Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (XVI)

Posted by on Set 20, 2024

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (XVI)

LE QUESTIONI DEL NEONATO REGNO D’ITALIA

(Pubblicato il 24 settembre 1861).

Povero bimbo! Vedetelo tuttavia nelle fascio, e bisognoso chela mamma Francia lo sostenga, lo difenda, gl’insegni a muovere i piedi, eppure è già in lite con mezzo mondo! Il regno d’Italia in questi momenti ha questioni colla Spagna, questioni col Portogallo, questioni colla Francia, sua madre, questioni coll’Austria, questioni col Papa; e internamente questioni con tutti, coi preti, coi frati, coi banchieri, coi contribuenti, coi garibaldini; questione Cialdini, questione Tofano, questione Curletti, questione della Rovere, questione Fanti, e che sappiamo noi Restringiamoci a discorrere in quest’articolo di tre questioni: l’italico-portoghese, l’italico–ispana e l’italico—gallica.

(1) Nel Giornale di Verona del 19 di settembre. N° 362, troviamo alcune parole su questo punto che apertamente riproviamo. Ma la gravita dì quelle parole che mettono gli assassini di strada nelle cariche più elevale, provano la necessità di dare una pubblica e solenne soddisfazione a Torino, all’Italia ed all’Europa.

— 102 —

I.

Questione italico—portoghese

E prima della questione Italico-portoghese. Il regno d’Italia che vuole la Chiesa libera in Stato libero, non contento Ili tormentare i suoi preti nella nostra Penisola, andò a pungerli perfino nella Lisbona; e il conte di Cavour che fe’ piangere la Chiesa quand’era vivo, continua a recarle noia anche dopo morte. Ecco di che cosa si tratta.

Il Patriarca di Lisbona non volle permettere che si celebrasse una Messa solenne in suffragio del conte di Cavour, e ciò perché egli era morto senza nessuna ritrattazione, e perché questi solenni funerali servono più a dimostrazione politica che per espiazione, e non si deve confondere Io spirituale col temporale. Il 29 di agosto il signor José Estevào, deputato delle Camere portoghesi, annunziò un’interpellanza su tale argomento, interpellanza che ebbe luogo il 30 di agosto. E questo oratore liberate chiese che il Governo procedesse contro il Clero portoghese, giacché il suo rifiuto di celebrare la Messa era un atto politico!

Il ministro della giustizia rispose non avere ancora abbracciato veruna deliberazione, ma, sottoposta la cosa al procuratore della Corona, attenderne l’avviso per sapere quali disposizioni il Governo potesse e dovesse prendere in questa vertenza. E siccome il signor José Estevào aveva tacciato il ministero portoghese di timidità, così il ministro della giustizia si mostrò coraggioso sfidando le scomuniche, e dichiarandosi scomunicato! Il ministro lesse la Bolla di scomunica, e, giunto là dove si parla di fautores et ad herentes, uscì in questo tratto di coraggiosa eloquenza: ?Noi pure siamo scomunicati, noi pure siamo compresi fra le persone colpite da questa Bolla, perché siamo fautori ed aderenti a quanto avvenne in Italia?.

E queste parole furono le ultime che si udissero dalla tribuna portoghese, perché pronunziate nell’ultima tornata della Camera. E converrà tenerle a memoria, perché forse noi stessi, o certamente gli storici che verranno dopo di noi, potranno ricordarle ai Portoghesi, come si ricordarono dopo la campagna di Russia le parole dette da Napoleone I, che cioè le scomuniche non farebbero cadere le armi di mano a’ soldati. Intanto il regno d’Italia aspetta che cosa saprà fare il Portogallo contro il Patriarca di Lisbona. 1 ministri portoghesi non sembrano ancora all’altezza dei nostri, se no avrebbero trattato il Patriarca come noi trattiamo il Cardinale De-Angelis da un anno prigioniero in Torino senza accusa, senza, processo, senza condanna.

