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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (X)

Posted by on Set 13, 2024

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (X)

I LAVORI DEL PRIMO PARLAMENTO ITALIANO (Pubblicato il 16 luglio 1861)

La Camera dei Deputati si è dato vacanza. Un gran numero di Deputati però avea già da lungo tempo pigliato le sue vacanze, giacché di 443 Deputati quasi una metà non si curava guari dei lavori della Camera; e le ultime due votazioni del 13 di luglio furono fatte l’una da 232 votanti, e l’altra da 212. La qual cosa dimostra, se non altro, quanta importanza annettano i nostri onorevoli al loro mandato di rappresentanti del popolo italiano.

Eppure a vedere quanto chiasso si faceva di questo Primo Parlamento italiano, di quest’Assemblea dei rappresentanti dell’Italia rigenerata, di questa riunione, dalla quale doveano scaturire tanti beni, quanti furono i mali usciti dal vaso di Pandora, ognuno avrebbe detto che ogni Deputato, non che a dovere, si sarebbe recato a sommo onore d’assistere puntualmente alle tornate. Ma oh stupore! Una gran parte, dopo aver assistito a qualche discussione, se n’andò pei fatti suoi, ed altri appena prestato giuramento, se ne fuggirono.

Riserbandoci ad esaminare altra volta i principali lavori del Primo Parlamento Italiano, oggi ci contenteremo d’una semplice occhiata al complesso dei medesimi, dandone qui sotto un elenco. Da questo risulta che la Camera aperta il 18 febbraio, e chiusa il 13 luglio ebbe un lavoro di cinque mesi, ossia circa 150 giorni. Le tornate furono in tutto 109: le leggi approvate 83. Questo numero di leggi non è poca cosa, avuto riguardo alle 109 tornate. Le leggi non si possono improvvisare come un sonetto od un madrigale. Ma se invece di guardare al numero, guardate al peso delle leggi votate, troverete che il Parlamento Italiano non diede grandi prove né di senno politico, né di pratica di amministrazione, né di tattica parlamentare.

Se togliete due o tre leggi, tutte le altre sono tali che, se non fosse stata la parlantina degli onorevoli e la smania di recitare ciascuno ii suo discorsetto per aver l’onore di lar la sua comparsa sulla Gazzetta Ufficiale, potevano votarsi a. quattro, a sei, a dieci per seduta, come fa lodevolissimamente il Senato.

Recandovi in mano quel gran volumaccio che sono già le discussioni della Camera di oltre ad un migliaio di pagine, vi sembrerà che dcbbansi là contenere tesori di sapienza politica, finanziaria, militare, amministrativa, giudiziaria. Eppure non mai forse potè dirsi con maggiore verità: una goccia di senno in un mar d’inchiostro. E meno male se fra tante inutili frasche non si trovassero di molte e molte empietà e bestemmie tino a far il panegirico della Convenzione francese, e proclamare che il Dio di Pio IX non è il Dio dell’Italia!!

In sostanza, ogni cosa ben considerata, il principal lavoro del Parlamento fu votare spese sempre maggiori, ed un imprestito di 750 milioni.

Di fatto tra nuove pensioni, sussidii per questa o per quell’altra opera, concessioni di strada ferrate sempre a carico più o meno grande dell’erario,

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maggiori spese sui bilanci passati, ed altre leggi portanti un nuovo gravame sull’erario, troverete che se non abbiamo un nuovo peso di 500 milioni quanto il ministero ne vuole per l’imprestito, non n’andremo forse lontani. Questa è la parte principale dei lavori. In sostanza il primo Parlamento italiano esercitò come in generale gli altri Parlamenti passati il suo uffizio, che è di votar danari a carico del popolo e a vantaggio di chi si trova avere il mestolo in mano.

Eppure quante cose non aveva da fare questo primo Parlamento italiano? Basti il dire che esso aveva da fare l’Italia! Finora la rivoluzione non fece che disfare l’Italia. è questo il compito della rivoluzione: rovinare tutto ciò che esiste. Rivoluzione è distruzione. La parte che toccava al Parlamento era di riedificare ciò che fu distruto.

Aveva da riedificare la magistratura e riordinare i tribunali. Domandate a qual volete dei magistrati, specialmente delle provincie annesse, se egli sa che cosa si dica e che cosa si l’accia in quella farruggine di codici nuovi e codici antichi; di leggi che derogano, abrogano e rimettono in vigore questo o quell’altro provvedimento? Chiedete a giurisperiti se possano cavare un costrutto da quest’ammasso di legislazione ove il vecchio ed il nuovo formano un intruglio da non capirne un acca?

