio ufficio, che è quello che mi fa soffrire oggi, lo eseguo tanto più fortemente da non sapere ciò che faccio. Un po’ come quando Cristo dice: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. E lì, c’è, ci può essere, un tu ed io, un io e tu, per avanzare verso la riconciliazione e verso la pace interiore.
Sulle due navi associate, siamo nel mese d’agosto del 1794, si diffonde un’epidemia che porta rapidamente alla morte di 59 deportati. Per proteggere i mozzi dal contagio, vengono sbarcati su un battello vicino. Questo trasbordo di fortuna non impedisce alla piccola isola di diventare il lenzuolo di altri preti indeboliti e di permettere ad alcuni tra di loro di gioire in una vita tanto inumana.
L’abbate Abbige de Regnofort: «Mi sembrava di rinascere approssimandomi alla riva, notando il bel verde, notando una farfalla. La gioia era grande nel vedere tutto ciò. Ero al colmo della gioia! In quella piccola isola, non essendo sorvegliata da vicino, abbiamo potuto pregare all’aperto e riunirci per il pio esercizio a cui eravamo invitati potentemente. Di fronte a tanta barbarie di allora, come di oggi, la sola cosa che rimane è la profonda fiducia in Dio, e il fatto che la storia è nelle mani di Dio, e che il Cristo risuscitato ha nelle sue mani la nostra storia e i suoi valori. Nel cuore della tragedia umana c’è la presenza di Dio, e la certezza per il credente che Dio otterrà la vittoria finale.
Louis Marie Boudoin fa parte dei sacerdoti che sono scappati dalla Francia rivoluzionaria. Egli raggiunse Toledo, in Spagna, e risiedette presso i marrani, comunità religiose resistenti, di ispirazione ebraica, convertiti al cattolicesimo. Si sa ora che dopo il 1792 un migliaio di preti sono partiti per l’Inghilterra, circa 7000 per la Spagna e 3000 negli Stati Pontifici. A Toledo egli fonda una società di sacerdoti. All’inizio sono in tutto 4. Li possiamo immaginare isolati, ma loro, dopo la fondazione della Società del Verbo Incarnato, decidono di ritornare in Francia. Sanno che è pericoloso, ma sbarcano nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 1797 sulle spiagge di Dolon.
Vivere la clandestinità per un prete è certamente difficile, essendo dissidenti con la politica del proprio paese, tenendo conto che la Rivoluzione non era del tutto finita. Certo, bisognava essere fedeli al proprio paese, e ancor più al suo popolo, perché, contrariamente all’idea che molti hanno, i curati delle parrocchie dell’epoca erano affezionati ai loro fedeli ed erano meno borghesi dei preti d’oggi. Il sacerdote aveva le sue soddisfazioni e gioie, per questo, entrare nella clandestinità era per lui una maniera per poter rispondere clandestinamente ai bisogni spirituali dei fedeli.
Boduin è un precursore. Il fatto di esser venuto clandestinamente in Francia e davvero qualcosa di eccezionale. Poco dopo viene firmato il Concordato del 1800, che gli permette di uscire dalla clandestinità. Anche gli altri rientrano, ma solo tre anni dopo. Da un lato, a un certo punto padre Boduin ha toccato il fondo, ma da un altro anche i suoi amici straccioni lo hanno toccato. Sono due esperienze estreme. Quando arriverà a Charagne, nel 1800, scoprirà una popolazione esangue, il villaggio raso al suolo, un villaggio diviso (ci sono ancora i partigiani della rivoluzione). Ci sono anche delle persone che sono delle guide, delle colonne, perché il loro modo di vivere sorpassa – malgrado tutto ciò , ma anche grazie a tutto ciò, malgrado questa tabula rasa -, ogni immaginazione. Così egli potrà costruire una nuova città. Ma là, guardando alle Scritture e guardando al Verbo Incarnato! E quando crea la congregazione, che è qualcosa di geniale, egli chiama i figli del popolo a ingrossare le fila del suo seminario. Nel 1802 egli ha due alunni, e dal 1808 saranno 200. Saranno tutti preti che irradieranno la Vandea. (Come molti sapranno, nella Vandea i rivoluzionari hanno perpetrato un vero genocidio delle popolazioni, forse tra le più cristiane della Francia. Ndt).
Sappiamo che la missione della Chiesa è di annunciare Cristo. Dunque, per questi sacerdoti, dopo tante terribili prove, non c’era altro imperativo che riannunciare Cristo. Quando Bonaparte arriva al potere, il suo primo desiderio è quello di ristabilire l’ordine, per questo firma un nuovo Concordato con Pio VII, che era necessario dato che la maggioranza della popolazione era legata al cattolicesimo, anche se lui vuole servirsene per il suo potere.
Penso che dobbiamo avere le nostre riserve analizzando tutto ciò. In questo racconto abbiamo visto che ci sono coloro che cono divisi tra la loro fede e la fedeltà alla Francia. Mi pare che sia la stessa cosa anche per i preti di oggi, che sono profondamente cittadini, ma anche profondamente credenti. Ma spesso la fede e la fedeltà allo Stato (e alle sue leggi), non coincidono.

Claudio Forti

fonte

https://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/08/rivoluzione-francese-in-un-video-il-terrore-scatenato-contro-i-preti/

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