Questo regno d’Italia aspetterà ancora un po’ di tempo per vedere se il Patriarca di Lisbona vien messo in prigione sì o no; ma quando si lasciasse libero, allora una Nota del barone Bettino Ricasoli richiamerebbe al suo dovere il ministro portoghese, invitandolo a voler modellare la sua condotta sull’esempio dei nostri, e ricordare gli Arcivescovi di Torino e di Cagliari, i sessanta e più Vescovi espulsi da Napoli, e il Cardinale Arcivescovo di Pisa, e il Cardinale Vescovo d’Imola e cento altri.

— 103 —

II.

Questione italico-spagnuola.

In questa seconda questione che ha il neonato regno d’Italia, non si tratta più né di preti, né di Vescovi, né di Patriarchi: trattasi di archivi. La Spagna non ammira le nostre imprese in Italia, e principalmente quelle di Napoli, dove los fusilamientos por medio de metralla sono all’ordine del giorno, come dice el Diario Espanol del 17 di settembre.

Fatto sta che il console generale delle Due Sicilie a Lisbona, vedendo che il vento tirava contrario, rimise gli archivi del Consolato all’incaricato d’affari di Spagna. Il conte della Minerva, che trovasi nostro rappresentante a Lisbona in premio di ciò che prima avea fatto a Roma, andò all’incaricato d’affari spagnuolo, gridando: Voglio gli archivi di Napoli! — Datemi gli archivi di Napoli! Lo spagnuolo lo lasciò cantare, e non diè nulla. Allora intervenne il barone Tecco, un pezzo più grosso, e che dopo d’averci rappresentato a Costantinopoli, ora ci rappresenta a Madrid. E qui note da una parte, e dispacci dall’altra, e conferenze, e minacce, e promesse, ma gli archivi non sono ancora venuti.

La Correspondencia del 17 di settembre dice che ?il governo francese desiderando evitare la rottura delle relazioni tra Sardegna e Spagna, ha dato istruzioni al suo incaricato d’affari a Madrid, porche interponga i suoi buoni uffizi, affine di terminare la questione degli archivii napoletani?. La Regeneracion domanda se per Napoleone II I esiste alcun popolo che si conosca col nome di Sardegna, ed avverte che il Bonaparte vorrebbe con questo mezzo ottenere dalla Spagna il riconoscimento del così detto regno d’Italia.

Intanto il barone Tecco avea minacciato di abbandonare Madrid se non avea ottenutola restituzione degli archivii napoletani pel 13 di settembre. E non gli ottenne, e restò a Madrid, ed il Pensamiento espanol del 17 settembre ne vedeva la sua presenza in quella città con extrancza y disgusto. E con molta logica il Pensamiento soggiungeva: ?Per qualche motivo noi abbiamo richiamato da Torino il nostro rappresentante. E per la stessa ragione dovrebbe ritirarsi da Madrid il signor Tecco, se il governo di Torino avesse meno prudenza?.

Ora noi stiamo a vedere a che cosa riesce la mediazione di Napoleone III, e se ci restituiscono gli archivii napoletani (bella quella parola restituire!), oppure se perdendo gli archivii, guadagniamo almeno il barone Tecco.

L’Opinione del 22 di settembre ci lascia pili sperare il barone Tecco, che gli archivii napoletani. Essa dice: ?Noi siamo persuasi che se il barone Tecco è ancora al suo posto, si è perché non è per anco giunta la risposta del Gabinetto spagnuolo alla nota, colla quale gli si chiedeva la consegna degli archivi, ed il ministro degli affari esteri preferisce di non precipitare una risoluzione per darle maggior peso.

?Ma poiché la Spagna ha risposto con un rifiuto, altra ria non resta al nostro Governo fuorché di richiamare il suo rappresentante. Il ministro del Re d’Italia non potrebbe più mantener relazioni amichevoli con una Potenza che non si cura più manco di velare la sua avversione alla rigenerazione

— 104 —

italiana e che ha adottato un procedere tanto ostile che più non potrebbe attendersi dall’Austria.

