Alta Terra di Lavoro

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STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 (VIII)

Posted by on Mag 31, 2024

STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 (VIII)

Dovremmo smettere di definire certi storici “borbonici” e chiamarli semplicemente “preunitari” o “napolitani” nel nostro caso. Non si  capisce per quale motivo il Colletta che non scrive certo un trattato di obiettività scientifica sia considerato uno storico e i napolitani che scrissero al tempo di Ferdinando II siano considerati dei lacchè di regime.

Gli esuli pagati profumatamente in quel di Torino dal conte di Cavour per scrivere le loro ricostruzioni storiche antiborboniche che cos’erano? I depositari  della verità rivelata?

Buona lettura e soffermatevi sul profluvio veramente impressionante di innovazioni normative operate dal Re Ferdinando II.

AMMINISTRAZIONE CIVILE, E PUBBLICA BENEFICENZA.

Sommario

Disposizioni varie intorno al ramo amministrativo. Rilevanti migliorie dei Comuni. Modifiche e mutazioni del Ministero. Consulta di Stato. Corpi Municipali. Cure perenni e singolari prese del Re per l’importevol ramo degl’Impiegati. Memorabile Rescritto. Ferdinando II volge fervorose cure alla pubblica beneficenza. Instituisce la Real Commessione di beneficenza. Stabilimenti ed Instituti varii dì beneficenza. Orfanotrofii, e Proietti. Ammalati poveri ed Ospedali. Altri rivi della pubblica beneficenza.

L’amministrazione civile formò precipuo obbietto delle reali cure, come quella da cui immediatamente deriva la felicitò dei popoli. Oltre alle coso sparsamente dette negli altri capitoli altre disposizioni intorno a tal punto si osservano. Decretate le indennità dovute ai funzionai! amministrativi in giro; stabiliti i doveri dei Sindaci nei casi di morte de’ funzionari, e degli uffiziali pubblici che tengono repertori; dinotata la giurisdizione dei consigli d’intendenza sulle congregazioni laicali; vietato agl’impiegati comunali di far sequestri od assegnazioni volontarie sui loro soldi o averi; ristabilite le sottointendenze in Sicilia; dichiarati i doveri degl’intendenti, dei sottintendenti e dei sindaci intorno alla istruzione primaria all’alata interamente ai Vescovi nelle rispettive diocesi; dati alcuni incarichi agl’intendenti sugli stabilimenti di mendicità delle rispettive provincie; stabiliti i casi nei quali i Consiglieri d’ intendenza possono essere ricasati nei giudizi di loro competenza per motivo di parentela dei medesimi con gli avvocati o patrocinatori delle parti;fissati i soldi e le indennità da corrispondersi agl’intendenti secondo le rispettive classi; emanate delle disposizioni intorno alle copie degli atti privati depositati una rotta nell’amministrazione

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del registro, le quali si volessero estrarre sia dai grande archivio sia dagli archivi provinciali.

Inoltre ordinava, che l’esame e l’approvazione o condanna dei conti morali degli amministratori dei comuni, sieno atti dipendenti dalle facoltà economiche degl’Intendenti; che i Consigli d’Intendenza, preseduti dagl’Intendenti, sono competenti a definire amministrativamente lo quistioni fra le recinte e i loro cambi; che affin di agevolare la discussione dei conti materiali dei luoghi pii laicali si aggiungessero ai Consigli d’Intendenza due Consiglieri provinciali ed un ecclesiastico a scelta dell’Intendente; che gl’Intendenti fossero tenuti ad alcuni obblighi per lo passaggio delle carte dell’amministrazione civile negli Archivi provinciali in ogni cinque anni.

Moltissime altre disposizionidava il Re per le quali grandemente miglioravano le condizioni dei Comuni, i quali in verità debbono formare obbietto precipuo di ogni ben ordinato Governo, sia perché presentano circostante proprie del suolo rinchiuso nel loro perimetro, e degli abitanti clic vi stanziano; sia perché offrono non fiochi ordini di funzioni nei quali l’azione governativa centrale si dirama e risolve, e dai quali ritorna per costituire quell’armonica concatenazione e quella corrispondenza, fuori la quale non avvi che 1 abisso del disordine e delle rivoluzioni.

