Storia del diritto nel Regno di Napoli di GAETANO ARCIERI
Gaetano Arcieri, Storia del diritto nel Regno di Napoli
A cura di Gianandrea de Antonellis
Edizione originale:Storia del Dritto per servire d’introduzione allo studio delle leggi civili e del dritto amministrativo con la successione dei giureconsulti ed interpetri [sic] del dritto romano, seguita da comentario [sic] delle leggi regie, pontificali e decemvirali del Dottor Gaetano Arcieri, Accademico Florimontano, Socio Corrispondente della Società Economica di Basilicata, dell’Accademia Cosentina, di Aci-Reale, ec. ec.Stabilimento Tipografico Perrotti, Napoli 1853
PREFAZIONE
Opera di pregio può dirsi davvero la Storia del Diritto nel Regno di Napoli di Gaetano Arcieri, che Gianandrea de Antonellis propone all’attenzione degli studiosi specialisti del settore, ma anche del lettore medio desideroso di conoscere in maniera semplice, chiara e completa le vicende socio-istituzionali e giuridiche che hanno costruito l’identità dello Stato nel Mezzogiorno d’Italia lungo il corso dei secoli. Lo studio del diritto e delle istituzioni resta sempre elemento cardine per comprendere la storia di un popolo nel suo divenire, perché il diritto accompagna e riflette lo scontro di interessi e le vicissitudini di una comunità.
Per la sua consolidata e rilevante tradizione di studi giuridici il Regno napoletano, divenuto improvvisamente il “Mezzogiorno” d’Italia, rappresenta campo di osservazione privilegiato per comprendere le interazioni tra piano teorico e prassi giuridiche, tra continuità e discontinuità istituzionale, tra legittimità del potere e consenso.
Storia del diritto nel Regno e non del Regno, scrive Arcieri nel titolo, perché il percorso di formazione del diritto napoletano esaminato nell’opera è lungo e comprende esperienze legate ad epoche e modalità diverse.
Gaetano Arcieri mette a fuoco i caratteri precipui del diritto del Regno individuando nella consuetudine e nella capacità di mediazione del ceto giuridico napoletano il fil rouge in grado di legare esperienze giuridiche politicamente e temporalmente distanti tra loro; allo stesso modo evidenzia lo stretto rapporto tra abbandono della tradizione e cesure istituzionali, che introducono diritto nuovo nel Regno. Ben pochi sono i momenti in cui nella vicenda storico giuridica dello Stato napoletano, dai Normanni ai Borbone, si assiste ad un cambio radicale di paradigma, tale da produrre fratture profonde nelle istituzioni e nell’assetto sociale: il 1799, il decennio napoleonico (1806-1815), il 1860. Si tratta, in tutti e tre i casi, di eventi rivoluzionari che rompono gli schemi consolidati: abrogano la consuetudine, infrangono ogni patto sociale, affermano il primato della legge come comando proveniente da un’autorità superiore, impongono un nuovo ordine giuridico e sociale.
Come si innestano questi eventi nella storia e nel diritto del Regno? Quali effetti producono nell’ordinamento? Fino a che punto ne restano travolti gli equilibri sociali e politici consolidati? A questi interrogativi Gaetano Arcieri, la cui vita si svolge in un arco temporale (1794-1867) che gli permette di assistere a tutti e tre queste fratture istituzionali (ma il libro si ferma al 1847) – cerca di trovare risposte soddisfacenti analizzando il processo di formazione e l’evoluzione storica del diritto patrio: è sicuramente un obiettivo ambizioso, oltretutto se l’intento è quello di compendiare in poco meno di duecento pagine l’intera storia del diritto pubblico napoletano, dall’età romana al 1847.
Certamente la sua Storia è un’opera di sintesi, né può essere diversamente; ma non è affatto opera superficiale o didascalica: le parole, scelte accuratamente dall’Autore per delineare i tratti essenziali di quella storia e di quel diritto, rivelano al lettore pagina dopo pagina l’intero disegno, al pari della statua che prende forma e si rivela sotto i colpi di scalpello dati dallo scultore. Inoltre, fornisce un quadro sufficientemente chiaro ed abbastanza completo e dettagliato della macchina amministrativa e dell’organizzazione dello Stato napoletano in età borbonica nei suoi diversi rami (dalla giustizia alla economia, alla finanza, alla sanità, alla cultura).