III

Questione italico-francese

Finalmente abbiamo una terza questione colla Francia, questione che al cav. Boncompagni ha fatto scrivere un articolo sulla stessa Opinione del 22 settembre con questo titolo: Che fa la Francia a Roma? E il BonCompagni pronunzia questa sentenza: ?è venuto il momento in cui la Francia debba cessare dal proteggere in Roma la potenza temporale del Papa: lo debbe non pure nell’interesse dell’Italia, ma nell’interesse della cattolicità e del Pontificato?. Ma la Francia non l’intende per questo verso, e il Conslitutionnel dichiara che ?soltanto i partiti, rivoluzionario, e reazionario, domandano lo sgombro immediato di Roma?. A quale di questi partiti appartiene il BonCompagni?

Se noi fossimo Francesi risponderemmo categoricamente alla sua domanda: Che fa la Francia a Roma? La Francia custodisce a Roma colle baionette ciò che la religione, il diritto e la giustizia non difendono più dai rivoluzionari. La Francia fa stare indietro da Roma colla l’orza coloro che non conoscono altro principio, altro giure, altro concordalo. La Francia impedisce colla forza che vadano a Roma certi professori di diritto costituzionale che furono a Firenze, e si guadagnarono il fumoso premio detto da lord Normamby. La Francia sta a Roma per farvi paura, giacché avete perduto il più nobile affetto, l’amore, Non amate più, ma temete tuttavia; e la Francia sta a Roma per intimorirvi. La Francia sta a Roma come lo spauracchio su di un campo di grano; sta a Roma come la sentinella sulle porte di una fortezza; sta a Roma come l’angiolo che non lasciava procedere oltre né il Porfeta, né la sua compagnia (Libro dei Numeri, cap. IX, vers, 22). Ecco signor BonCompagni, che cosa fa la Francia a Roma.

E la Francia ci resterà ancora per molto tempo, giacché così vuole, non diremo tanto l’interesse del Cattolicismo, quanto l’interesse della Francia medesima, E il giorno in cui la Francia abbandonasse il Papa, questi troverebbe (altri difensori; ma Napoleone non tarderebbe ad accorgersi che egli avea bisogno di Roma, e che Roma non ha mai avuto bisogno di lui.

IL MINISTRO DEI CULTI IN ITALIA

(Pubblicato il 26 ottobre 1861).

La Gazzetta Ufficiale del 23 di ottobre, n. 258, pubblicava un Reale Decreto, sotto la data del 16 di ottobre, controsegnato Ricasoli-Miglietti, il quale dice, all’articolo 2°: ?II Ministero di grazia e giustizia e degli affari ecclesiastici assumerà la denominazione di Ministero di grazia e giustizia e dei culti?.

Dunque noi abbiamo un ministro dei culti. Ma contemporaneamente abbiamo uno Statuto che dice all’articolo 1°: ?La religione cattolica apostolica romana è la sola religione dello Stato?. Come conciliare un ministro dei culti con un culto solo?

— 105 —

Il Decreto del 16 di ottobre ba molta importanza, e dal lato politico, e dal lato religioso. Politicamente distrugge lo Statuto, e attribuisce al Ministero la facoltà di mutare le basi del nostro interno organamento. Religiosamente la peggio e introduce tra noi in principio l’indifferenza religiosa.

Ministro dei culti vuol dire che il Cattolicismo non è più la sola religione dello Stato; vuoi dire che tutti i culti sono tra noi equiparati; vuoi dire che il culto viene considerato come cosa d’amministrazione, e abbiamo il ministro dei culti, come il ministro delle finanze; vuoi dire finalmente che mentre l’Italia non ha ancora raggiunto, e ormai dispera di raggiungere l’unità politica, ha sgraziatamente perduto l’unità religiosa.

Già da qualche tempo in questa povera Italia vi era in pratica ogni libertà pel male, e piena licenza accordavasi a tutte le eresie di dogmatizzare, bestemmiare, combattere la religione cattolica. Ma questa m principio almeno era la sola religione dello Stato, e l’Italia appariva cattolicamente una. Ed oggidì sì bella e preziosa unità noi abbiamo perduta, e siamo divisi come i culti, di cui il sig. Miglietti è ministro!