Quali e quanti vantaggi avesse arrecato a questi elementi dello stato la ben ordinata amministrazione civile non è chi no ‘I vegga in moltissimi falli. Le rendite dei Comuni toccarono un incremento significante, perché si posa maggior cura all’amministrazione; basta dire che la rendita patrimoniale de’ Comuni continentali nel 1820 era di 1,795,660, che nel 1831 sommava a 1,862,255, venne grado grado aumentando e nel 1843 montò a 2,301,204 ducati all’anno. Ed è degno di nota, che questi incrementi avvenivano nell’atto istesso in cui si menomava

i quali siccome si è altrove accennato, dopo la legge dei 17 Agosto 1847 con cui il Sovrano aboliva totalmente il macino, sarebbero ascesi non più che a 1,400,000 ducati ossia 23 grana ad individuo, calcolando la popolazione a 6,100,000 individui. Per tale bene intesa amministrazione ogni Comune ha potuto non solo portare il pondo delle spese ordinarie della sua amministrazione stabilite dalle leggi, ma eziandio innalzare opere o stabilimenti pubblici: per la qual cosa scorrendo i Comuni si possono osservare dove le strade agevolatrici delle interne comunicazioni, o dello esterno commercio; dove le fontane costrutte o ristaurate; in questo la casa municipale, in quello stabilimenti di pubblica utilità, o Chiese, o Teatri, o amene villette, o passeggiate; ed in altri persino i porti ed altre opere di maggior levata le quasi in tutti i Campisanti. i Vari mutamenti apportava benanche il Re ai Ministeri, e molta diligenza nella scelta dei Ministri! quali come agenti di esecuzione della volontà sovrana debbono avere tutte le virtù che a quell’altissimo ufficio sono indispensabili. Aboliva il ripartimento per gli affari del personale dell’Ordine Giudiziario presso il ministero di Stato di grazia e giustizia, emettendo un regolamento sull’oggetto; decretava il piano organico del Ministero degli affari esteri; la instituzione della segreteria particolare presso la sua Real Persona. Al Ministero della polizia generale riuniva l’ispezione ed il comando della gendarmeria reale come quarto ripartimento; aboliva il ministero di Casa Reale e degli Ordini cavallereschi, riportandone le attribuzioni e gl’impiegati fra i Ministeri di Stato della presidenza, di grazia e giustizia e degli affari interni. Decretava, che il presidente del Consiglio dei Ministri avesse l’incarico di presedere il Consiglio di Stato nell’assenza del Re; ristabiliva ed organizzava il ministero di Stato per gli affari di Sicilia residente in Napoli, e dopo qualche anno Io aboliva:

al Ministero di Stato pel ramo di Marina riuniva le attribuzioni dell’abolito Comando Generale della Real Marina.

Ordinava un nuovo sistema pel conferimento delle cariche di Consiglieri Ministri di Stato, e di Direttori delle Segreterie di Stato; un piano organico per le dipendenze subalterne del ministero di guerra e marina; un regolamento organico pel ministero e segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale in Sicilia; una novella pianta organica della Real Segreteria e Ministero di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri; la soppressione delle cariche di direttori della R. S. e M. di S. presso il Luogotenente Gen. in Sicilia e il ristabilimento di quelle di Consultore e di Segretario di Governo, apportandovi varie modifiche; infine una novella organizzazione del Ministero di Grazia e Giustizia e della Polizia Generale.

Per ultimo nel novembre del 1847 nello intendimento laudevole di dare maggiore attività e nerbo all’aziono governativa, sull’esempio della Francia mutava in parte il Ministero dell’Interno, poiché toltine alcuni rami ed annestatili ad altri sbrancati da altri Ministeri, costituiva i due nuovi Ministeri dei Lavori Pubblici, e dell’Agricoltura e Commercio, al quale fu interinamente unito il ramo della Pubblica Istruzione, e riserbando di aggregare all’Interno il ramo di Polizia.

L’arca Ministeriale cosiffattamente custodita, e modificata, e retta da preclari Personaggi, e che per tanto tempo avea spinto nel progresso il Regno, andava a sfasciarsi tra le sirti della rivoluzione nella notte del 27 al 28 Gennaio del 1848!

La Consulta di Stato, utile e veneranda Corporazione, ebbe anch’essa le reali cure. Decretava il Sovrano, che le decisioni amministrative irrevocabili profferite dalla Consulta Generale del Regno, possano impugnarsi con ricorso per ritrattazione presso la Consulta medesima; che

notandone in opportuno regolamento l’esame ed il servizio interno, e sopprimendo gli Alunni esistenti vi; e che la Consulta avesse incarico di discutere, e dar parere sulle domande di permutare, alienare o ipotecare beni soggetti a maioraseo.