L’Autore non è sicuramente il solo, nel panorama culturale della sua epoca, a cimentarsi in questo genere di opere: altri autori coevi che si avventurano nella stesura di scritti similari sono – come ricorda de Antonellis – Gaspare Capone (Discorso sopra la storia delle leggi patrie), Giuseppe De Thomasis (Introduzione allo studio del dritto pubblico e privato del Regno di Napoli), Pasquale Liberatore (Introduzione allo studio della legislazione del Regno delle Due Sicilie), Giovanni Manna (Della giurisprudenza e del foro napoletano: dalla sua origine fino alla pubblicazione delle nuove leggi), Pietro Calà Ulloa (Dell’amministrazione della giustizia criminale nel regno di Napoli: esame e paragone con diversi altri stati d’Europa). Ciascuno di essi ha una prospettiva propria da presentare ed è motivato da intenti differenti nel proporre all’attenzione del pubblico la storia del diritto, della legislazione o della giurisprudenza del Regno, spesso confrontandole con quelle delle altre nazioni europee; tuttavia la molla che li spinge ad interessarsi delle vicende del diritto napoletano è per tutti il bisogno di riflettere sulle conseguenze del cambio di paradigma dell’ordinamento a partire dall’intervento francese, poiché gli effetti sono di lunga durata ed influenzano il dibattito politico alla viglia di eventi importanti come i moti rivoluzionari del 1847-1848.
Quasi tutte le opere citate privilegiano specifici settori del diritto o limitano l’esame a ben definiti ambiti dottrinari e giurisprudenziali e non sempre presentano la stessa capacità di sintesi che caratterizza la Storia di Arcieri. Nell’esporre le vicende giuridico-ordinamentali del Regno, al giurista lucano interessa evidenziare e rendere comprensibile a tutti il percorso storico compiuto dal diritto patrio, coglierne la traiettoria, individuare la direzione nella quale l’ordinamento si muove. Non c’è però alcuna pretesa – dichiarata invece espressamente fin dal titolo nell’opera di Cesare Marini Sul dritto pubblico e privato del Regno delle Due Sicilie. Qual è stato fino al 1809, qual è al presente [1848], quale potrà essere nel tempo avvenire – di formulare ipotesi de jure condendo. Benché siano opere molto diverse tra loro, il confronto risulta molto interessante e consente di definire meglio l’intentio auctoris della Storia.
Storia del diritto nel Regno è quella di Arcieri; storia del diritto del Regno è invece lo scritto del Marini, per il quale resta fondamentale la distinzione tra diritto “napoletano”, basato su usi e consuetudini secolari e diritto “nuovo”, mutuato da esperienze che non appaiono in linea di continuità storica e politica con le istituzioni regnicole. Sia pure incline ad un certo riformismo, Marini resta sostanzialmente un conservatore e manifesta una spiccata tendenza alla valorizzazione del diritto del Regno. Il suo Dritto pubblico e privato è un’opera complessa, di analisi più che di sintesi, che vede la luce negli stessi anni in cui Arcieri consegna alle stampe la sua Storia e che merita senz’altro d’essere approfondita……continua
Carmela Maria Spadaro
2022 – D’Amico Editore di Vincenzo D’Amico
Via Pizzone, 50 – 84015 Nocera Superiore
libri@damicoeditore.it-www.damicoeditore.it +39 349 8108119
Finito di stampare
nel mese di aprile 2022
presso Infolio srls
via Alfonso Albanese 26
84010 Sant’Egidio del Monte Albino (Salerno)
Immersi come siamo in questi giorni dalle vicende del Regno unico sopravvissuto in Inghilterra di tutta l’Europa e non solo diviene interessante la citazione del diritto nel Regno di Napoli… soprattutto per gli esperti in materia… Forse la fortuna dell’Inghilterre e’ di essere un’Isola, e percio’ ha potuto vivere una storia a se’, unica e distaccata dai coinvolgimenti per non dire stravolgimenti dei popoli/stati del continente… caterina