Questa disgrazia è la peggiore che potesse piombare sulla nostra patria. E quando compivasi un tale e tanto misfatto? Quando in Napoli levavasi una statua a Giambattista Vico, e il telegrafo annunziava gli onori resi alla memoria del grande giureconsulto.

Ma voi che levate a cielo il Vico, perché non ne studiate i libri e le dottrine? Apritela Scienza nuova, t. I, pag. 101, Napoli, 1826, eleggete: ?Ogni città divisa in parte per cagione di religione o è già rovinata, o è presso alla rovina?. E voi che stabilite in Italia il ministero dei culti, dichiarate che la patria nostra è divisa in parti per cagione di religione, dichiarate che l’Italia o è già rovinata, o è presso alla rovina!

Sotto il pretesto di unire la patria nostra, le toglieste ogni ragione d’unità; le toglieste l’unità geografica e storica, colla vendita di Nizza; le toglieste l’unità politica suscitandole in seno centinaia di partiti; le toglieste l’unità cattolica ribellandola al Vicario di Gesù Cristo, al Capo visibile della Chiesa; le toglieste l’unità religiosa col proclamare scioccamente, arbitrariamente, empiamente la libertà dei culti.

?L’unità religiosa, scrisse Martinet nella Statolatrie, è senza dubbio uno dei primi beni e la migliore malleveria dell’unità nazionale?. E questo gran bene ce l’avevano conservato i nostri padri, e cel tolsero gli uomini nuovi!

I Polacchi vi mostrano di questi giorni come l’unità cattolica possa essere la migliore malleveria dell’unità nazionale; e voi che avevate questa malleveria ve ne spogliate senza nessuna ragione, senza alcun motivo, se non è quello dell’odio alla verità, e del livore contro il Romano Pontefice.

Insensati! E non c’erano abbastanza discordie e guerre in seno a questa terra infelicissima? E ci voleste aggiungere ancora le divisioni religiose per inasprire sempre più la lotta fratricida, che insanguina le nostre contrade?

Insensati! Non avete più autorità, né ordine, né leggi, né danaro, né rispetto, né credito, né amore presso i popoli.

— 106 —

Vi restava ancora un grande principio, l’unità cattolica, e ne fate getto, e vi sostituite la libertà dei culti, l’indifferenza religiosa, la molteplicità delle credenze che va a finire nell’ateismo dello Stato.

Insensati! Mentre il Re di Prussia s’inchina a Dio, ne invoca il nome, o da lui riconosce la corona, voi rinnegate pubblicamente questo Dio che aveste la grazia di conoscere come egli è e di venerare come vuoi essere venerato in ispirito e verità, secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica; e al Dio del cattolicismo sostituite il padre delle menzogne, la libertà dell’errore!

E poi pretendete che il vostro ministro dei culli vada ad assidersi in Roma sul Campidoglio. Tempo già fu che in Roma dominava la moltiplicità degli errori religiosi, e quella grande città cum pene omnibus dominaretur gentibus omnium gentium serviebat erroribus. Allora i Romani traviati credevano di avere una grande religione, perché non rigettavano nessuna falsità.

Ma da questa servitù, la più obbrobriosa di tulle, Roma fu liberata da Pietro e Paolo. Per loro in Roma risplendette l’Evangelio di Cristo e la maestra dell’errore divenne la discepola della verità. Essi furono i veri Padri di Roma, che la resero gente santa, popolo eletto, città sacerdotale e regia, capo dell’universo, sicché lutius presideret religione divina quam dominatione terrena.

E in questa Roma volete stabilire un ministro dei culti? E pretendete che il ministro dei culti resti a fianco del Papa? Chi amministra l’errore, l’indifferenza, la menzogna vicino a chi proclama la verità, interpreta la parola di Dio, predica l’Evangelio? E sperate che i Romani si acconcino a questa abbominazione della loro città? E vi meravigliate che i Vescovi e i sacerdoti vi combattano? E vi lusingate che il Cattolicismo possa comportare questa sua decapitazione?