Riguardo ai corpi municipali venivan finora diverse disposizioni. Abolita la portolania, di fabbriche, legname e fortificazione pei fondi urbani della Capitale, ed eziandio delle licenze, e dei provventi giurisdizionali con le corrispondenti tariffe, non che la indennità di rappresentanza del Sindaco e degli Eletti della Città di Napoli. Decretato, che I Amministrazione delle Città di Palermo, Messina e Catania fosse affidata ad un Corpo di Città col titolo di Senato.

Pertanto il personale degl’Impiegati formò precipuo obbietto delle cure dell’ottimo Re, e non a torto, imperciocché sì come si è più Innanzi notato, da essi immediatamente deriva il retto incesso della macchina governativa, e quindi lo scontento o il contento delle popolazioni, l’amore o tedio al Governo, la tranquillità o le sollevazioni. Dapprima in ogni impiegato per varie disposizioni legislative si richiede morale, buona condotta politica, ed idoneità. I diversi alunnati, i posti di straordinari, di aggiunti, di soprannumeri ed altrettali conducono alla istruzione degl’Impiegati nelle rispettive carriere; ed allo stesso intendimento mirano gli esami, e i concorsi; ed allo scopo di migliorare tal classe sono anche opportune le promozioni, gli onori, le gratificazioni, ed altre considerazioni per quegl’impiegati che adempiono ai propri doveri, o si distinguono nell’esercizio delle loro cariche.

Non vi è anno del regno di Ferdinando in cui disposizioni opportune non si siano emesse a tal riguardo. Nel primo entrare al possesso della corona decretava, che

riabilitava gl’impiegati civili e militari destituiti per le vicende del 1820; stabiliva un termine nel quale gl’impiegati civili di nuova nomina, e i promossi o traslocati dovessero recarsi nelle rispettive residenze; imponeva severa proibizione agl’impiegati regi di accettare sotto qualsivoglia pretesto retribuzioni dalle parti per disbrigo o maneggio di affari, indicando lo pene pei contravventori; stabiliva che gl’impiegati di Casa Reale non possono aspirare a cariche dello Stato, né per contrario quelli dello Stato alle cariche della Real Casa; emanava un decreto intorno allo norme uniformi ed invariabili per i concedi degl’impiegati in generale tanto per la durata che pel pagamento dei soldi, mettendo però alcune eccezioni pei diplomatici; accordava a taluni impiegati civili la esenzione dall’obbligo di far parte degli squadroni provinciali dello guardie di onore; decretava una novella organizzazione de’ Funzionari di polizia pei domini continentali; stabiliva la promiscuità degl’impieghi nelle due parti del Regno, la classificazione e gli assegnamenti degl’intendenti, segretari generali, e sottointendenti in Sicilia; vietava di far domande per pensioni di ritiro se prima non si fosse varcato il sessantesimo anno per gl’impiegati militari, ed il sessantesimoquinto pei civili, salvo però talune eccezioni.

Ma tralasciando molte altre cose che riguardano la Sovrana vigilanza sui pubblici funzionari; monta qui riferire la volontà del Re manifestata a tutti gl’impiegati per mezzo del Presidente del Consiglio de’ Ministri nel Rescritto dei 22 Maggio 1844.

Re vuole, che il Ministro di Grazia e Giustizia faccia conoscere ai Procuratori Generali, che la fermezza, lo zelo, ed un deciso contegno sono il loro principal dovere, e che lo tradiscono ogni qual volta, o per timore o per riguardi non prevengano i disordini, o non accorrano fortemente a reprimerli».

«Ch’è loro obbligo di severamente vigilare che i Giudici Regi, Magistratura più vicina al popolo, si penetrino di questi principi; che è dovere de’ Giudici Regi nell’amministrare la Giustizia far amare il Governo, e che l’arbitrio, le vessazioni, il disprezzo dogl’infelici non sono i mezzi che possono raggiungere questo santo scopo»

«Che il Ministro imponga alla Magistratura tutto il contegno, la laboriosità, penetrandoli dell’ovvia verità, che anche la sola lenta negligente amministrazione della giustizia basta ad eccitare il pubblico mal contento».

