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Roma: nella “Città eterna”, i fasti del Farnese di Alfredo Saccoccio

Posted by on Ago 22, 2024

Roma: nella “Città eterna”, i fasti del Farnese di Alfredo Saccoccio

   Tra il giallo sporco del Tevere e le bancarelle screziate di Campo dei Fiori, tutto nel cuore della Città eterna,  c’è incontestabilmente la più bella ambasciata del mondo e senza dubbio la più ambita.

   Nel 1828, ambasciatore fi Francia a Roma, Chateauberiand  si affligeva  per non esservi alloggiato. Il Farnese vi ospitava allora il suo alter ego per il regno di Nspoli, un certo Fuscaldo, le cui “Memorie” ci hanno lasciato il ritratto poco ameno : “ Il vecchio conte rappresenta Napoli come l’inverno rappresenta la primavera:  Egli ha una grande cartello  di cartone su cui egli studia con occhiali , non i campi di rose di Paestum, ma i nomi degli stranieri sospetti,di cui non deve vidimare i passaporti. Io bramo  ll suo palazzo, il Farrnese, mirabile struttura incompiuta che Michelangelo incoronò, che dipinse Annibale Carracci, aiutato dal fratello Agostino, sotto il cui portico si colloca il sarcofago di Cecilia Metella, che non ha perso niente al cambio di mausoleo.

   Esso fu edificato a richiesta di Aessandro Farnese, pomtefice nel 1534,sotto il nome di Paolo III, Il palazzo fu dato a nolo, nel 1936, alla Francia per una lira simbolica per anno. I fratelli Carracci adorano l’antichgità, come si evince  dal salone di Ercole, antica “sala delle guardie”, il suo camino dai marmi multicolori, i suoi diciotto  busti di imperatori romani annidati lungo tutti i  muri. Esposta alla luce dorata del mezzogiorno, la celebre galleria Farnese, la sua volta a botte, dipinta a  fresco dai fratelli Carracci, senza contare la pleiade dei loro allievi. Essa offre alla curiosità come un gioco delle famiglie della mitologia.  Al centro: “Il Tionfo di Bacco e di Arianna” Nella sala dei Fasti, Ranuccio, l’antico fondatore della dinastia., riceve da Venere le armi forgiate da Vulcano.La volta è ornata da una pittura ad olio e fa freschi celebranti le imprese di Ercole. All’estremità della tela centrale, un medaglione  ad emblema del giovane cardinale, tre gigli porpora e il suo motto : “Io credo nella virtù divina”.

  Degli amanti, Alessandro Farnese ne contò una sequela prima di essere fatto papa, nel 1534, sotto il nome di Paolo III. Egli era  ad immagine e somiglianza del suo tempo, turbolento, gaudente e raffinato;”furioso”. La sua vita, dalle prigioni di Castel Sant’Angelo alle chiavi di San Pietro, somiglia ad un ronanzo di Alexandre Dumas padre. Vi si inrocianono i più importanti del Rinascimento, proprio il non plus ultra: Pico della Mirandola, i Medici, i Borgia. L’Ariosto evoca .la sua magnificenza, di cui il Farnese sarà il più bel fulgore. Alessando vedeva le cose in grande : i piani del palazzo sono affidati all’architetto Sangallo,  dello stesso gruppo del Bramante. Michelangelo,poi, prenderà il cambio.

    Fino al termine della loro progenie, i Farnese non ebbero tregua nell’abbellire questo monumento. Ex voto della loro gloria. Essi si chiamavano Pier Luigi, Ottavio, Odoardo. Erano cardinali, condottieri, gonfalonieri, principi della Chiesa, avventurieri motati e in corazza, protettori della arti, della Fede d del loro buon piacere. Del gwnere da non confessarsi che il pugno alll’anca. Sotto la loro legge, pittori e scultori faranno del Farnese, dei suoi appartamenti, un continente in sèé, che sfida il senso comune e fino alla bellezza. Un veneziano, il Casanova,  pretendeva che “le sole spie legali sono gli ambasciatori”. La fortuna di spiare  qui ! Nel segreto della notte o delle ore piccole , questi corridoi, il grande scalone che conduce al “piano nobile”, agli affreschi del “salotto dipinto” da Francesco Salviati, discepolo di Andrea 

 Del Sarto , turiferario ispirato  dell’ascesa e della gloria della casa Farnese. I muri sono dipinti a fresco di cavalieri in armatura, di pontefici inguantati di ferro per apostolati di Santa Lega.Salviati si è preoccupato di non dimenticare nessuno: Francesco I, Carlo Quinto sono nel “rendez-vous “.” Qui si riconosce Paolo III e, alla, sua destra, per l’apertura del concilio di Trento, il nunzio Caetani,, in colloquio con Lutero. Altri Fasti, mitologic quelli, trionfi di Bacco, imprese di Ercole aui muri e sulle volte del Camerino e della celebre galleria ai quali gli artisti, i fratelli Annibale ed Agostino Carracci lasciarono i loro nomi.

   Affascinante Farnese, che servì per scenario alla “Tosca” e a l’esilio dei  Borboni di Napoli. Zola, che visitò Roma nel 1893, ne fece una descrizione sinistra : “Ah ! questa colossale dimora, sontuosa e mortale, con la sua vasta corte a porticati, di una umidità oscura, la sua scalinata gigante, i suoi corridoi interminabili, le sue gallerie e le sue sale smisurate! I fiori di giglio sono l’ornamento del blasone farnesiano. Così   il marchese de Noailles, ambasciatore a Roma nel 1874, restava un poco nel suo Paese.

   Ora, nei paraggi del palazzo, si vedono, sotto forma di “carabinieri”, amabili cugine di Carla Bruni, altezzose sui loro grandi cavalli bai. Du Bellay doveva essere miope : si passerebbe bene, qui, sotto l’Aventino, il resto della propria età.

Alfredo Saccoccio

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