Insensati! Lasciatecelo ripetere ancora una volta; voi non siete né buoni cattolici, nf> buoni politici; non solo avete perduto la fede, ma anche il buon senso; cospirate contro voi stessi, rivelate al mondo i vostri attentati, difendete e glorificate il Santo Padre Pio IX mentre credete di fargli guerra; scalzate il vostro seggio cercando di rassodarlo; disfate l’Italia pretendendo d’averla fatta; seminate la disunione e la discordia per giungere all’unità.

Noi rigettiamo il vostro ministro dei eviti. Esso non può coesistere collo Statuto di Carlo Alberto, e mutare questo Statuto non è di vostra competenza. Nessun cattolico in Italia, ne siamo certi, userà la denominazione di ministro dei culti, nessuno darà questo titolo all’antico ministro di grazia e giustizia.

I PARRICIDI DELL’ITALIA

(Pubblicato il 6 dicembre 1860).

Due cose temono i nostri onorevoli deputati, e si ridono di tutto il resto. Si ridono di Dio, della Vergine e dei Santi; del Papa, delle scomuniche, dei Cardinali, dei Vescovi e delle loro circolari, e temono soltanto, al di fuori, Napoleone 111, e al di dentro (dobbiamo dirlo?) al di dentro temono l’Armonia! E se Voi rivedrete Atti Ufficiati della Camera elettiva, vi si farà manifesto che i rimproveri e le interruzioni contro i Deputati che escono

— 107 —

dal seminato sono sempre questi due: — Silenzio! Napoleone III vi sente. —Adagio, a ma’ passi, che l’Armonia vi ascolta. —

è da due giorni che la Camera venne riconvocata, e i deputati Musolino e Ricciardi già provarono che cosa voglia dire parlare con poco rispetto di Napoleone III, o farsi sentire dalla Armonia.

Il deputato Musolino il 3 dicembre osò affermare che se gl’italianissimi confidavano nel Bonaparte, mostravano una bonomia patriarcale, antidiluviana: e che ormai a forza di protezione l’Italia era divenuta una prefettura dell’impero francese quando il Presidente della Camera l’interruppe raccomandandogli rispetto ad un governo che ci è alleato ed amico. Con Napoleone III non si burla!

E il deputato Ricciardi il 22 di novembre parlava delle miserie e dei malcontenti del regno di Napoli, dove regna malcontento profondo, dove la miseria è grandissima, dove il popolo dice: ?Sotto i Borboni noi mangiavamo, ed ora mangiamo molto men bene di quello che mangiavamo una volta?; dove i commercianti si lagnano, i militari sono disgustati, gli impiegati hanno molli motivi a dolersi; i proprietari sono incerti di riscuotere i loro redditi, e non sono certi se non d’una cosa, cioè di pagare le imposte? (Atti Uff. , IX 329, pag. 1272).

Il Ricciardi voleva più dire, ma il deputato De Blasiis gli tagliò a mezzo In parola, avvertendolo che l’Armonia lo udiva, e che il giorno appresso le colonne dell’Armonia ripeterebbero con compiacenza il suo discorso. E la Camera ripeteva Bravai Bene! E per quel giorno il Ricciardi non rispose nulla riguardo l’Armonia, e si tenne pago di protestare altamente contro l’insinuazione del deputato De Blasiis.

Però, il 4 di dicembre, il deputato Ricciardi dovendo nuovamente parlare, esordì chiedendo facoltà di lasciare da parte ogni reticenza ed invocando tona piena libertà di parola, perché, sebbene l’Armonia l’ascoltasse, nondimeno grande divario correva traini e l’Armonia, che hanno scopo parricida (Atti Uff. ? 341, pag. 1317).

Fermiamoci su questo detto. L’Armonia combattendo i Ricasoli, i Ricciardi, e la rivoluzione, è parricida, ossia uccide la propria madre, che è l’Italia! Leggiamo adunque che cosa abbiano fatto dell’Italia coloro che non sono parricidi.