Re vuole, che il Ministro delle Finanze inculchi severamente a tutti i suoi funzionari, che nella riscossione delle pubbliche imposte sieno allontanate le ingiuste vessazioni, e che le punisca immediatamente a tenore delle sue attribuzioni».

«Sua Maestà vuole, che il Ministro degli Affari Interni ricordi ai suoi subordinati le gravi parole che sono in fronte alla Legge Organica dell’Amministrazione Civile, di essere cioè la prima base di tutte le Amministrazioni dello stato, e della prosperità nazionale».

ricordare agl’Intendenti» ai Sotto Intendenti, ai Sindaci i loro doveri sarebbe lo stesso che di scrivere la Legge, ed i Regolamenti. Ma il Re non può ad alcuno di essi esternare la sua Sovrana soddisfazione, particolarmente nelle circostanze nelle quali l’inclemenza delle stagioni esigeva sopraffina diligenza e attività somma. Il Re è malcontento in generale della poca, e negligente cura che gl’Intendenti, ed i sotto Intendenti pongono nella scelta dei Sindaci, Eletti, Decurioni. E volontà ferma del Re, che i funzionari pubblici siano convinti che i soldi, le onorificenze, le distinzioni non sono per essi un beneficio gratuito, e molto meno una sine-cura. Servitori

«Ha dichiarato il Re, che prenderà stretto e periodico conto del contegno di tutti i pubblici funzionari nell’indicata gelosa linea di loro adempimento, in ispecio per attaccamento al Re, ed alla pubblica tranquillità onde dispensar cosi la M. S. dall’obbligo di adottare penose ed esemplari misure».

Le quali cure dell’Ottimo Principe giammai non si sostavano o intiepidivano; imperciocché sventuratamente Dell’inesplicabile ed intricato campo della umanità più facilmente allignano il vizio il delitto il male, che il bene e la virtù. Quale altro desio sarebbe restato nell’animo del popoli delle Due Sicilie, ove gl’Impiegati tutti fossero stati secondo le intenzioni ed il cuore del benigno Sovrano? Nondimeno in tutt’i modi curava Egli di riparare alla esizial peste della umana malizia, e gran frutto, se non completo, se ne ottenne.

Speciale e precipua cura dell’Umanissimo Re formò la pubblica beneficenza. La povertà, e la mendicità costituiscono, a vero dire, una piaga sociale che molto disonora il progresso delle attuali società; imperciocché riesce sommamente grave il vedere accanto allo sfoggio ed al baratto della opulenza e del fasto il tapinamelo, e il razzolare della indigenza. Gli amici della umanità voltarono le loro ricerche e i loro studi sulle cagioni e il rimedio di tanto malanno, né mancarono gli animi generosi di correre all’aiuto, ma ossiaché i mezzi non sono proporzionati al male, ossia per altre cagioni la mendicità non è sbarbicata; sì che ad ogni Governo corre il debito di ovviare direttamente o indirettamente a cosiffatta sventura.

Se non che appo noi scarso è il numero dogl’indigenti fatta proporzione con quello degli altri Regni, e non avvien mai, come altrove è avvenuto, che il mendico si muoja per vero difetto; imperciocché la provvidenza del

E dapprima non è da pretermettersi, che il benefico Ile giovava la indigenza con molte cose delle quali si è fatto cenno nei precedenti capi; come a dire lo scemamento dei pubblici balzelli, le prudenti economie, l’agricoltura promossa, la pastorizia favorita, il commercio spinto innanzi, gli stabilimenti manifatturieri moltiplicati, le opere pubbliche caldeggiate, ed il favore concesso a tutto ciò che riguarda il benessere sociale. Per le quali savie disposizioni è intervenuto ed interviene, che migliorata la condizione dei più, miglioravasi anch’essa la condizione degl’indigenti. Eravi pietosa usanza di distribuire delle somme ai poveri, ma sovente la malizia s’insinuava nel campo ella carità, e sotto il manto del finto bisogno appiattavasi l’ozio, la vagabonderia, lo scaltrimento; sì che ad evitare che ai veri indigenti non arrivasse il conforto, ordinava la istituzione della Reali Commissione di beneficenza, ed un saggio regolamento poscia approvava nel quale sono stabilite la diversa natura dei sussidi, e le condizioni indispensabili per avervi dritto; permetteva la fondazione del Conservatorio di donzelle in Donati, una con Io annesso statuto; sanzionava le regole pel Conservatorio di S. Anna in Lecce; autorizzava l’Abate di Giovanni ad istituire un opera di beneficenza a favore degli Agricoltori e dei Pastori poveri della Sicilia; dava la reale approvazione allo statuto per lo stabilimento dell’Annunciata di Aversa; alla istituzione di un Albergo dei Poveri nel Comune di Modica in Sicilia.