Bisognava riedificare l’amministrazione, tanto centrale, quanto provinciale. Chi ne capisce ora di tutto questo laberinto, che sono i dicasteri del ministero? Andate a chiedere qualche cosa al primo ministro che incontrate; e vedrete che egli vi dirà: Non è di nostra competenza; tocca al ministero della guerra. Andate al ministero della guerra, e là vi risponderanno: Che cosa centra qui il ministero di guerra? Andate dal ministro dell’interno. Vi recate al ministero dell’interno e vi ridono sulla faccia, dicendovi che quell’affare evidentemente spetta al ministro di grazia e giustizia. Da questo siete rimandati al ministro sopra l’istruzione pubblica, il quale vi manda da quello dei lavori pubblici. In caso che in tutto questo salire e scendere di scale non abbiate rinnegata la pazienza, e mandato tutti i ministri a quel paese, vedrete che il ministro sopra i lavori pubblici vi manderà da capo fino al segno, cioè vi inviterà a recarvi dal primo ministero d’onde avete cominciato le stazioni della Via Crucis.

E se le cose vanno in questa guisa a Torino, pensate che sarà di Milano, di Firenze, di Modena e di Napoli!! Eppure che cosa si fece dal Parlamento per riordinare questo caos?

Bisognava riordinare le finanze collo stabilire in modo equo e giusto le imposte in tutto lo Stato. Ora chi paga le imposte non è che il Piemonte e la Lombardia, e qualche po’ le provincie dell’Italia centrale. Quanto a Napoli è inteso che non paga un soldo; anzi ci divora i milioni; e un giornale faceva i calcoli che le spese nel regno di Napoli ascendono a 800 mila franchi al giorno! Che cosa si fece per dare assetto a questa parte importantissima e fondamentale dello Stato? Nulla, ma proprio nulla.

Con ciò non diciamo che la Camera abbia fatto male a non votare imposte, anzi troviamo che questa è la sola buona decisione che abbia preso. Si dirà che il votare spese senza pensare al modo di supplirvi se non per via d’imprestiti, ed anche questi insufficienti,

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è il vero modo di andar difilato alla bancarotta, come ebbe a dichiarare il conte di Cavour. — Ma n?ii non entriamo a discutere questo punto. Diciamo solo che il non avere nuove imposte è un vantaggio.

Vi era da riordinare la pubblica sicurezza non tanto nel reame di Napoli, dove ci vuol altro che una legge votata della Camera per ricondurvela, quanto in tutto il paese; giacchè ladri, grassatori, assassini e simigliante genia si moltiplica in modo spaventoso. E la Camera ciarlò molto della pubblica sicurezza in Napoli, dove il ministro Minghetti confessò che è molto compromessa: ma non diede il menomo provvedimento per guarentire la vita e gli averi dei cittadini.

Insomma v’era tutto a riordinare, e la Camera non fece nulla; forse sgomentata appunto dal troppo da fare. La Camera votò molte leggi, ma quasi tutte di poca importanza pel vantaggio del paese: chiacchierò moltissimo, ma non disse gran cosa di buono: fece molto chiasso per rifare l’Italia, ma non riesci a nulla.

REGI DECRETI

di apertura, di proroga, di ripresa e di chiusura della Camera

dal 18 febbraio 1861 al 21 maggio 1863

Regio decreto 3 gennaio 1861 per la convocazione del Parlamento nel giorno

18 febbraio 1861.

Id. 23 luglio 1861 per la proroga della Sessione.

Id. 3 novembre 1861 per la ripresa della Sessione nel giorno 20 stesso mese.

Aggiornamento della Camera dal 13 aprile a tutto maggio

Deliberazione 3 aprile 1862

Regio decreto 21 agosto 1862 per la proroga della Sessione.

Id. 26 ottobre 1862 per la ripresa della Sessione nel giorno 18 nov.

Id. 21 dicembre 1862 per la proroga della Sessione.

Id. 13 gennaio 1863 per la ripresa della Sessione nel giorno 28 dic.

Id. 20 maggio 1863, comunicato alla Camera nella seduta 21 stesso

mese, per la chiusura della Sessione 1861-1862,

Sedute pubbliche tenute dalla Camera — N. 417

Progetti di legge presentati alla Camera dal Governo N. 360

Id. approvati………………………………………………id. 213

Id. respinti…………………………………………………….id. 1

Id. ritirati……………………………………………………..id. 15

Proposte presentate dai deputati………………………….6

Id. approvate………………………………………………..id. 14

Petizioni presentate durante la Sessione N…….. 2268

Id. riferite………………………………………………………..685 (1)

Interpellanze…………………………………………………….181

Ordini del giorno adottati……………………………………85

(1) In questo numero non trovansi comprese quelle petizioni le quali per riferirsi a progetti di legge in corso furono comunicate alle Commissioni relative. (Art. 72 del regolamento).

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fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_01_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#nuova

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