Cel dirà m primo luogo il dep. Brofferio. Ascoltatelo: ?Signori, io ho udito molte volte proclamare da quella ringhiera e dalla stampa e dalla voce pubblica che l’Italia era fatta. Errore! No, l’Italia non è fatta, anzi non fu mai tanto disfatta come in questi giorni. Non è fatta, perché non è da capo a piedi armata; non è fatta perché a lei mancano due nobilissime città e province; non è fatta, perché ardono nel suo seno fatali conflitti; non è fatta, perché Nemesi funesta sta la discordia nel campo nostro; non è fatta, perché alcuni dei suoi più illustri figli son messi in disparte e da proscrizione percossi; non è fatta, perché nessuno seppe svegliarla dal letargo con una di quelle parole che scuotono i popoli e creano le nazioni. Questa sbattuta Italia chi saprà finalmente comporla?? (Atti Uff. , M? 340, p. 1313).

E l’Armonia è parricida, perché ha sempre combattuto, perché combatte, perché combatterà fino all’ultimo sangue coloro che hanno fatto di questa povera Italia sì pessimo governo!

— 108 —

Udite il deputato Pisanelli, che parlò nella tornata del 3 dicembre: ?Signori, anch’io ho fede, tutti noi abbiamo fede nella rivoluzione, tutti noi portiamo improntato nell’animo il suggello della rivoluzione francese, il cui concetto ci accompagna sempre e dovunque; ma… noi abbiamo bisogno d’ordine, abbiamo bisogno di forza; la rivoluzione non calma, eccita le passioni; noi abbiamo bisogno di soddisfare e di comporre interessi materiali già troppo scossi, già troppo laceri, già troppo insanguinati;. la rivoluzione produce effetti diversi. La rivoluzione permanente aliena da noi le simpatie della parte conservatrice degl’Italiani, che è pur estesa e potente; aliena da noi le simpatie di una gran parte di tutta l’Europa? (Atti Uff. , N° 340, pag. 1315).

E perché l’Armonia ha combattuto questa rivoluzione, che eccita le passioni, che sconvolge ogni ordine umano e divino, che non da tregua all’Italia, che le chiama addosso le ire dell’Europa, perciò noi siamo parricidi.

Udite il deputato Musolino. Il 3 dicembre egli rispondeva al seguente argomento recato in favore di Napoleone III: ?Il nostro amico ed alleato serba una condotta che in apparenza sembra ostile, ma che in realtà poi non lo è. è questa una sua profonda arte di dissimulare e fingere per salvare le apparenze? Il deputato Musolino chiamava stupido quest’argomento, e soggiungeva: t Se noi abbiamo veduto che la causa italiana è popolare in Francia, che tutta l’Europa è d’accordo nella indifferenza o nella simpatia, e qual bisogno allora di fingere se non vi è necessità d’ingannare nessuno? La Francia, signori, non ci è amica, e se noi ci ostiniamo ad aver fiducia in questa nazione, noi, o mostriamo poco ingegno, oppure vogliamo decisamente essere vassalli dello straniero? (Atti Uff. , N° 339, pag. 1311).

E perché l’Armonia non vuole l’Italia vassalla dello straniero, perché non la vuole amica, né alleata di chi finge o tradisce, per questo l’Armonia è parricida!

Udite il deputato Ferrari che dipinse l’Italia il 2 dicembre: ?Siamo sulle spine quanto alle finanze, nell’incertezza quanto alla diplomazia, nel provvisorio quanto all’amministrazione. Se parliamo del mezzodì, in alcune regioni gli uscieri non possono nemmeno eseguire le sentenze; nessuna sicurezza negli affari, nessuna confidenza nelle diverse imprese, nessun lavoro pubblico che muti le condizioni generali, e due provincie del Napoletano stanno in questo momento sotto il flagello massimo del brigantaggio? (Atti Uff. , N° 337, pag. 1302).

E perché l’Armonia ha oppugnato ed oppugna i distruttori d’Italia, gli scialacquatori delle sue finanze, i vandali che l’hanno messa in sulle spine, per questo l’Armonia è rea di parricidio!