Ordinava che il Collegio di arti e mestieri in Palermo, e i due collegi di lassa genie in Messina e Catania fossero trasmutati in tre reali ospizi di beneficenza nei quali si raccogliessero ed ammaestrassero i proietti, gli orfani

Dava dello disposizioni intorno all’Amministrazione dell’Albergo de’ Poveri di Monreale in Sicilia; permetteva, che la Mensa arcivescovile di Palermo accettasse un legato per la fondazione di una casa di custodia, e di educazione di donzelle; decretava lo stabilimento di un Conservatorio nel comune di Taverna per la educazione della donzelle povere, ed approvavano il regolamento; permetteva di stabilirai nel regno l’utilissimo e pio istituto delle figlia della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli. Ordinò pel bene dell’amministrazione della beneficenza, che il Bealo Albergo dei Poveri di Napoli amministrasse solamente ciò che risguarda gli Stabilimenti della Capitale, lasciando alle cure di ciascuna provincia i rispedivi depositi di mendicità a tenore delle regole degli stabilimenti di beneficenza.

Inoltre fu disposta una maggiore economia sulle spose degli stabilimenti di beneficenza ed una migliore amministrazione, di cui fruito è l’aumento significante del patrimonio dei poveri; ed infatti la rendita di tali stabilimenti nel 1831 era di annui duc. 1,267,497, nel 1847 montava a 1,425,524, il che porta l’incremento di 158,026 di rendita annui o quello di un capitale di oltre a tre milioni e mezzo; ed è inoltre da notare, che delle reste annuali di tali rendite sono state acquistate rendite iscritto sul Gran Libro del Debito Pubblico; emesso un regolamento di disciplina interna per lo ritiro della Visitazione in Torre del Greco; date delle disposizioni per lo rinnovamento degli stati discussi dei luoghi pii laicali; concedute facoltà amministrative e disciplinari ai consigli de

Marina;

in ogni Comune Ospitali ricoveri ai bambini,cui una tarda e feroce vergogna negava per lo innanzi ogni conforto; e tacendo di altre cose, i saggi provvedimenti intorno alla emancipazione degli esposti e dei minori ammessi negli stabilimenti di pubblica beneficenza.

Ma il benefico Ferdinando li non trasandava di volgere amorevoli premure agl’infermi poveri, i quali essendo aggravati dalle miserie della indigenza e da quelle dei morbi, speciale e più calda sollecitudine richiedevano. Per coloro ai quali è duro lo staccarsi dal domestico focolajo provvedeva il Re con un regolamento per la opportuna assistenza nelle proprie case: fondava in Foggia un Ospedale civico, un’ altro in Lucera per le donne po vere; decretava la istituzione e il regolamento per la società di donne benefattrici col titolo di divota della carità in Molfetta, onde contribuire alla fornitura di biancherie alle povere inferme di quell’Ospedale; stabiliva la dotazione per gli Ospedali di Teramo, Penne, Palme, Gerace, Lanciano, Vasto; ampliava quella di Maddaloni; ordinava la riapertura dell’antico Spedale di Melfi, facea ingrandire gli Ospedali di Catanzaro, Cotrone, Mileto, o di molti altri della Calabria Citeriore; decretava la fondazione di ospedali in Campobasso, Isernia, Larino, Matera, Andria; stabiliva con un decreto il modo come debbono essere formati gli Ospedali e le infermerie nelle prigioni del regno.

Oltre alle cose sin qui esposte molte altre operavansene a conforto della mendicità. Tali sono i monti di pegni, o di pietà, o dei maritaggi dei quali molti nuovamente furono instituiti, molti altri ristabiliti, altri provveduti di dote, altri ampliati, tutti immegliati nell’amministrazione, e pietosamente invigilati: le disposizioni pie, che generosamente moltissimi Particolari facevano a ristoro degli stabilimenti della pubblica beneficenza. Gli ospedali, gli orfanotrofii, i conservatorii, i proietti, i monti

continua……

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/01_Storia_di_Ferdinando_II_Regno_due_Sicilie_1830_1850_libro_I_II_II_Giovanni_Pagano_2011.html#AMMINISTRAZIONE

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