Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

VITTORIO EMANUELE, “RE GALANTUOMO” E “PATRIA DELLA PATRIA. Questo ci hanno insegnato. E’ davvero penoso

Posted by on Gen 5, 2020

VITTORIO EMANUELE, “RE GALANTUOMO” E “PATRIA DELLA PATRIA. Questo ci hanno insegnato. E’ davvero penoso

Allo scopo di legare alla figura di Garibaldi alcuni dei suoi più fidi gregari, furono iniziati alla Massoneria alcuni suoi sottoposti, tra questi Menotti, Nullo, Missoni, Guerzoni, Guastalla, Nino Bixio…
Nigra,stretto collaboratore di Cavour,raggiunse il 33° grado.
Vittorio Emanuele si fermò al 30° grado (meno del mediocre Garibaldi) e in punta di morte raccomandò al figlio, Umberto I,di non contrariare la Massoneria, tenersela buona.

La “mediocrità” si manifestò sin dalla giovanissima età a causa della sua poca propensione allo studio. Il giovane principe era la disperazione dei suoi istitutori.
Nell’agosto del 1861 il generale Cialdini, nominato Luogotenente del Re Vittorio Emanuele II, fu inviato a Napoli, con i più ampi poteri per eliminare il nascente “brigantaggio”. La Stampa governativa preconizzava una rapida vittoria del generale, e così scriveva:”…nel corso di pochi giorni (i militari) dovranno dare lezioni esemplari ai briganti”.
Nella tornata del 31 luglio 1863 il deputato Lazzari rilevava:
“Avendo arrestato una donna, la quale portava un pezzo di pane a un suo figlio che era o si credeva fra i Briganti. Launo si tolse legarono, la fecero inginocchiare e la fucilarono” (atti del parlamento, pag.818.
Il deputato Miceli aggiungeva: “Furono fucilati dei miserabili, degni di compassione e disprezzo, uno di costoro aveva rubato un pecora. Taluni dei fucilati erano in tale miseria che, mentre andavano al supplizio, uno si tolse le scarpe e disse a un amico – portale al mio povero padre –
Un altro si spogliò del giaco, perchè lo desse a un suo figlio. Il Miceli così continuava: “Ho la nota dei briganti uccisi spietatamente e senza ombra di giudizio per colpe leggere, ho note della case abbattute, delle case saccheggiate, il giorno dell’esecuzione, i paesi e persino i nomi dei muratori che distrussero quelle case.”
L’OSSERVATORE ROMANO 1863:
“Il governo piemontese si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivano le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori della campagne, le donne e fino i fanciulli”.
La dichiarazione di Nino Bixio alla pubblica Riunione alla Camera di Torino, nella tornata del 9 dicembre 1893, coincise con quanto Garibaldi affermò in occasione del grandioso ricevimento in suo onore tenutosi a Londra nel 1864, alla presenza di 30.000 invitati, Ministri, Lord e membri del Parlamento (il governo inglese capeggiato da Lord Palmerston, aveva finanziato l’impresa dei Mille con 3 milioni di lire turche, cambiate in franchi francesi).
Le affermazioni dell’Eroe dei due Mondi furono esplicite e chiarificatrici: “Napoli sarebbe ancora dei Borbone senza l’aiuto del Primo Ministro del Regno Unito Lord Henry John Palmerston.

Senza la flotta inglese io non avrei potuto passare giammai lo stretto di Messina”.
Lodovico Bianchino, 1803 – 1871, storico ed economista da “Nove anni del Regno d’Italia”:
“Parte della popolazione venne arsa, altra scannata, altra sepolta nelle rovine e nelle fiamme e il rimanente che potette salvarsi dall’eccidio, non pochi mutilati, storpi e feriti andava vagando qua e la e sempre in pericolo di nuovi disastri a cielo scoverto, senza pane, senza vesti, senza denaro, senza aiuto o conforto e senza poterne sperare perocchè ognun de’ luoghi circostanti non li aiutava o confortava pel timore di essere fucilato e bruciati i loro paesi”
Francesco Durelli – Edizioni Ripostes –

“Colpo d’occhio sulle condizioni del reame delle Due Sicilie nel corso dell’anno 1872”
“…Più tragico è l’avvenimento de’ 3 aprile nell’anzidetto comune di Policastro: Vincenzo Minelli, figlio del fu Rosario, di anni 40, agricoltore di colà, ammogliato padre di 12 figli in tenera età, di eccellente reputazione morale, è denunziato con altri tre suoi vicini, di aver regalato del salame a’ briganti.
Su la denunzia verbale e nel breve spazio di ore due, Minelli è arrestato e fucilato con altri tre complici…il luogo della esecuzione fu il colle S.Francesco, in Policastro. Inutili riuscirono le intercessioni della popolazione commossa per ottenere almeno una sospensione di 24 ore, onde dimostrare la innocenza delle vittime; inutili le lagrime de’parenti, delle mogli e de’ figli delle medesime. Codesta atrocità inspira tale orrore che la gente onesta si risolve lasciare il paese ed emigrare altrove. Il massacro veniva eseguito d’ordine d’un signor Bigotti, capitano del 17° reggimento di linea, che volla assistere al doloroso spettacolo; e siccome le scariche di moschetterie non arrivavano ad uccidere all’intutto i tre sventurati, ne compiva egli l’ufficio, e lo si vide avanzarsi verso Minelli con la sciabola alla mano, e fendergli il cranio d’un sol colpo”.
Mentre nell’anno di grazia 1860 il piccolo regno sardo impiegava i pochi soldi, rimasti nelle esangui casse dello Stato, per soddisfare un desiderio di grandezza e opprimere i territori del Sud Italia, nella piccola, regale Torino di Cavour
e del re Galantuomo, così si viveva…estratto da “Città Agorà” Periodico del consiglio comunale di Torino in occasione del 150° dell’Unità d’Italia:
“Dai Registri Comunali, un ritratto della Torino di Cavour, quando nella capitale sabauda si moriva di fame e di cibi guasti…”

“Bimbi abbandonati dalle madri presso chiese o conventi sono circa il 15% dei neonati, termometro di un forte disagio sociale nella capitale dei Savoia. Alta anche la mortalità infantile che raggiunge circa il 20% visto che uno su cinque dei 549 decessi censiti vengono registrati come avvenuti alla
Maternità. La morte miete, soprattutto, vittime giovanissime: 246 deceduti prima dei 7 anni, altri 80 tra i 7 e i 25 anni.
Il cavalier Fedele Torchio elenca minuziosamente le cause di morte: 117 torinesi muoionoper cause gastroenteriche. 12 di diarrea, 59 di stomatite, malattie causate dalla scarsa igiene
dell’alimentazione e conservazione del cibo, 53 muoiono di “marasma” ovvero di denutrizione e il Lungo Po era zona notturna pericolosa, infestata da malandrini.
Nel 1860, a Torino, il bambino povero moriva a causa della denutrizione (fame) “ mangia poco e male, vive in una casa malsana”
VITTORIO EMANUELE, “RE GALANTUOMO” E “PATRIA DELLA PATRIA. Questo ci hanno insegnato. E’ davvero penoso.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.