Udite lo stesso deputato Ricciardi che chiamò parricida l’Armonia. Il 4 dicembre egli parlava così: ?Certo non vi è motivo da rallegrarsi ogni qual volta volgasi l’occhio allo stato della nostra finanza. Ecco il quadro che ci si presenta: i cinquecento milioni del prestito da noi votato pochi mesi fa, consumati prima dell’incasso, vale a dire spesi a credito; boni del tesoro emessi in quantità grande; impossibilità assoluta in questo momento di contrarre un novello prestito, stante il bassissimo corso della nostra rendita? (Alti Ufficiali, N° 341, pag. 1313).

— 109 —

E perché l’Armonia mollo prima di voi s’è levata contro questa malversazione, che distrugge il nostro credito, che ci rende vittima degli ingordi banchieri, che finisce sempre per pesare sul popolo con terribili imposte, per questo voi ci chiamate parricidi!

L’Armonia è parricida, perché ha voluto e vuole in Italia il rispetto al diritto, il rispetto alla storia, il rispetto alle tradizioni, il rispetto alle leggi. E coloro che non sono parricidi, hanno convertito l’Italia in una Babilonia, in un pandemonio!

L’Armonia è parricida, perché si è opposta con tutte le forze sue allo smembramento della patria, alla cessione della Savoia e della contea di Nizza, al predominio francese in Italia. E coloro che non sono parricidi, hanno sacrificato la culla della nostra monarchia, hanno venduto provincie italiane, hanno convertito la nostra Penisola in una prefettura francese.

L’Armonia è parricida, perché, serbandosi fedele al proprio Re, vuole che i sudditi rispettino i proprii Sovrani, e quanti li tradiscono e li vendono, chiama traditori i felloni. E coloro che non sono parricidi, per pochi danari hanno maledetto il proprio padre e Sovrano cacciandolo in esilio.

L’Armonia è parricida, perché domanda che sia onorata la religione cattolica, gloria d’Italia e sua salute; rispettata la Chiesa, i suoi beni, le sue ragioni, venerati i Vescovi, i preti ed i frati, i veri e sinceri amici del popolo. E coloro che non sono parricidi, chiudono i conventi, questi asili del dolore, del pentimento, della povertà; imprigionano i Cardinali, esiliano i Vescovi, fucilano i preti.

L’Armonia è parricida, perché ha accolto con disdegno il conte di Cavour quando voleva comperarla; perché disprezza gli onori e gli stipendi dei ministri ricchi e potenti, e spende invece l’opera sua nella difesa del Santo Padre, e cerca qualche soldo per ristorarlo nella sua miseria, e sovvenire alla sua povertà. E coloro che non sono parricidi hanno spoglialo il proprio Padre, il grande Pio IX, quel Pio IX che perdonò i loro delitti, che benedisse le loro persone, che recò tanto bene all’Italia.

Ah! se noi siamo in questo senso parricidi, perché uccidiamo la madre vostra, la rivoluzione, lasciateci menar vanto del nostro delitto, la colpa è cosi bella, che noi ne andiamo orgogliosi, e, ben lungi dal rimuoverne la mano, proseguiremo a consumare il parricidio.

Ma tempo verrà, e forse non è molto lontano, tempo verrà, in cui tutti gl’Italiani conosceranno chi sono i veri parricidi della libertà ben intesa, dell’ordinata discussione, della indipendenza e della gloria d’Italia.

Queste pagine che noi scriviamo giorno per giorno, non tutte morranno, e parecchie saranno rilelte più tardi da coloro che oggi ci chiamano parricidi. E quando le truppe straniere passeggieranno le nostre contrade, quando alla guerra civile succederanno prima gli orrori dell’anarchia, poi le ferocie del dispotismo, allora s> vedrà e si conoscerà se noi eravamo parricidi.

Ah! gl’Italiani di buona fede, che hanno due occhi in fronte e un cuore in petto, cominciano fin d’ora a ravvisare i parricidi della patria; e ogni giorno che passa, ogni avvenimento che si svolge eloquentemente rivela che i parricidi d’Italia sono i nemici della Chiesa o del Romano Pontefice.

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_01_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#nuova

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.